Ma si può criticare governo e stato di Israele?

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Un breve, coraggioso, articolo di Moni Ovadia su  “l’Unità” del 14 aprile 2012. Il fatto che, in pratica, non si possa mai criticare lo Stato di Israele non è giustificato. Le ragioni di sicurezza non sono sufficienti. Questa anomalia – dice Ovadia – costituisce un problema: “non per i critici, per il futuro della democrazia israeliana”.

 La querelle che contrappone lo scrittore tedesco Guenter Grass, Premio Nobel per la letteratura e il governo israeliano continua. Dopo che il poemetto dello scandalo “quel che deve essere detto” ha provocato la rappresaglia del ministro degli Interni di Israele nei confronti di Grass interdetto dai confini nel Paese come persona non grata, lo scrittore, amareggiato ma per nulla intimorito, ha risposto al bando per le rime dicendo che un simile trattamento gli era già stato già riservato ma solo da regimi dittatoriali come la Ddr e la Birmania, lasciando intendere che il governo dello Stato di Israele ha comportamenti degni di sistemi totalitari. Ora, a margine di questa vicenda c’è una domanda che mi sembra utile porre. Il governo di Israele e lo Stato che rappresenta possono essere criticati come qualsiasi altro governo e Stato? Devono anch’essi sottostare a tutte le convenzioni internazionali incluse quelle sugli armamenti atomici?Devono rispettare come tutti le risoluzioni dell’Onu? I critici severi delle politiche del governo Nethanyahu-Lieberman possono esprimere le loro opinioni senza essere dichiarati dei criminali antisemiti? Ebbene secondo l’attuale esecutivo israeliano, secondo la maggioranza della coalizione che lo sostiene, secondo molti esponenti delle comunità ebraiche della diaspora e secondo gli ultras filosionisti “laici” la risposta è no e poi no! Mai! In nessun caso! Questa anomalia, giustificata con ragioni del credo sicuritario che non accetta il confronto con le opinioni, soprattutto quelle dure e sgradevoli, è un problema. Non per i critici, per il futuro della democrazia israeliana

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