Credo che abbia pienamente ragione Sandro Antoniazzi nel suo articolo “Cattolici democratici e politica dopo il 4 marzo” , pubblicato su questo sito.
“E’ urgente – scrive in conclusione – un impegno cattolico democratico, immediato, risoluto, disponibile a una battaglia che si presenta tanto aspra quanto rilevante e decisiva.” E per lui la presenza dei cattolici, in concreto e nell’immediato, significa due cose: “personalità che si impegnino in modo coerente e continuo; una qualche forma di collegamento per esprimere insieme idee e proposte politiche non da cenacoli, ma che arrivino alla gente comune.”
Sulla seconda “oso” dire che noi di C3dem (grazie anche all’attivo contributo di Antoniazzi) da qualche anno stiamo praticando questa strada. Forse con qualche timidezza di troppo, con formule e linguaggi che spesso faticano ad adeguarsi al nuovo emergente (ma sarà poi sempre positivo questo nuovo?…); e con scarso impatto mediatico, che – a costo di apparire piagnone – non attribuisco solo alla nostra incapacità di mezzi e parole, ma anche a quei media, compresi gli amici, che sono pronti a condannare linguaggi e toni aspri, ma quando poi ricevono testi e documenti, ragionati e propositivi, quindi privi di insulti e accuse, cestinano tranquillamente. Ma questi sono i tempi…
Bene: su questa strada della “forma di collegamento”, della rete, dei luoghi di dialogo e di vaglio, costruzione e sostegno delle proposte, noi faremo ancora la nostra parte, più decisi e convinti di prima.
Secondo, che poi è il primo fattore: le “personalità che s’impegnino in modo coerente e continuo”. Sono, sì, se conosco bene il pensiero di Sandro, i quadri intermedi, i soldati semplici, i leader sul territorio, gli “operai” a contatto con la gente e con i problemi concreti. Ma sono anche, e soprattutto, i leader nazionali, quelli che sono capaci di dire parole forti e chiare, quelli che hanno visioni, strategie, che infondono coraggio e speranze, che amano le cose che dicono e che fanno e non si limitano ad analizzare sapientemente i perché di una sconfitta. Sono le persone che fanno della propria fede non un elemento distintivo, ma unificante, un sostegno per andare anche oltre i limiti e tracciare un percorso. Quelli che (Mosè docet) sono capaci di camminare a lungo per anni, senza poter vedere, infine, realizzato l’obiettivo per il quale hanno combattuto con forza. Sono quelli capaci di fare alleanze, di ascoltare anche chi dissente, di circondarsi di collaboratori, anche riconosciuti più in gamba, non temendone la rilevanza. Sono quelli che (senza riferimenti a fatti o personaggi realmente esistenti …) si richiamano al popolo non come soggetto unico compatto e indistinto, ma come pluralità diversificata di gruppi, realtà, soggetti singoli e progetti. Il popolo si costruisce, non è un dato acquisto come sbandierano alcuni.
Ma questa tipologia di leader esiste nel nostro mondo? Non so, forse… Ma, se pure esiste, o – avendo paura della politica che trita e ritrita anche i migliori – si mantiene in disparte, lontano da riti e guerre del teatro politico; o si palesa, ma subito appare anche divisivo perché tacciato di ambizioni personalistiche, di arrivismo, di interessi privati…
Per evitare entrambe le derive, a mio avviso sarebbe necessario che le personalità più avvedute, quelle che rischiano e “ci mettono la faccia”, senza alcun fine secondario, proprio perché ritengono che la politica sia “una delle più alte forme di carità”, fossero accompagnate, sostenute, interrogate e provocate magari, ma di certo non isolate, dalle comunità che le hanno formate. Qui è uno dei punti critici. Senza un costante e disinteressato, per quanto si può, contatto con il popolo delle parrocchie, le persone che ancora ci credono, che fanno vita comunitaria, che hanno idee e voce in capitolo, che oltre a trovare la soluzione a singoli casi difficili si interrogano su come le istituzioni possano dare risposte collettive e generali (questa è, in fondo, la politica), nessun sano ritorno dei cattolici alla politica come auspicano è ipotizzabile, in questo momento drammatico della crisi istituzionale del nostro paese. Neppure i cattolici più forti sono disposti a fare la fine di santi ed eroi, e non perché non abbiamo coraggio, ma perché ritengono più semplicemente che sia tempo perso. E siccome il tempo è una risorsa preziosa per tutti, pensano bene di dedicarlo ad altri scopi.
La politica, per sua natura, anche quando è fatta correttamente, crea contrapposizione. I vescovi sanno bene che in molti contesti il confronto politico (anche aspro ma sincero e fraterno) è stato bandito nelle parrocchie, diocesi, associazioni, gruppi, al grido di “in queste sale non si fa politica!”. Nel nome, cioè, di quella equidistanza che ha messo una pietra tombale sulla equivicinanza, forse unico collante per ridare speranza a un rinnovato impegno dei cattolici in politica.
Ma senza idee e proposte – praticabili, però, altrimenti è un’indegna truffa, delitto peggiore che non farle, visto che tradisce la fiducia dei cittadini – non si fa politica vera. E su questo mi riprometto di tornarci su in un prossimo articolo.
Vittorio Sammarco
12 Giugno 2018 at 11:31
In relazione a quanto scritto da Antoniazzi, e ribadito qui, in merito alla necessità di trovare “una qualche forma di collegamento per esprimere insieme idee e proposte politiche non da cenacoli ma che arrivino alla gente comune”.
Nella mia esperienza associativa e politica non esistono “forme di collegamento” generiche che funzionino
Funzionano solo le realtà organizzate bene con una leadership – anche plurale – ma chiara.
Si possono adottare anche forme “leggere” come la federazione di più realtà,
ma devono proporre iniziative cultural/politiche forti che mobilitino le persone; iniziative attorno a cui raccogliere il consenso dei cittadini.
Devono esporsi e diventare leader di un pensiero.
Con iniziative che possono andare dalla petizione su un tema attuale, alla proposta di legge di iniziativa popolare, fino ad una proposta (sintetica ovviamente) di riforma della Costituzione
I social ed il web possono essere di grande aiuto ma serve una azione comune, con una leadership riconoscibile e nuova.
Altrimenti facciamo solo esercizio di pensiero accademico, interessante ma con nessuna incidenza sul piano concreto
Grazie per quello che fate