Pubblichiamo l’intervista che Franco Monaco ha rilasciato il 6 marzo a Pierluigi Mele nel blog da lui curato (“Confini”) nell’ambito di Rai News. Nella foto Franco Monaco, il primo a destra, in un incontro ca Milano lo scorso 14 febbraio, insieme a Giuliano Pisapia, Laura Boldrini, Gad Lerner e Massimiliano Smeriglio
Onorevole Monaco, lei è un “ulivista” della prima ora. E’ stato, ed è tuttora, molto vicino a Romano Prodi, è stato tra i fondatori del PD. Quindi lei può aiutarci a capire più in profondità la crisi del suo partito. Per molti la crisi del PD è dovuta alla persona di Matteo Renzi. Per alcuni è visto come un “usurpatore” della tradizione, o delle tradizioni, del PD. Non pensa che le colpe siano un po’ più larghe? Di trasformismi all’interno del PD ve ne sono stati diversi…
Prima di stabilire le responsabilità, merita fissare la portata del fatto. La scissione segna l’affossamento del progetto del PD nel solco dell’Ulivo, quale partito di centrosinistra a vocazione maggioritaria, inclusivo verso il centro ma anche verso sinistra. E resta agli atti che quel fallimento si è prodotto nel tempo in cui Renzi era alla guida del PD. Quanto alle responsabilità non ho esitazione a sostenere che quelle largamente prevalenti sono in capo a Renzi. Per limitarci alla causa prossima, basterebbe la cruda verità squadernata dal fuori onda di Del Rio: mentre si consumava la rottura, Renzi, irresponsabilmente, non faceva neppure una telefonata e i suoi sodali – parola di Del Rio – ancor più irresponsabilmente si compiacevano perché si sarebbero liberati altri posti per loro. Da non credere. Ma la cosa dice tutto circa mediocre qualità di quel gruppo dirigente. Senza bisogno di scomodare lo spaccato fornito dallo scandalo Consip.
Dove, secondo, lei Matteo Renzi si è dimostrato più lontano dalla cultura ulivista?
Sotto molti profili: una leadership arrogante e divisiva; un posizionamento e politiche fuori asse per un partito di centrosinistra, sino alla suggestione del “partito della nazione”; lo schiacciamento sull’establishment; la teoria e la pratica della disintermediazione anziché la cura per la mediazione e il dialogo con le forze sociali, che è tratto caratteristico di tutti i partiti riformisti e socialisti europei; l’approccio divisivo alla stessa Costituzione, che si pretendeva di riformare a colpi di maggioranza. Nel Manifesto fondativo del PD è scolpito il solenne impegno a non ripetere mai più quel l’errore e le stesse, stracitate a sproposito, tesi dell’Ulivo recitavano così: “le regole si scrivono insieme”. Quelle costituzionali e quelle elettorali. Si è fatto esattamente l’opposto.
Eppure qualcosa di sinistra ha fatto, penso all’attenzione agli immigrati, alle unioni civili, alla critica della politica del rigore europeo…. Per alcuni Renzi è colui che ha mutato geneticamente il PD. Pensa che questa mutazione sia irreversibile? Oppure, invece, si è ancora in tempo per fermare questa mutazione?
Non nego che siano state fatte anche alcune cose buone in tema di immigrazione. Meno nel rapporto con la Ue. Dove anche le nostre buone ragioni sono oscurate dai nostri torti. La vis polemica verso le istituzioni comunitarie più che su una diversa visione di esse e delle loro politiche si è esercitata per il malcelato proposito di avere sconti, di sottrarci agli impegni da noi stessi sottoscritti. Si pensi alla facile polemica retrospettiva sul governo Monti. Quasi che tutti i nostri guai fossero responsabilità sua, che l’emergenza finanziaria del 2011-2012 ce la fossimo inventata. Ora, anche ministri del governo come Calenda, stigmatizzano la politica dei bonus, una politica economica orientata più alla ricerca del consenso che non concentrata su misure strutturali volte alla crescita. Bene le unioni civili, ma ho l’impressione che l’enfasi con la quale le si rivendica come “cosa di sinistra” è l’altra faccia della circostanza che si è invece trascurata la lotta alle disuguaglianze quale vera e decisiva ragione sociale della sinistra.
