L’Europa dei padri fondatori non è stata un “sogno”, ma un progetto, più precisamente una serie di progetti in successione.
I sognatori, certo, non sono mancati (Spinelli). Ma il sogno difficilmente si traduce in progetto e rappresenta più una distrazione, un succedaneo dell’iniziativa concreta; di fatto, rispetto a quest’ultima, un rallentatore e un freno.
Il nodo al quale ora saremmo giunti è quello del passaggio da meri modelli di integrazione economica a realtà di unione culturale e identitaria.
Si usa parlare di “unione politica”, ma l’espressione desta reazioni sovranistiche giustificate fintanto che non vi sia un idem sentire, una sufficiente, preventiva, unità di interessi e di cultura.
Credo si sia molto sottovalutato il problema della diversità delle lingue, le quali veicolano specifiche sensibilità e interpretazioni del reale.
Rifarsi in via privilegiata all’inglese, come propendono a fare soprattutto i nostri connazionali, non è una soluzione. L’inglese è la lingua ufficiale e naturale di tutte le ex colonie britanniche, a cominciare soprattutto dagli Stati Uniti d’America. Ma l’Europa deve sorgere o risorgere in funzione solo di se stessa, richiamandosi alle sue più antiche radici, mettendo in campo una propria originale identità, non per fungere da stampella o quinta colonna degli Stati Uniti nel mondo. D’altronde il Regno Unito, rinunciando all’ambiguità della sua mezza adesione quarantennale al progetto europeo e decretando la Brexit, ci ha ora solennemente richiamati alla realtà di fatto e alle nostre responsabilità di europei continentali.
Occorrono certamente armonizzazioni ben più spinte (in campo fiscale, sociale…) di quelle ad oggi realizzate ed occorrerebbero – riterrei – ben più importanti movimenti di popolazione tra gli Stati membri, che favoriscano una mutua conoscenza ed empatia e preludano a una qualche armonizzazione dei costumi e dei modi di concepire le cose. Scambi non solo di studenti, ma altresì di professori. Scambi di professionisti e di amministratori. Nell’istruzione, rafforzamento dell’apprendimento delle lingue ed elaborazione seria di nuovi corsi di storia, cui lealmente collaborino tedeschi, francesi e italiani, con l’ausilio di belgi e olandesi.
Manfredi Lanza
funzionario del Parlamento europeo in pensione