Il terremoto dei valori

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Diceva Brunetto Salvarani stamattina (16 giugno) a Gabriella Caramore su Radio Tre che delle 50 chiese della sua diocesi di Carpi ne sono rimaste agibili solo tre. Nel suo “pensiero della settimana” (il n. 391 del 16 giugno 2012), Piero Stefani riflette sui danni del terremoto in Emilia, sulle chiese sette-ottocentesche distrutte, chiese che non sono capolavori dell’umanità, ma… “Quando i capolavori non sono sommi, dove non si è in grado di convocare un aiuto internazionale legato alla convinzione che lì c’è un dono di arte e di civiltà che l’umanità considera ufficialmente irrinunciabile (e perciò dotato anche di una ricaduta turistica), la partita – scrive Stefani – si gioca, in massima parte, attorno a un ethos locale inteso nel senso alto del termine. Nell’Italia di oggi il discorso sul denaro mancante, sperperato o investito, è diventato il discorso pubblico per eccellenza. La circostanza induce ad affermare che proprio in un paese governato sempre più dai banchieri, la scelta antieconomica di ricostruire memorie locali di chiese o edifici può divenire un momento qualificante. Occorre riprendere a riflettere su stili di vita e su modelli di sviluppo più lungimiranti del breve sguardo contabile che ci domina. È necessario  guardare più in là, a forme di economia connesse a un diverso modo di intendere l’esistenza collettiva. Nello specifico la ricostruzione di una chiesa parrocchiale va intesa non tanto come un’opera cattolica – la celebrazione della parola e dell’eucaristia la si può fare ovunque senza che nulla muti – quanto come espressione, al pari del castello o delle torri dell’orologio, di un senso di solidarietà rinnovata che deve coinvolgere anche  chi cattolico non è o perché non è praticante o perché aderente ad altre religioni. Ciò sarà tanto più vero quanto più si riconoscerà l’importanza da attribuire anche a  valori collettivi  non economici”.

Per il testo integrale vedi: http://pierostefani.myblog.it/

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