Non si capisce mai bene, in particolare in questa nostra stagione di ipercomunicazione diffusa, se gridare all’allarme per una crisi devastante che sarebbe (è?) incombente produca gli effetti opposti a quelli che vorrebbe generare. Una specie d’infastidita presa di distanza verso chi provoca ansia e paure.
Ma l’importanza della posta in gioco spinge spesso ad alzare comunque i toni. Come hanno fatto gli amici di Economia democratica, Sbilanciamoci e i Comitati Dossetti per la Costituzione che hanno organizzato un bel convegno sabato 12 aprile per lanciare un Manifesto per l’Europa.
Il punto di partenza è chiaro: sotto i colpi dell’alta finanza, del populismo, delle destre xenofobe e razziste, delle enormi disuguaglianze sociali e delle politiche economiche di austerità, quello che fino a qualche anno fa era un sogno – l’Europa unita, solidale e federalista – sta diventando un incubo. L’obiettivo è ritornare a farlo ridiventare un sogno. Quello di Spinelli e di altri compagni di viaggio che per questo sogno – che non è di grandezza, ma di unità e di gioia, e perché no, di felicità – hanno speso una vita intera.
Alla chiamata all’appello, però, di questi tempi si rischia di ritrovarsi in pochi. “Ma noi insistiamo con caparbietà”, ha detto con forza Raniero La Valle. Perché … “la situazione è seria. In Italia e in Europa non è a rischio il futuro della democrazia, stiamo già oggi uscendo dalla democrazia. Non dovremmo pensare ad altro e invece stiamo troppo sereni”.
Per tornare dall’incubo al sogno lo strumento non può che essere il costituzionalismo, cioè una politica che sia capace di riappropriarsi – con basi solide – del governo dei processi decisionali orientati all’interesse generale di una comunità, di un popolo. Quello europeo che non l’Euro può contribuire a creare (anche se non si tratta di uscirne, ha detto l’ex direttore di Avvenire d’Italia) ma la cultura, i valori della persona, i diritti, la giustizia, le tradizioni. Per questo è stato lanciato l’appello, per invitare partiti e candidati alle elezioni europee prossime a fare di questo Parlamento un’Assemblea costituente che dia a questo popolo una Costituzione forte, istituzioni elettive in cui riconoscersi, una base solida di diritti sociali e civili, un riconoscimento reciproco del valore degli Stati e delle loro popolazioni che non poggi solo sulla base della forza economica. In un dibattito diffuso che finora manca. “Sappiamo che la battaglia per ridurre il peso del denaro è difficilissima”, ha sottolineato La Valle. Anche perché è accompagnata da un pessimismo antropologico che spinge a pensare che non ci sia più nulla da fare, che il percorso economicista e, peggio, mercantilista sia segnato e sia ormai irreversibile. Quindi qualsiasi battaglia è persa.
E invece, secondo il pensatore cattolico, ci sono tre segni positivi di cui tenere conto per invertire la tendenza.
Il primo: un certo costituzionalismo che rivaluta la persona e che si va affermando in un intero continente in grande sviluppo come l’America Latina. Secondo: una certa tendenza ad evitare “lo scialo delle guerre”. Ben due situazioni critiche (Siria e Crimea) sono state fermate sull’orlo del conflitto, perché va emergendo l’idea che la soluzione guerra è sempre più da cancellare dall’orizzonte politico. E infine, la novità di papa Francesco, che ha avuto il coraggio di delegittimare l’intero sistema economico mondiale definendolo come un’economia che uccide e che tratta le masse umane come avanzi e scarti, “andando oltre la critica marxista dello sfruttamento”. Sarebbe sbagliato – ha detto con forza Raniero La Valle – se la cultura laica non considerasse importante questa svolta del pensiero cattolico, “perché se la Chiesa tutta lo facesse proprio non potrebbe che avere ricadute positive sulla storia”.
Ora, ha concluso La Valle, le cose da fare si sanno, ma manca ancora la volontà politica. La volontà di ripartire dalla Costituzione.
Gli ha fatto eco il giurista e costituzionalista Luigi Ferrajoli. La crisi può avere solo due esiti, ha detto pacato ma fermo: o il crollo dell’Europa o la rinascita del comportamento democratico a partire dal costituzionalismo. Terzo non è dato.
