L’Italia, con la sua politica dei salvataggi in mare e con lo sforzo messo in atto di garantire accoglienza ai profughi, valutando le domande di asilo o di protezione umanitaria di ciascuno e impegnando i comuni e i soggetti del terzo settore a individuare alloggi e percorsi di prima integrazione, aveva offerto di sé un’immagine positiva. Immagine rafforzata dall’iniziativa dei “corridoi umanitari”, ideati dalla comunità di Sant’Egidio, insieme alla Federazione delle Chiese evangeliche e alla Tavola Valdese, e portati avanti con il sostegno del governo.
Oggi il nuovo governo, e in primo luogo l’incredibile ministro dell’Interno, sta facendo scempio di tutto questo. Si dice, da alcune parti, che già il ministro Minniti, nell’ambito del governo Gentiloni, abbia dato inizio ad una svolta nella politica italiana che, dando la priorità alla questione della sicurezza, da un lato ha favorito un allarmismo non giustificato, che poi si è sempre più allargato, e, dall’altro, ha avviato un sistema di contrasto agli sbarchi incentrato sugli accordi con la Libia e una regolamentazione restrittiva delle Ong che, se ha portato ad una forte riduzione degli sbarchi stessi, ha però chiuso gli occhi di fronte alle condizioni drammatiche in cui si sono trovati a rimanere intrappolati quei migranti che attendevano di imbarcarsi dalle coste libiche dopo mesi di strazianti sofferenze.
Ora, l’operato di Minniti coglieva un elemento reale: il numero degli sbarchi nel 2015 e nel 2016 era stato obiettivamente alto e, se fosse proseguito con la stessa intensità per altri anni, avrebbe potuto mettere in serie difficoltà il Paese. Si doveva fare qualcosa. Ma il ministro Minniti e il suo governo avrebbero dovuto prima cercare di garantire, con la collaborazione delle Nazioni unite e dell’Oim, luoghi di accoglienza, in Libia, in grado di garantire ai profughi un’effettiva tutela dei diritti umani fondamentali e di svolgere sul posto la funzione di esaminare le domande di asilo e di protezione umanitaria, e soltanto dopo cercare accordi con le autorità libiche per combattere i trafficanti e per porre un freno alle partenze in mare. Non è stato un errore di poco conto.
E sulle Ong anche c’è stato, già con Minniti, un inizio di incomprensione e, forse, di ipocrisia. Le Ong sono alleate, complici degli scafisti? No, sono alleate, “complici”, del progetto migratorio e – dopo il drammatico passaggio in Libia – si dovrebbe dire “di salvezza” delle persone che, provenienti da paesi impoveriti dell’Africa sub sahariana, hanno conosciuto il dramma di un viaggio estremo e poi gli abusi della detenzione in Libia, e considerano come il loro peggiore destino quello di essere salvati dalle acque per poi essere ricondotti nei campi di detenzione libici. Per questo le Ong arrivano fino alla contiguità in mare con gli scafisti: per aiutare i profughi a mettersi in salvo non solo dalle acque infide ma anche dalle maglie strette e mortifere in cui sono incappati al loro arrivo in Libia, dove scafisti e autorità libiche talvolta neppure sono distinguibili.
E un’altra cosa il precedente governo avrebbe dovuto fare: avviare o rafforzare le politiche di integrazione di quelle centinaia di migliaia di migranti non in regola che negli anni si sono andati infittendo nelle città e nelle campagne italiane. Sarebbero serviti progetti di formazione al lavoro e probabilmente sanatorie ad hoc, per rimettere queste persone nella legalità, o per offrire ad alcuni di loro l’opportunità di rimpatri assistiti. Questo impegno, importante anche per ridurre il grado di allarme sociale che andava crescendo, avrebbe compensato e giustificato una posizione di maggior severità nell’accoglienza di nuovi profughi, rispetto ai quali si apriva il doveroso contenzioso con l’Unione europea. E avrebbe dovuto andare insieme con la riapertura, pur per piccoli numeri, di quote ingressi regolari di persone extracomunitarie per occupare quei lavori che di fatto in Italia fanno (per lo più in nero) ormai solo persone che provengono da paesi più poveri.
Detto questo, la politica intrapresa dal ministro Salvini e il linguaggio che l’accompagna dicono quanto grande sia il passo indietro, in umanità e in civiltà, che l’Italia sta compiendo in questi mesi. Accusare Minniti di avergli aperto la strada, è ingiusto, nonostante gli errori da lui commessi. C’è ora qualcosa di assai diverso e assai più grave: c’è la sfrontatezza e la spudoratezza di un ministro – ma bisognerebbe dire di un governo – che irride la solidarietà e, facendo perno sull’insicurezza e sull’ignoranza di molti, costruisce un’immagine cupa e cinica del nostro Paese e ne alimenta gli istinti meno nobili. Una terribile opera di diseducazione civile. Che certo risente dello spirito dei tempi, ma ne offre una versione tra le peggiori. E stridente con la generosità pur espressa dal nostro paese in tanti anni.
Sta qui un terreno di lavoro – cioè di testimonianza, di pensiero, di dialogo – per il Pd e la sinistra. Per l’opposizione. Per i credenti, affinché – come dice papa Francesco nella Laudato si’ – “siano coerenti con la propria fede e non la contraddicano con le loro azioni (…) e attingano in profondità dalle proprie convinzioni sull’amore, sulla giustizia e sulla pace”.
Giampiero Forcesi
14 Luglio 2018 at 11:09
A mia insaputa, ma visto le reazioni di molti anche di altri, deve essere cambiato qualcosa nella Costituzione: da Repubblica Parlamentare siamo passati alla Repubblica Presidenziale, con un nuovo Presidente, l’ex Ministro dell’Interno Salvini meglio conosciuto come Ministro della Paura, che ha dichiarato che il suo modello di riferimento è la Repubblica Russa di Vladimir Putin.
Infatti negli ultimi giorni si sono verificati questi fatti: Salvini in qualità di Ministro della Paura ha ordinato la chiusura dei porti per impedire l’attracco delle navi delle ONG, ha pure impedito l’attracco delle navi militari impegnate in missioni decide dall’Unione Europea, e infine anche a quelle della Guardia Costiera Italiana perché hanno a bordo un gruppo di migranti. Come se non bastasse ha pure indicato le persone, tra quella a bordo della nave della Guardia Costiera, a cui metter le manette.
Il Ministro della Paura Salvini ha perso di vista i limiti del suo mandato politico, sta facendo un uso distorto del potere istituzionale che gli è stato conferito e dimentica che non sono i ministri che decidono chi arrestare.
Questa invasione di campo è pericolosa e inaccettabile, è il sistema delle garanzie democratiche che è in pericolo. Grazie Presidente Mattarella.