Parliamo degli “scissionisti”. Renzi ha non poche gravi responsabilità, politiche ed umane, questo è evidente. Però ad uno sguardo obiettivo anche tra gli ex-Pd non mancano le responsabilità… Penso ad esempio alla loro opposizione talvolta preconcetta. Per lei? Qual è il punto debole della scissione?
La scissione si è prodotta tardi e male. La sua causa prossima è sembrata oscura e politicista: congresso, calendario, primarie, conferenza programmatica…. Ma essa maturava da tempo su ragioni politiche di sostanza. Manifestamente il PD renziano ha lasciato un grande vuoto a sinistra, dove ora fioriscono più iniziative non so quanto suscettibili di amalgama e di sintesi.
Io, un paio di anni fa, quando già si incattivivano a dismisura i rapporti politici e persino personali dentro il partito, sostenevo la tesi di una “separazione consensuale” tra le anime del PD, a congrua distanza dalle elezioni politiche, così da avere tempo e modo di stringere poi un’alleanza di governo tra soggetti distinti, tra il centro renziano e una sinistra di governo. Ora, a ridosso delle elezioni e a valle di una lacerazione, la cosa è più difficile.
Non teme che la scissione renda ancora più difficile il contrasto al populismo?
Si può ancora sperare di farcela. Con una legge elettorale a impianto proporzionale, arricchendo e articolando l’offerta politica su più soggetti nel campo del centrosinistra, si può persino sperare che il consenso complessivo sia superiore. Di sicuro il PD da solo non ce la può fare, è svanita la pretesa dell’autosufficienza del PD di cui era figlio l’Italicum, concepito sull’onda di quel 40% alle europee che ci si è illusi potesse stabilizzarsi. Certo, molto dipenderà dalla legge elettorale, dalle soglie e dall’eventuale premio alle coalizioni.
Chi, secondo lei, riuscirà a rimettere insieme i “cocci” del centrosinistra? Pisapia?
Quella di Pisapia è una iniziativa interessante e da incoraggiare. Si può condensare in cinque dense parole: sinistra, di governo, di impronta civica, plurale e inclusiva, con un profilo di novità. Se e come essa possa interagire con i soggetti che si posizionano a sinistra del PD lo vedremo nei prossimi mesi.
Veniamo alle primarie. Parteciperà alle primarie? La sua amica e collega Rosi Bindi sosterrà Andrea Orlando. Lei?
No, penso di non partecipare alle primarie. Guardo con più interesse appunto alla novità di Pisapia. Rinvengo in essa, potenzialmente, più spirito dell’Ulivo di quanto non ne residui nel PD centrista renziano. E poi i tre candidati non mi convincono. Del mio dissenso da Renzi ho detto. Emiliano ha un timbro populista e non mi riesce di scorgere una sua cifra politica. Orlando è certo il più composto, si propone come erede della sinistra pre-PD, ma nei tre anni del renzismo ha condiviso organicamente le scelte politiche e di governo.
Torniamo a parlare, per un attimo, di Matteo Renzi. Gli ultimi avvenimenti , inchiesta Consip, per alcuni osservatori rappresentano gli ultimi giorni del “renzismo”. Per lei?
Al netto dei profili giudiziari, a fare problema è lo spaccato di un sistema di potere provinciale e familistico. Come si è detto con formula efficace, troppo potere in pochi chilometri. Ma separerei rigorosamente la questione giudiziaria da quella politica.
Ultima domanda: Come giudica Paolo Gentiloni?
Conosco e stimo Gentiloni. Piace la sua misura, la sua compostezza, il suo understatement. Anche per differenza, rispetto alla premiership nevrotizzante di Renzi. Gli italiani respirano, si rilassano. Certo, si tratta di un governo di fine legislatura, ricalcato su quello che lo ha preceduto, che di necessità non può avere largo respiro e grandi ambizioni. E tuttavia esso, nato con la scadenza incorporata per l’ossessione di Renzi di precipitare il paese verso elezioni-rivincita, per come si sono messe le cose, potrebbe reggere sino alla scadenza naturale della legislatura, facendo cose buone.
Pierluigi Mele
14 Marzo 2017 at 09:57
mi sembra che ci sia manifesta volontà’ di esprimere impropriamente un giudizio negativo sulle cose che ha fatto Renzi e non è una cosa buona sparlare di un lider che ha fatto molte cose buone per il suo paese.Ci vorrebbe molta più considerazione e buon senso che non vedo nelle espressioni del commento appena letto.