Domenica 1 aprile la Cgil ha fatto volantinaggio davanti ad alcune Chiese per informare sulla propria posizione in merito alla riforma del mercato del lavoro e in particolare dell’art 18. E’ nata una polemica, sulla quale è intervenuto Francesco Scoppola con un articolo sull’Unità del 3 aprile dal titolo “Cgil davanti alle chiese, nessuno scandalo”, che riportiamo per intero qui di seguito
Grande risalto ha avuto sui quotidiani di ieri la scelta della Cgil di recarsi fuori dalle chiese nella giornata di domenica a distribuire volantini contro la riforma dell’articolo 18. Alla luce delle tante reazioni è subito sorta spontanea la domanda, dov’è lo scandalo? La decisione del sindacato di stazionare fuori da un luogo sacro, in una giornata centrale quale la domenica delle palme, non ha rappresentato solamente una normale manifestazione di militanza e partecipazione politica, ma ha avuto il significato intrinseco di provare a spostare l’attenzione su una battaglia per l’affermazione di alcuni primari diritti.
Un errore sarebbe interpretare questo gesto come un tirare per la giacca il magistero della Chiesa da una parte piuttosto che da un’altra anzichè concentrarsi sulla focalizzazione della persona umana intesa come titolare di diritti.
Non è un caso che proprio negli ultimi quindici giorni si siano succeduti interventi di autorevoli uomini di Chiesa, quali Monsignor Bregantini e il Cardinal Bagnasco, i quali si sono soffermati sul valore da attribuire al lavoratore che non può essere trattato alla stregua di “merce da buttare” ed ancora sulla necessità di ricercare soluzioni condivise sull’articolo 18. La stessa rivista “Famiglia Cristiana”, nell’editoriale dell’ultimo numero, ha manifestato alcune critiche che, pur scendendo in alcuni passaggi nel merito delle questioni, hanno anteposto un principio di metodo nella conduzione della delicata trattativa auspicando con forza una revisione delle parti “socialmente più ingiuste” dell’attuale disegno di legge.
Il punto di collegamento di questa domenica non è stato quindi, come alcune letture semplicistiche hanno erroneamente evidenziato, la volontà del sindacato di disturbare i luoghi sacri o ancora di semplificare i messaggi sostenendo l’identicità delle posizioni, ma il tentativo di spostare l’attenzione sulla figura del lavoratore e sulla natura di una crisi che si scarica in maniera forte su chi già vive situazioni di estrema difficoltà.
E’ un richiamo a riscoprire la solidarietà come uno dei fattori portanti delle nostre comunità, significa puntare energie sulla condivisione intesa non solo come approccio metodologico nella trattativa sulla riforma, ma come rispetto di chi vivrà quelle norme nella già difficile quotidianità.
E’ sbagliato quindi aver guardato con fastidio a quanto avvenuto questa domenica, si tratta solamente di aver fatto la propria parte, ognuno a modo suo e ciascuno centrando il “bene comune” come fattore finalizzante della propria azione.