Ermanno Gorrieri e le “novantanove battaglie”.

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Attualità e futuro di un grande testimone. A 10 anni dalla scomparsa

 

Di Francesco Lauria

 

L’occasione delle feste di Natale è spesso opportunità di tornare alle proprie origini familiari. Per me è anche la possibilità di tornare a quella dimensione emiliana, così ben descritta da una grande penna, quella di Edmondo Berselli, che, come un velo di nostalgia e di memoria, mi ha accompagnato nelle diverse regioni nelle quali ho vissuto negli ultimi sedici anni.

Ed insieme agli affetti e agli amici capita di ritrovare pagine dei grandi maestri che hanno sostenuto l’impegno sociale, sindacale e politico di queste terre.

Pagine, peraltro, che si sono salvate, a differenza di altre, da quell’inattesa alluvione che ha colpito Parma, la mia città, e con essa anche l’abitazione di famiglia, solo un paio di mesi fa.

Non ho potuto non riprendere, a dieci anni esatti dalla morte terrena, avvenuta a Modena il 29 dicembre 2004, le pagine e gli scritti, alcuni ingialliti, altri no, di e su Ermanno Gorrieri.

In un tempo spesso vessato da un eterno presente che schiaccia insieme passato e futuro, che cosa ci possono dire quegli occhi bellissimi e profondi, quelle mani aperte che, in una delle ultime fotografie, ci mostrano questo padre del sindacato e della Repubblica in un gesto che echeggia, come il titolo del suo ultimo libro, la massima di Don Lorenzo Milani: “non si può far parti uguali fra disuguali”?

E’ il tempo della crisi economica, occupazionale, democratica, relazionale che ci rende attuale e urgente la figura di Ermanno Gorrieri.

Come affermò Pietro Scoppola nel duomo di Modena nel giorno del commiato: “bisognerà studiarne la vita e riproporla alle giovani generazioni” non possiamo non essergli grati di: “aver combattuto per la nostra libertà nella Resistenza, nella famosa Repubblica partigiana di Montefiorino, ma dobbiamo essergli grati per come ha combattuto: senza esitazioni, ma con la sofferenza per l’inevitabile uso della violenza, senza consentire la morte della pietà”.

Coerentemente con la Resistenza l’impegno di Gorrieri, ci ricorda Scoppola, fu dedicato ai meno abbienti, agli emarginati.

Da cooperatore nel mondo contadino, da studioso, da sindacalista, da politico (fu, per un breve periodo, anche Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale)  con la rarissima capacità di lasciare in tempi brevi, quanto giusti, le cariche di potere e di unire sempre responsabilità, impegno, disinteresse. Anche disobbedienza, quando necessario.

A Gorrieri, “cislino fin nel midollo” deve essere grata e tanto anche la Cisl.

Per molti motivi: l’impegno diretto nella costituzione della Libera Cgil prima e della Cisl dopo, in tutto il territorio modenese, da Pievepelago alla bassa, ma anche nella sua veste di studioso, in particolare su tre grandi temi: i problemi retributivi, le politiche familiari, la comprensione e la lotta rispetto alla povertà.

Come ha scritto Pierre Carniti, Gorrieri, oltre che di indiscussa competenza sui problemi sociali, era, grazie anche al suo essere credente: un “uomo dialogante”.  Sensibile all’esortazione di Giovanni XXIII a “parlare con gli uomini, non accusarli”.  Sapeva, continua Carniti, “collocarsi senza incertezza all’incrocio della speranza con la fede. Speranza e fede considerate insieme come culmine e come dovere del cristiano.”

Un cristiano che viveva nella lacità e nell’autonomia la propria fede e il proprio impegno e che ha saputo essere un testimone grande.

Ho scritto sei anni fa su Conquiste della sua “ultima” intervista uscita postuma e rilasciata allo storico Paolo Trionfini, pochi giorni prima della morte.

L’intervista si chiude con un abbozzo di bilancio tracciato da Gorrieri sul senso della traiettoria biografica da lui percorso, sollecitato dalla domanda se ne era valsa la pena: “Non si deve rivolgere ad un vecchio questa domanda. Un vecchio – risponde Gorrieri – non è portato all’ottimismo. Dal punto di vista personale senz’altro. Credo di aver fatto il mio servizio. Dal punto di vista dei risultati, ne è valsa la pena se sono abbastanza saggio per capire che si lavora per cento e si ottiene uno”.

E’ una battuta in cui si può ritrovare integralmente lo spessore di Ermanno Gorrieri, uomo che ha forse dato “uno” in termini di risultati consumati sotto i riflettori della cronaca, ma che ha consegnato alla storia “novantanove battaglie” di una vita che attende nuovi interpreti e una eredità da non dissipare.

E il filo delle generazioni “Ermanno” lo tese grazie anche alla collaborazione con la nipote Giulia Bondi con cui ebbe a curare il testo: “Ritorno a Montefiorino”. Con questa preghiera che viene cantata nella Comunità di Base della Chiesa cattolica brasiliana, Giulia lo volle ricordare, esattamente dieci anni fa:

“Padre nostro rivoluzionario”

Pai nosso revolucionario

 

Padre nostro dei poveri emarginati

Padre nostro dei martiri, dei torturati,

Il tuo nome è santificato

In quelli che muoiono difendendo la vita.

Il tuo nome è glorificato

quando la giustizia è la nostra misura.

Il tuo regno è di libertà, fraternità, pace e comunione.

Maledetta tutta la violenza,

che con la repressione divora la vita.

Vogliamo fare la tua volontà,

Sei il vero Dio liberatore,

Non seguiremo le dottrine corrotte

del potere che opprime.

Ti chiediamo il pane della vita,

il pane della sicurezza, il pane delle moltitudini,

il pane che porta umanità,

che costruisce uomini al posto delle bestie.

Perdonaci quando per paura

restiamo muti di fronte alla morte.

Perdona, e distruggi quei regni

nei quali la corruzione è il potere più forte.

Proteggici dalla crudeltà dei prepotenti

e dagli squadroni della morte.

Padre nostro rivoluzionario,

compagno di strada dei poveri,

Dio degli oppressi.

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