La nostra scrittrice Dacia Maraini da tempo viaggia per il mondo. Il 16 aprile ha pubblicato sul “Corriere della Sera” una lunga e bella nota da un viaggio negli Stati Uniti. Boston e la vicina, famosa, Università di Harvard. Tre passaggi appaiono di particolare interesse nel suo racconto. Il primo: l’incontro con Francesco Erspamer, direttore degli Studi di Italianistica, che si trova in America da quasi vent’anni, prima alla New York University, ora a Harvard. “Qui nella nostra università – dice – lo studio per eccellenza riguarda gli affari. Come fare soldi sembra sia la principale preoccupazione di una parte significativa dei giovani che frequentano il college. In sostanza, rispetto a dieci o vent’anni fa, una percentuale più alta di chi si laurea a Harvard finisce a Wall Street invece che a fare ricerca scientifica, politica, giornalismo, arte. Ciò che attira le menti migliori, la nuova élite, sembra essere: imparare in fretta a trattare gli affari e poi trasferirsi nei centri della finanza internazionale”.
Il secondo: la visita che Dacia Maraini fa al Museo Isabella Stewart Gardner di Boston. “I signori Gardner hanno costruito questo palazzo veneziano ai primi del Novecento – racconta – e lo hanno riempito di quadri, statue ed arazzi preziosi. Una impresa che esprime un amore ossessivo e commovente per l’Italia. Si cammina per sale immense col naso all’insù ammirando i magnifici quadri di Giotto, Simone Martini, Bellini, Tintoretto, Tiziano, Veronese, Botticelli, Raffaello. Ci sono anche dei Velasquez e dei Dürer ma l’ammirazione puntigliosa e appassionata per l’arte italiana colpisce per la sua costanza. Un amore che deve essere costato parecchio ai coniugi Gardner, ma certo il risultato è sorprendente. E oggi il museo è popolarissimo. Vengono da tutta l’America per visitare la straordinaria collezione privata”. Dunque, un secondo tratto dell’universo statunitense: non solo gli affari, la finanza, ma anche l’arte…
Il terzo: le considerazioni che Dacia Maraini fa dopo aver constatato l’appassionata presenza di studenti all’incontro in un’aula magna dell’Università di Harvard tra lei e un’altra italiana, Angela Boscolo Berto, una giovane veneziana che insegna ad Harvard da un anno («Sono stata fortunata – le dice la giovane -: ho fatto la richiesta e sono stata ammessa. Quello che mi piace di questo Paese è la meritocrazia. Sai che se lavori e fai bene, andrai avanti. Se invece ti impigrisci e non combini un granché, perdi tutto… »). “Non sarebbe il caso – osserva Dacia Maraini – di puntare ostinatamente sulle nostre eccellenze anziché metterci in competizione con i jeans a poco prezzo di Pechino? Ricordo ancora la piccola studentessa vietnamita che l’anno scorso all’università di Hanoi mi ha detto: «Voi siete una grande potenza culturale e a noi piace ascoltarvi». Veramente sorprendente! Ma anche istruttivo. Proprio mentre ci accingiamo a tagliare le spese, a chiudere e accorpare tanti Istituti italiani di Cultura in giro per il mondo, perché non fermarci un momento a riflettere che solo investendo su ciò che abbiamo di unico e di migliore possiamo crescere, non certo piangendoci addosso e lasciando cadere a pezzi le nostre ricchezze, come è successo con quella meraviglia di Pompei?
Viene alla mente il “pensiero” di Piero Stefani che abbiamo pubblicato un paio di giorni fa e la lodevole inizitiva de “Il sole 24ore” con il suo manifesto per una costituente della cultura…
Per leggere tutto l’articolo di Dacia Maraini (“Nel tempio americano di Harvard l’Italia è ancora un sogno. Qui la nostra cultura non appare né vecchia né in crisi”) vedi in: http://www.corriere.it/cultura/12_aprile_16/maraini-harvard_aedea446-87b8-11e1-99d7-92f741eee01c.shtml