“Salviamo il Parlamento”. Nuovo grido d’allarme di Raniero La Valle sulla riforma costituzionale

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E’ stato approvato ieri, 23 maggio, nella Commissioni Affari Costituzionali della Camera, il primo articolo della bozza di riforma costituzionale concordato dalla maggioranza parlamentare. Riguarda la composizione della Camera dei deputati (art. 56 della Costituzione). Si stabilisce la riduzione del numero dei deputati da 630 a 508, e si abbassa l’età per essere eleggibili: da 25 a 21 anni. Sulla complessiva proposta di riforma costituzionale in discussione in Commissione, e la settimana prossima in aula, cui qui rimandiamo (in rosso le aggiunte e/o modifiche agli articoli 56, 57, 58, 70, 72, 73, 74, 92 e 94) – http://www.leggioggi.it/wp-content/uploads/2012/04/bozza-riforma-costituzionale.pdf -, c3dem ha pubblicato prima un articolo molto critico di Raniero La Valle (uscito poi per Rocca) e in seguito ha chiesto l’opinione di Stefano Ceccanti, senatore e uno dei firmatari della bozza di riforma, sulle critiche formulate da La Valle. Nel frattempo era uscito sul Corriere della Sera del 18 maggio un articolo critico di Valerio Onida, già presidente della Corte Costituzionale, http://www.corriere.it/opinioni/12_maggio_18/onida-costituzione-non-merce-scambio_6b6d947a-a0bc-11e1-b2d7-87c74037ee6c.shtml , nel quale si avanzava, in primo luogo, una critica di contesto: “Una modifica (di questa portata) della Carta fondamentale – scriveva Onida – non dovrebbe passare sotto silenzio e nella distrazione generale, come già è avvenuto, purtroppo, un mese fa con la modifica in tema di equilibrio del bilancio varata con la legge costituzionale n. 1 del 2012”, e una di metodo: sarebbe stato meglio non presentare un “pacchetto di riforme” in una sola legge, ma tante singole leggi per ogni aspetto rilevante di riforma; questo per evitare mercanteggiamenti in aula tra i partiti e per consentire, poi, nel caso di referendum sui nuovi articoli della Costituzione, un pronunciamento popolare su punti chiari e distinti. Quanto al merito, Onida si mostra cautamente critico sui quattro punti di riforma previsti: bene la diminuzione del numero dei parlamentari, ma andrebbero aboliti quelli votati all’estero; bene superare il bicameralismo perfetto, ma la proposta di differenziazione delle due camere su determinate materie appare debole e rischia di essere di difficile applicazione; bene il rafforzamento del potere del governo nel processo legislativo, ma andrebbe riequilibrato consentendo alla minoranza di  impugnare direttamente le leggi davanti alla Corte Costituzionale in casi di gravi violazioni; quanto alle regole sulla fiducia e sullo scioglimento, per Onida il tema è molto delicato, presenta dei rischi, e sarebbe meglio demandarlo all’esame del futuro Parlamento, dopo le elezioni del 2013 (in ogni caso Onida ritiene infondata la tesi secondo cui il presidente del Consiglio avrebbe oggi troppo pochi poteri).

Oggi Raniero La Valle lancia un rinnovato grido d’allarme. Lo fa all’indomani di una riunione bolognese dei Comitati Dossetti per la Cosituzione. E lo fa come coordinatore del nuovo movimento “Economia democratica”.

Pubblichiamo di seguito i due testi inviatici da Raniero La Valle

 GRIDO D’ALLARME

Comitati Dossetti per la Costituzione

Con precipitazione e lontano dal controllo dell’opinione pubblicala Commissionereferente del Senato ha licenziato ieri il primo articolo della riforma costituzionale che si vorrebbe già la settimana prossima portare alla deliberazione dell’Aula e approvare entro la ormai vicina fine della legislatura. I Comitati Dossetti perla Costituzioneche già nell’assemblea pubblica del 12 maggio scorso a Bologna hanno severamente criticato la riforma in corso che, mediante una sostanziale sottrazione del governo e del suo presidente al vaglio della fiducia delle Camere, recherebbe una grave alterazione nel rapporto tra Capo dello Stato, presidente del Consiglio, Parlamento e popolo sovrano,  gettano un grido d’allarme sulla procedura in corso.

