L’Italia e la crescita nella riflessione di De Rita e di Galli della Loggia

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(gi.fo.)

La sensazione che per ritrovare energie profonde e convinzioni forti, tanto da far fronte alla crisi che da tempo ci attanaglia, si debba recuperare una fiducia in se stessi, in sé come nazione, come storia nazionale, come esperienze e processi culturali vissuti all’interno del nostro ambito nazionale, nei territori e nelle regioni in cui abbiamo piantato semi e faticato e creato nelle stagioni del nostro passato, affiora da più parti. Insieme a un senso di fastidio, a una certa qual presa di distanza nei confronti delle organizzazioni sovranazionali, e in particolare delle istituzioni europee. Se per molti versi esse ci hanno sin qui stimolato a divenire migliori, più virtuosi, più corretti, meno provinciali, allo stesso tempo, però, ci hanno reso più passivi, più insicuri, più confusi. Meno protagonisti. E oggi, nella lunga e profonda crisi, questo ci appare come un freno, un ostacolo.

Sul “Corriere della Sera” del 28 aprile (“L’antica voglia di far da sè”), Giuseppe De Rita osserva che il problema centrale, oggi, nel ragionare sul futuro dell’economia italiana, è il seguente: “chi fa e chi farà lo sviluppo?”. Da dove può venire la tanto conclamata crescita? A suo dire il governo Monti si è orinetato “a lasciare la dinamica socio-economica al gioco del mercato, delle liberalizzazioni e delle semplificazioni”. Ma De Rita riflette sul fatto che lo sviluppo italiano, nel passato, è stato fatto da soggetti ben determinati: dalle imprese, dalle banche locali, dai lavoratori. E’ questa “vitalità soggettuale interna” che oggi appare spenta. E lo è non solo perché il governo non la motiva e non la spinge, ma anche e soprattutto perché la presente congiuntura appare “stressata da decisioni economiche che slittano verso soggetti internazionali (i mercati finanziari, le grandi banche planetarie, i diversi organismi europei, il fiscal compact, il modello tedesco, etc.) e che lentamente svuotano le sovranità degli Stati nazionali, indirettamente riducendo le capacità di movimento dei soggetti economici e sociali operanti al loro interno”.

La crescita, sostiene De Rita, potrà venire solo se “un giorno o l’altro” reagiremo contro il rigore e la recessione che quei soggetti internazionali ci impongono. Una reazione, appunto, che può venire solo da un recupero della nostra “vitalità soggettuale interna”. Tre mesi fa, il 31 gennaio scorso, sempre sul “Corriere della Sera”, Ernesto Galli della Loggia scriveva un editoriale intitolato “La rimozione dell’Italia”. Lo spunto dell’articolo veniva da un interrogativo sui partiti politici (“i partiti italiani ce la faranno a uscire dalla condizione di irrilevanza – vorrei dire di inutilità – in cui li sta precipitando la presenza del governo Monti?”). Questo era, per lui, “il problema centrale”. Ma la sua risposta conduceva su un sentiero molto simile a quello percorso da De Rita. Scriveva Galli della Loggia, dei partiti: “essi non potranno mai riacquistare un senso e un ruolo se nella loro identità politica non tornerà ad avere posto un elemento da troppo tempo assente: e cioè il discorso sull’Italia”. E’ da “un’analisi approfondita della vicenda del Paese, da una radiografia dei suoi problemi, dei suoi vizi e delle sue virtù”, proseguiva l’editorialista, che si sono formate le culture politiche del nostro Paese, almeno fino agli anni Ottanta. Da questa analisi sono venuti “non solo programmi, ma soprattutto un’idea dell’interesse generale della collettività nazionale e di conseguenza una loro ispirazione autentica, e quindi la voglia e la capacità di darle voce venendo presi sul serio”.

Ma poi, con la fine della cosiddetta Prima Repubblica, “le culture politiche del nostro Novecento si sono disintegrate. Qualunque discorso sull’Italia è scomparso dalla vita pubblica italiana”. È accaduto così – aggiunge Galli della Loggia – “che ci siamo buttati a corpo morto sull’Europa. Per quindici anni e più il solo avvenire che è apparso lecito augurare al nostro Paese è stato quello di «entrare» in Europa, o, per restarci, di «avere i conti in ordine», di adottare le sue direttive, di «fare i compiti» a vario titolo assegnatici. Giustissimo, per carità, ma troppo ci è sembrato che a tutto dovesse (e potesse!) pensare l’«Europa»; che nel frattempo, peraltro, stava diventando sempre più evanescente. Troppo ci è sembrato che per essere europei fosse necessario buttarsi dietro le spalle l’Italia e il fardello della sua storia”. Persuasi, dunque, che ormai essa avesse fatto il suo tempo  “abbiamo guardato con sufficienza alla dimensione statal-nazionale. Non si decideva, tanto, tutto ‘in Europa’?”.

Oggi però ci accorgiamo, con la crisi, che “esiste una cosa chiamata Italia, e che, ci piaccia o meno, tanta parte della nostra vita individuale e collettiva dipende da essa”. “Siamo pieni di discorsi su ciò che è fuori dei nostri confini, su dove va il mondo, ma non abbiamo un’idea di dove vada o voglia andare l’Italia. Di che cosa essa debba volere. Nessuno ci dice, non sappiamo, a che cosa essa possa ancora servire”. E, per Galli della Loggia, sono i partiti che debbono ricominciare a dircelo, che debbono tornare a interrogarsi sull’Italia. Se non vogliono scomparire del tutto.

Mi pare che le due analisi, appena abbozzate, di De Rita e di Galli della Loggia, pur con il rischio di alimentare un disinteresse per l’Europa che già, in realtà, è presente nella società italiana, indichino però – e non è una contraddizione – un problema vero. Il problema di ripartire dalle nostre forze, dalla nostra realtà. Ristudiandola, rianalizzandola, rimboccandoci le mani e ritrovando “l’antica voglia di far da sé” (De Rita). D’altro canto, Galli della Loggia concludeva il suo editoriale con questa citazione: “Antonio Gramsci ha scritto che si può essere realmente cosmopoliti solo a patto di avere una patria”.

Per l’articolo di Galli della Loggia: http://www.corriere.it/editoriali/12_gennaio_31/la-rimozione-dell-italia-eresto-galli-della-loggia_3fc5e248-4bd3-11e1-8f5b-8c8dfe2e8330.shtml

Per l’articolo di De Rita http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna&currentArticle=1E96LT

 

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