Quella di Serena Noceti su “l’Unità” del 14 aprile 2012 non è una domanda; è un’affermazione. Parte dal recente episodio dei volantini sul problema del lavoro distribuiti dalla Cgil davanti ad alcune parrocchie e ha, come retroterra, il dibattito, anche esso recente (e qui in parte riportato) originato dal libro di Stefano Fassina, Il lavoro prima di tutto, in cui il responsabile dell’economia del Pd dedica un forte interesse alle riflessioni della dottrina sociale della chiesa in tema di lavoro.
Serena Noceti individua soprattutto tre contributi della teologia cristiana (come preferisce dire, invece di dottrina sociale) alla sinistra oggi. Il primo, che nasce dal fondamentale binomio persona-noi, è il riconoscimento del valore della libertà del singolo individuo, ma non disgiunta da un noi che è sempre ben più della somma degli individui. Il secondo contributo è nel vedere la ricerca inesausta della giustizia come dinamica di fondo della vita sociale; una giustizia che parte dai poveri e dagli stranieri. Il terzo apporto è la scelta della non-violenza.
Dunque, dice Noceti, per queste vie “la teologia cristiana può in fondo costituire per la sinistra un richiamo a pensare il Noi sociale intorno a un futuro comune”, verificando “i passi compiuti sulla base di quanto fatto nella lotta contro ogni impoverimento ed esclusione”.
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