Offrendo all’opinione pubblica offesa dai recenti guasti del potere un esiguo sconto sul numero dei parlamentari, che passerebbero da630 a508 alla Camera e da315 a254 al Senato, i tre partiti della maggioranza parlamentare intendono cogliere l’occasione per modificare l’intero edificio costituzionale, conferendo una sorta di onnipotenza al presidente del Consiglio, che sarebbe di fatto per cinque anni immune dalla sfiducia  del Parlamento, il quale verrebbe così conculcato nel suo ruolo e nella sua libertà, fino a poter essere sciolto dallo stesso presidente del Consiglio, nel caso votasse contro una sua legge.

Si avrebbe in tal modo una forzatura in senso presidenzialistico del sistema parlamentare italiano, senza però le garanzie e i bilanciamenti propri dei sistemi presidenziali, ciò che in presenza di leggi elettorali maggioritarie potrebbe aprire la strada ad avventure autoritarie e comunque a una gestione incontrollata e dannosa del potere.

Pericolosa è anche, mentre viene confermato il bicameralismo, la confusa distribuzione di competenze tra le due Camere, che rompe l’unità della fonte della legislazione.

Sul piano politico i Comitati Dossetti perla Costituzioneesprimono la viva preoccupazione che i cittadini possano finire per perdere ogni fiducia nella politica e nei partiti, se anche il Partito Democratico e i partiti del Terzo Polo congiurassero a uno stravolgimento della democrazia costituzionale, introducendo riforme che a suo tempo già furono discusse e respinte dalla Costituente. Ciò facendo essi apparirebbero non più votabili da parte degli elettori attaccati ai valori costituzionali, come già è accaduto per il PDL e perla Lega, mettendo così in crisi l’intero sistema politico.

I Comitati Dossetti invitano i giuristi, in particolare i costituzionalisti, i mezzi di informazione e tutti i cittadini a prestare la massima attenzione agli sviluppi della situazione costituzionale e a prendere di conseguenza ogni opportuna iniziativa.

                                                                                    I Comitati Dossetti perla Costituzione

                                                                                    (comitatidossetti.wordpress.com) 

24 maggio 2012

 Di seguito uno stralcio del comunicato sulla riunione dei Comitati Dossetti a Bologna del 12 maggio scorso, che è stato inviato a tutti i membri della I Commissione del Senato:

 COSTITUZIONALISTI  E  COMITATI  DOSSETTI

SULLA  “PICCOLA RIFORMA”  DELLA  COSTITUZIONE

Roma, 16 maggio –

Con l’apporto di illustri giuristi e cittadini i Comitati Dossetti perla Costituzione, riuniti in pubblica assemblea a Bologna il 12 maggio, hanno sottoposto a una severa critica la riforma della Costituzione che si sta discutendo al Senato “nella fretta e nel silenzio del Paese” e che un Parlamento in difetto di consenso, per espresse ragioni strumentali, dovrebbe giungere ad approvare entro la fine della legislatura, con una maggioranza che escluda il successivo referendum.

Secondo il Convegno bolognese la vera urgenza è quella di sanare il deficit democratico provocato dalla prevaricazione dell’economia sulla politica e dall’abbandono dei principi ispiratori dell’Unione Europea, nella quale l’economia e la moneta dovevano essere strumenti di unificazione e non di divisione, e in cui le rinunzie e i limiti alla sovranità dei singoli Stati erano giustificati solo dall’obiettivo di realizzare un ordinamento di giustizia e di pace tra le Nazioni. Che oggi invece in nome dell’Europa si possa dare per scontata la possibile morte della Grecia, è più che un matricidio, è un ripudio della stessa ragion d’essere dell’Unione.

I Comitati Dossetti hanno ritenuto del tutto inopportuno oggi, in un momento di generale trasformazione del sistema politico e di incombenza su tutti i cittadini della crisi economica e sociale, mettere mano a riforme inconsulte riguardanti il bicameralismo, la forma di governo, i poteri del presidente del Consiglio e la riduzione delle funzioni legislative e di controllo del Parlamento.

