La Costituzione ci aiuta ad affrontare la crisi? 

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di Ezio Chiodini

La domanda appare provocatoria e può anche rappresentare un alibi. Nel senso che la Costituzione afferma soltanto principi generali (su cui si è quasi tutti d’accordo) i quali devono poi essere trasferiti, declinati, nel concreto della realtà economica e sociale e questo è un compito dell’attività politica.

Il punto è proprio questo. Facciamo degli esempi.

Nella Costituzione sta scritto che tutti siamo uguali davanti alla Legge. Non è vero. Infatti, se un processo civile va per le lunghe e diventa dispendioso, di fatto la Giustizia diventa iniqua, come ha ben spiegato Sabino Cassese in un suo editoriale di questi giorni. Non solo: chi propone una causa evidentemente temeraria lo fa per fiaccare l’avversario e per metterlo nelle condizioni di chiudere la vertenza, per lui onerosa e, come tutte le sentenze, dall’esito incerto.

L’imposizione fiscale è ispirata al principio della progressione. Vero. E chi non paga in tutto o in parte le imposte?

La Repubblica italiana è fondata sul lavoro. Bene. Deve considerarsi lavoro anche quello derivante da attività criminali, le uniche che, come di recente pubblicato, stanno aumentando anche notevolmente il proprio fatturato?

Si tratta solo di alcuni esempi fra i molti possibili. Esempi che dimostrano come non basti riferirsi a una Carta condivisa dei diritti, dei doveri e dei principi per avere una società democratica, giusta ed equa.

Riformare, quindi, la nostra Costituzione? Non è questo il punto. A meno che non si voglia modernizzarla per renderla meglio in sintonia con l’attuale società. Per esempio, precisando meglio alcuni principi contenuti nella Costituzione stessa. Quando si parla di lavoro si potrebbe aggiungere l’aggettivo onesto, quando si parla di giustizia si potrebbe introdurre la locuzione dai tempi brevi e certi. Quando si parla di evasori si potrebbe dire che minano i principi di equità sociale. E così via.

Però, a ben vedere, si tratta di declinazioni e precisazioni che attengono alla normale attività politica, che è a valle della Costituzione. E se i politici non sono in grado di svolgere questa attività è perché non hanno interesse a farlo e, di conseguenza, non hanno neppure l’interesse a specificare meglio questi punti della Costituzione.

E’ per questo che porsi la domanda se la nostra Costituzione potrebbe aiutarci ad affrontare la crisi può diventare un alibi per chi ha interesse a non cambiare nulla. Infatti, se i politici non riescono a specificare i principi generali inseriti nella Costituzione e a declinarli secondo un’interpretazione moderna e democratica, varando leggi adeguate, come potrebbero mettere mano alla Costituzione, lavoro per il quale occorrono maggioranze qualificate?

Il fatto è che i nostri padri costituenti non avevano previsto ciò che sarebbe successo nei decenni successivi. E cioè che l’attività politica si sarebbe trasformata da attività sociale in attività economica, dando vita a un vero e proprio ceto professionale che, secondo alcune stime, dà lavoro a circa un milione e 300 mila persone. Come a dire, un lavoratore-politico ogni 50 abitanti. No, lasciamo stare la Costituzione e occupiamoci, invece, di questa anomalia. Tutta italiana.

Ezio Chiodini

3 Comments

  1. La domanda su cui si svolgerà l’ incontro dei “democratici” a Milano suona : “La Costituzione serve a superare la crisi?”; è una domanda insulsa e pericolosa; poiché riflette l’ossessione maniacale che qualcosa valga soltanto se “serve”. La Costituzione è stata pensata da menti somme e, soprattutto, oneste che avevano come scopo la creazione di una società democratica in cui doveri e diritti fossero equilibrati: i secondi sono lo sviluppo degli immortali principi dell’89- rivoluzione francese se per caso la vostra accolita di emeriti ignoranti non lo sapesse- libertà, uguaglianza , fraternità. Diritti inalienabili poiché connaturati alla natura umana. Voi siete dei mediocri e dei tirapiedi che si interrogano allusivamente tenendo bordone alla nullità di Renzi, un parvenu uscito fuori dalle caverne, il paravento del pervertito e del truffatore Berlusconi. La sproporzione tra voi e la nostra Costituzione va a scapito di quest’ultima. Cosa può comprendere un idiota del cielo stellato?
    Cordialità
    Concetta Centonze
    San Donà di Piave

  2. Alla domanda la risposta é SI, anzi é la sola possibilità che abbiamo per uscire dalla crisi. Sto solo ripetendo la tesi difesa da Alain Touraine (Après la crine, Ed du Seuil, 2010) con dovizia di argomentazione. La “crisi” purtroppo non é affatto solamente finanziaria, economica, occupazionale. Il neoliberismo ha veramente seppellito il modello di società che ci siamo costruiti dal 1948 partendo dalla nostra bellissima Costituzione. La stessa affermazione vale un po’ meno per la Germania che ancora mantiene il patto sociale ed il principio della solidarietà (Welfare). Il Wall Street Journal (notoriamente neoliberista) per due volte ha argomentato che quelle Costituzioni uscite dalla seconda Guerra Mondiale, non sono più compatibili con il modello economico (neoliberista). E’ proprio cosi’. Ma io mi tengo la Costituzione e rinnego l’economia liberista. A.Touraine con passione civile difende questa tesi. E dice che l’unica possibilità per evitare la catastrofe é di ricostituire un soggetto sociale che a sua volta difenda i principi fondamentali del diritto e della giustizia sociale (la Costituzione). Ascoltiamolo.

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