Per un’educazione milaniana oggi

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Piergiorgio Reggio,

Lo schiaffo di don Milani,

Il Margine, Trento,  2014

 

L’autore – Piergiorgio Reggio, pedagogista e formatore – nell’introduzione precisa che non si tratta di un libro su don Milani, ma su di noi che da Barbiana ricevemmo uno schiaffo violento e provocatore. Venne preso a sberle il nostro conformismo educativo e sociale. Venne mesa in discussione l’idea che il successo a scuola dipenda dal merito, dalle doti personali e dall’impegno. “Lettera a una professoressa” ci urlò in faccia che la selezione a scuola serve a mantenere una società ingiusta, dove chi sa comanda e impedisce agli altri di sapere. A dispetto del suo titolo, la lettera era stata scritta ai genitori, perché si organizzassero in un “sindacato di babbi e  mamme” per affermare il diritto al sapere come condizione essenziale di cittadinanza. I principi affermati da don Milani e dai suoi ragazzi hanno ispirato esperienze di educazione di strada con giovani e adulti esclusi dalla scuola e dalla società, di insegnamento della lingua a immigrati, di lotta contro le illegalità e le mafie, di partecipazione sociale e costruzione di diritti effettivi.

Il libro comprende sette brevi capitoli: il mito dell’educazione come giustizia sociale, il luogo e i luoghi di Barbiana, la relazione e le relazioni, la lingua e le lingue, la politica, come insegnare e come imparare, per un’educazione milaniana oggi. La scuola non è di chi insegna o di chi impara ma dei cittadini tutti, coinvolti in vari modi. L’educazione è il modo per sviluppare conoscenza, essa è strategica per il futuro della società, in quanto popolare. La conoscenza prodotta dall’educazione è il tessuto che unisce le persone in un società che cerca di ridurre l’esclusione e di perseguire condizioni di giustizia e di cittadinanza reali per il maggior numero possibile di persone. Oggi, per esempio i corsi di italiano per stranieri realizzati da associazioni, enti locali e da servizi di educazione degli adulti, costituiscono i luoghi principali di costruzione di cittadinanza con gli adulti immigrati. Porre e suscitare domande radicali è uno dei compiti fondamentali dell’agire educativo, l’educazione diventa così una forma di coscienza critica.

Il sapere insegnato a Barbiana non è riduttivamente il “saper fare” destinato a chi non ha capacità intellettuali, ma anticipa l’attuale concezione di “competenza”, come sapere situato e, appunto, in azione. La critica al sapere accademico e intellettualistico – all’epoca di Barbiana e oggi – si fonda sul valore non tanto del sapere pratico, quanto della conoscenza situata in azione.  L’astrattezza e la prescrittività che spesso connotano l’immagine anche sociale dell’educazione offuscano il fatto che essa è innanzitutto una pratica. Essa è prassi nella quale si trovano congiunte indissolubilmente azione e riflessione. Intenzionalità e consapevolezza – di chi insegna e di chi impara – sono caratteristiche fondanti della prassi educativa. L’educazione esperienziale costituisce una prospettiva di conoscenza autentica, generativa e non riproduttiva. Un altro sentiero formativo è costituito dall’apprendimento dall’esperienza con gli altri. Il gruppo permette una costruzione dell’esperienza ricca di prospettive differenti. Infine l’autoformazione concepita come un atteggiamento dinanzi alla vita e come immaginazione e costruzione di mondi possibili. Imparando costruiamo il nostro mondo, insegnando contribuiamo a costruire i mondi degli altri e insieme cerchiamo di rendere questo mondo più giusto.

(L’articolo è uscito nell’inserto “Storia e storie” del quotidiano della Cisl, “Conquiste del lavoro” il 13 febbraio. L’autore è animatore del Circolo Mounier di Genova, che fa parte della rete c3dem)

 

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