Arrivederci, Pierre, leader e maestro di grande umanità 

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Di Vittorio Sammarco

E’ difficile ricordare, a caldo, gli aspetti migliori di una persona che si conosce bene e che non c’è più da poche ore senza correre il rischio di una stucchevole retorica. Che è proprio quella che Pierre Carniti odiava e senza alcun infingimento. Perché era un uomo fatto di concretezza, di opzioni praticabili, di parole pesate, di analisi ponderate, di studi approfonditi, di avversione a qualsiasi plateale accenno alla ricerca di facili consensi. Oratore appassionato e non banale, dalla voce e dai toni ruvidi come la sostanza dei suoi concetti. Perché scomodi, nient’affatto ovvi, per nulla improvvisati e accompagnati dal fermo desiderio di farsi capire, anche con il rischio di critiche e dissensi, che metteva in conto e accettava.

Dire che è stato un maestro è quasi scontato, ci si trova in numerosa compagnia: nel sindacato, nell’attività politica, persino in tanti colloqui sulla fede comune vissuta e praticata senza alcuna esposizione pubblica che facesse l’occhiolino al pensiero dominante.

Altri citeranno le sue – indiscusse – qualità sindacali e politiche: il suo percorso pubblico a servizio dello Stato e della comunità, sempre disinteressato, libero, di alto valore morale e civile. Valga un solo esempio su tutti: quando gli proposero di assumere l’incarico di massima autorità della Rai egli non trattò per nulla il suo compenso. Mise, però, con chiarezza sul tavolo della trattativa solo la reale libertà e autonomia nel mettere mano e riformare i meccanismi di funzionamento della principale Azienda culturale del Paese: secondo criteri di qualità, efficienza, libertà e pluralismo. Gli fecero capire che non era possibile. E lui, senza sbattere la porta, ma con piena dignità, disse: grazie, allora non se ne fa nulla.

Ho avuto il piacere, meglio la fortuna, di lavorare con lui non solo in occasione della fondazione e del lancio del Movimento dei Cristiano sociali, ma di recente, quando ormai era in pensione, anche per la pubblicazione dei suoi libri con la piccola casa editrice Altrimedia. Ho imparato ad apprezzare una grande persona, una straordinaria figura umana di leader, un pezzo della profonda storia civile della migliore Italia, che mostrava la capacità di ascoltare sempre, di correggersi, di capire e accettare consigli non richiesti, di interloquire davvero senza dare mai alcuna sensazione di sentirsi superiore a chi gli stava di fronte. Non la chiamerei solo umiltà, direi che era anche l’atteggiamento giusto di un saggio che sa che si può sempre migliorare, arricchirsi, imparare, aprirsi a nuove idee.

Questo era stato per lui prima il modello di attività sindacale e poi quello politico nelle sue diverse fasi. Spigoloso a volte, anche rude, ma sempre con estrema schiettezza e affetto. Tanto che spesso mi sono detto in quegli anni di frequentazione assidua: chissà cosa  direbbe Pierre in questa situazione. E in questi anni, la sua voce, stanca e appesantita dalla salute precaria, mi è mancata non poco.

Ho provato, al volo, a cercare una citazione che in poche righe riassumesse il suo pensiero. Nei suoi scritti, che bisognerebbe tornare a rileggere per intero, c’è tutta la tensione umana e culturale per il lavoro che si smarrisce, per le comunità che non ritrovano, per gli ultimi, i poveri, i conflitti che non generano soluzioni più avanzate, le istituzioni trascurate e la politica incapace di ascoltare, di immaginare strade nuove, di rischiare e provare a legittimarsi con le pratiche concrete e non con il fumo della propaganda. Ebbene in queste poche righe (tratte da “Alternative per il socialismo” (dic.2011-gen. 2012) con il titolo “La ribellione senza proposta non produce il cambiamento, e poi ripubblicate nel libro “Dove stiamo andando. Democrazia e lavoro nell’età di certezza”, Altrimedia edizioni), c’è a mio avviso un esemplare sintetico ammonimento a toni e pratiche quanto mai attuali. Scriveva Pierre:

“Per affermare un modello sociale alternativo (fondato sull’inclusione invece che sull’esclusione) il disagio, la contestazione, la protesta diffusa hanno certamente un ruolo importante, essenziale. Ma per farsi davvero valere le motivazioni che ne sono alla base debbono trovare ascolto e soprattutto essere condivise in modo da riuscire a influire sulle decisioni che vengono prese nelle sedi istituzionali. Tanto legislative che negoziali.”

Penso che lo condividerebbe in pieno l’altro gigante del nostro personale pantheon di cattolici sociali: Ermanno Gorrieri, con il quale Pierre ha condiviso la coraggiosa e originale fondazione di un Movimento di Cristiani politicamente organizzati nella sinistra.

Idee, stili e progetti che forse non hanno avuto il tempo di sedimentare in pieno nella vita pubblica del nostro Paese. Ma che per tanti che hanno frequentato Ermanno e Pierre, hanno sicuramente lasciato il segno di cosa deve e può essere la Politica. Se adesso non ci sono più, di certo le loro parole non saranno cancellate facilmente.

2 Comments

  1. In questo momento è davvero difficile parlare di Pierre Carniti. La generazione cristiano sociale degli anni ’70 impegnata nel sindacato aveva in Carniti un sicuro punto di riferimento. L’idea della dignità del lavoro da elevare ai livelli più alti della soggettività politica caratterizzò il suo ruolo di segretario generale della Cisl.
    Grazie a Vittorio, che ha cominciato a ricordarlo.

    Salvatore Vento

  2. Grazie Vittorio, suggerirei a C3dem di segnalare in rassegna gli articoli più significativi usciti su Pierre.

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