Un costituzionalismo – ha osservato – che non può che rinascere da un ottimismo antropologico, che vede la possibilità di fare, di costruire la democrazia, perennemente imperfetta e necessitata di cure e attenzioni. Quindi non data per acquisita una volta per sempre Ma con la fondata speranza su tempi migliori, senza la quale (notava Kant) non esiste che la cura particolaristica per gli interessi personali o del piccolo gruppo di appartenenza.
E, infatti, per Ferrajoli, la mancata costituzionalizzazione dell’Europa (che, a dispetto di quel che si pensa è già una federazione: si veda la potestà normativa diretta che già impone molte norme sugli ordinamenti dei singoli stati), è il vero deficit dell’Unione. Senza un patrimonio di diritti e doveri messi in una Carta a fondamento, le conseguenze nefaste sono pesanti: il conflitto tra Stati sulla base di interessi locali, in cui, ovviamente, vince sempre il più forte; l’enorme spazio lasciato alla finanza, con conseguente indebolimento della politica (e quindi della possibilità di trovare soluzioni ai problemi). Questo combinato disposto genera disaffezione all’idea stessa dell’Europa, con i peggiori istinti populisti e distruttivi che si fanno strada.
E c’è inoltre un nesso tra questione europea e questione nazionale, dice il giurista. L’abdicazione della politica a favore dell’economia e della finanza sta producendo la grave crisi della democrazia anche nel nostro Paese. Quella che è stata la culla dello Stato sociale è in forte crisi di legittimità democratica, con il rischio di una svolta autoritaria gravissima.
Infine, si legge nel documento ad introduzione del Manifesto, “La Carta dovrebbe disegnare altresì le istituzioni della Comunità, interdire indebite sovranità a cominciare da quelle del denaro, della finanza e dei mercati, e stabilire una gerarchia delle norme per la quale tutta la legislazione europea e gli stessi Trattati derivino la propria legittimità dalla conformità alla Costituzione e siano soggetti al controllo di costituzionalità”.
Qui, dunque, il messaggio positivo del convegno e dell’appello: “Questa è la vera, nuova, grande opportunità che si apre. Non è vero che dopo la crisi dell’euro e dopo il governo Renzi non resta che il diluvio. Dopo la transizione oggi in atto in Europa e in Italia, resta da rilanciare la Costituzione, resta da passare alla democrazia”.
E’ una prospettiva alta e impegnativa, che dovrebbe e potrebbe trovare un maggior consenso, sia nella società civile sia presso compagni di strada che giocano la partita politica su fronti tradizionali (vedi Pd e Partito socialista europeo). Ma, per far sì che ciò accada – lo scrivo in punta di penna -, forse andrebbero adottati due principi: primo, riprendere a lavorare perché quella passione per la Costituzione, la sua conoscenza e il suo studio, siano condivisi non solo dagli esperti ma anche dai non addetti ai lavori (il senso dei Circoli Dossetti era proprio questo); secondo, andrebbero rivisti i toni di certe grida che spesso tacciano di nefandezze chi vuole – a volte proprio perché la ama – rivedere e aggiornare la Costituzione che vige nel nostro Paese. Ritenere di poter segnare con un confine netto chi la difende e chi la attacca non favorisce la costruzione diffusa di un pensiero comune. Anzi, crea tensioni e sospetti. Anche in vista di quella Europea.
Vittorio Sammarco
15 Aprile 2014 at 11:38
In realta’ pero’ un passaggio semi-costituente di fatto si ha con l’indicazione popolare del Presidente della Commissione, rispetto al quale e’ pero’ evidente che vi sono solo due candidati a vocazione maggioritaria, Schultz e Juncker, mentre gli altri sono solo a vocazione minoritaria. Mi chiedo quindi che senso politico abbia auspicare piu’ federalismo e piu’ parlamentarizzazione e piu, come fanno alcuni dei promotori dell’iniziativa, sostenere la prospettiva minoritaria della lista Tsipras. Mi sembra piu’ forte questa contraddione anche risoetto a quella rilevata da Vittorio.