I costituzionalisti dell’assemblea di Bologna hanno rilevato che le misure in discussione vanno in direzione opposta rispetto ai motivi che giustificherebbero oggi una riforma costituzionale, dopo l’esperienza dei guasti provocati dalla torsione personalistica e monocratica del potere, dai sistematici attacchi al Parlamento, dal discredito della politica e dalla delegittimazione della sfera pubblica e del sistema fiscale dello Stato. Esse tendono a fornire poteri più incisivi e incontrollati al governo, proprio nella misura in cui l’impotenza della politica rispetto ai poteri economici richiede l’imposizione di scelte impopolari.

  La stessa riduzione del numero dei parlamentari, del resto irrisoria nell’ipotesi in esame, andrebbe razionalmente motivata, mentre andrebbe riconsiderata l’esperienza del voto italiano in collegi esteri.

L’assemblea dei Comitati Dossetti perla Costituzioneha affermato che una politica finalizzata a rendere effettivi i diritti sociali e a permettere più felici condizioni di vita dei cittadini, è la più adatta a rilanciare l’economia e a risanare i conti pubblici, conformemente alle esigenze avanzate dalle istituzioni europee e alla necessità di far fronte ai problemi via via posti da una incontrollata finanza internazionale.

 SALVIAMO IL PARLAMENTO

 Economia Democratica

Approfittando dell’esigenza di ridurre i costi della politica, le tre forze della maggioranza che sostiene il governo hanno nella giornata di ieri, 23 maggio, varato al Senato il primo articolo di una riforma costituzionale che determinerebbe l’impotenza del Parlamento di fronte all’esecutivo. Il movimento per un’ “Economia Democratica” ritiene invece che nelle future battaglie per riportare l’economia pubblica e privata alla regola della democrazia e alle finalità sociali della Costituzione, il Parlamento debba giocare un ruolo essenziale.

La riforma di cui ieri è stata posta la prima pietra dalla I Commissione del Senato in sede referente, distruggerebbe di fatto l’istituto della fiducia su cui si regge il rapporto tra il popolo, il Parlamento e il governo, rendendo il presidente del Consiglio inattaccabile dalle Camere che non potrebbero votargli la sfiducia, in presenza di leggi inique, senza esporsi ad essere sciolte dallo stesso presidente sfiduciato. Inoltre non potrebbe esserci voto di sfiducia nei confronti di un governo che fosse giudicato dannoso agli interessi del Paese, se non da parte delle due Camere riunite solennemente in seduta comune, con la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, e senza che nello stesso tempo venga designato un altro presidente del Consiglio e realizzato pertanto un “ribaltone” elevato a dignità costituzionale.

La debolezza del governo di fronte a imposizioni che sul piano economico e di bilancio gli fossero addossate in sede internazionale ed europea, si tradurrebbe così in un’onnipotenza del governo nell’eseguirle anche contro la volontà del Parlamento e del Paese.

In cambio la riforma costituzionale in discussione al Senato, che già la settimana prossima dovrebbe essere portata in Aula per la votazione, offre al popolo una riduzione complessiva del numero dei parlamentari da945 a762, che senza nessun vero risparmio non farebbe che lasciare vuoti alcuni seggi nei due emicicli delle Camere. Il movimento di “Economia Democratica” ritiene che risparmi ben più consistenti potrebbero venire da una riduzione non solo strumentale e simbolica del numero dei parlamentari, o da una seria riduzione delle indennità e dei costi di tutti i membri di Assemblee o Consigli rappresentativi, senza travolgere con l’occasione l’intero equilibrio dei poteri sancito della Costituzione. Togliere dei parlamentari perché gli altri continuino a prosperare non sarebbe un grande sacrificio e un grande esempio da parte della politica.

Il movimento di “Economia Democratica” invita gli iscritti e quanti condividono queste preoccupazioni a seguire l’iter ulteriore della riforma e a investirne i cittadini in ogni modo opportuno.

                                                                               Economia Democratica

                                                                           (www.economiademocratica.it)

Roma, 24 maggio 2012

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