Perché la chiesa dovrebbe interessarsi del lavoro? Il motivo appare tanto semplice quanto evidente. La vita della maggior parte delle persone comprende due esperienze essenziali: la famiglia (nelle sue varie espressioni attuali) ed il lavoro. Ora la chiesa dedica molto impegno ai problemi della famiglia, quasi nessuno al lavoro. Si tratta di una lacuna grave che richiede di essere sanata.
Il lavoro è il mezzo attraverso cui la persona si inserisce e partecipa alla vita sociale ed economica. Non interessarsene significa ritenere il mondo economico e del lavoro una realtà estranea, separata, secolarizzata: il mondo dell’economia e del lavoro sono una cosa, la religione un’altra, ben distinta. Ma la vita cristiana non dovrebbe comprendere la vita intera? Non dovrebbe informare la vita in tutte le sue dimensioni? Non dovrebbe essere la buona novella da portare ovunque?
Questa separazione, questa vera e propria “astensione”, per impreparazione, per paura, per scarsa consapevolezza, ha delle gravi conseguenze sia sulla vita dei cristiani sia sul mondo sociale e dell’economia: sulla vita dei cristiani perché la religione non confrontandosi con la vita dell’intera società rischia di ridursi ad una sfera sempre più limitata e sempre meno incisiva; sull’economia e sul lavoro perché diventano realtà lontane, indipendenti, difficilmente riconducibili a valori morali ed evangelici.
L’insegnamento di Papa Francesco insiste su questa problematica e se molti cristiani fanno fatica a capirlo ed accoglierlo è perché sono abituati a una religione diversa che tende a stare separata dai problemi della società, ritagliandosi una sfera spirituale tranquilla, in quanto a sé stante. Innanzitutto, rispetto alla tradizionale dottrina sociale che rimane sempre a un livello generale di principi morali, il Papa nel suo discorso mette l’accento sulla fede (il vero punto fondante di ogni riflessione cristiana) e non teme di parlare dei problemi reali e concreti, perché sa che qui è la vita degli uomini.
Di questi tempi in Italia molto si discute dell’opportunità di una ripresa di impegno politico da parte dei cattolici. A me personalmente sembra che se a monte non avviene una svolta nell’atteggiamento dei cristiani e della chiesa – secondo quanto sovra esposto – sia assolutamente inutile e senza senso parlare di impegno politico. Ci troveremmo in una situazione non dissimile da quella attuale, di fronte a un conflitto permanente fra scelte dettate da opzioni del tutto individuali, che ben poco hanno a che fare col cristianesimo.
Il fatto che oggi le percentuali più alte di voto dei cattolici vadano alla Lega dice chiaramente qual è la situazione e come il problema si collochi a un livello profondo. Ci sono serie responsabilità della chiesa e dei cristiani per questo; non certo per non aver sostenuto altre indicazioni di voto, ma per aver consentito di fatto una vita cristiana dualistica, divisa: si va in chiesa, ma su cosa fare dei propri affari, relazioni sessuali, idee politiche ognuno ritiene di poter fare a modo suo. Non abbiamo bisogno di una chiesa che ci dica cosa votare o che sostenga un partito come ai tempi della Dc: abbiamo, invece, bisogno di una chiesa che formi i laici, di una chiesa molto più laica, di una chiesa che sia consapevole che non può essere presente e testimone nella complessa società attuale se non attraverso i laici.
Fa impressione a volte vedere quei grandi monumenti, spesso carichi di una storia gloriosa, che sono le nostre chiese e pensare che oggi la maggior parte della vita della gente è altrove e non ha niente a che vedere con queste strutture e viceversa. La politica è un ritorno al “popolo” (se questa parola non fosse oggi così malamente adoperata), è un superamento del distacco tra vita cristiana e vita di lavoro, è ricostruire un tessuto sociale in cui poter esprimere idee, progetti, discorsi di una società più umana.
Pensare ai cattolici in politica oggi non è inventare una nuova sigla, scrivere un documento o un appello, radunare un po’ di persone, è invece un impegno cristiano profondo, è riprendere l’ispirazione del Concilio frenata da anni di preoccupazioni vaticane (quanti anni sprecati!), è portare la forza spirituale dentro la vita del mondo. Questo è ciò di cui la società ha bisogno e a cui i cattolici, con tutti i loro limiti e le loro debolezze, sono chiamati a rispondere.
Sandro Antoniazzi
settembre 2019