Quello che ci sta succedendo in questo tempo di pandemia di Coronavirus ha cambiato e cambierà noi tutti, donne e uomini e bambini, nella sfera dei sentimenti, dei pensieri, nei rapporti con il tempo e lo spazio, i nostri rapporti con il cibo, il denaro, le relazioni umane “forzate” in casa con la propria famiglia e quelle “virtuali” con i parenti, le modalità di lavorare, il nostro rapporto con la fede e la religione.
Riflettendo su quest’ultimo aspetto, possiamo dire che la nostra società ormai da tempo è secolarizzata e nessuno, anche oggi, lo mette in dubbio. Ciò significa che anche le cause, i rimedi e le cure della pandemia vanno ricercate nella scienza e nelle spiegazioni di coloro che hanno le competenze per farlo. Tuttavia sono tante le domande che le donne e gli uomini si stanno ponendo e che chiamano in causa la religione: dov’è Dio in questo momento di grande sofferenza dell’uomo? Perché permette che tante vite umane siano spazzate via in così poco tempo? Perché lascia che accada tutto questo? Perché tanto dolore e tanto male? Come Dio può permettere ciò che è male per l’uomo? “Si est Deus unde malum?”. L’antica domanda di Agostino d’Ippona è la stessa che si pongono ancora oggi molti uomini e donne. É l’interrogativo drammatico che ci si è posti dopo il genocidio degli ebrei: dov’era Dio ad Auswhitz?
Quanto accade in questo periodo cambia il rapporto dell’uomo con la fede? Essa si rafforza o si indebolisce? Rafforzare la fede o entrare in “crisi di fede” dipende dalle risposte che ciascuno di noi dà a queste domande. Abbiamo più o meno fede? Quest’ultima domanda è però illogica, perché la fede è un dono di Dio e nessuno può sondare il cuore dell’uomo.
Dal punto di vista della fenomenologia religiosa, le reazioni possono essere diverse. Il credente che ha una fede “adulta”, matura, “riflessa”, risponde che Dio è con l’uomo anche in questo momento, accanto all’uomo, nella sofferenza per la morte dei propri cari, nella solitudine e nell’intimità della propria casa. Dio è accanto all’uomo, e lo porta sulle sue braccia quando non ce la fa a camminare da solo. La fede dà un senso a tutto quello che sembra non averne, all’assurdo. Chi, diversamente, vive una fede fatta soprattutto di concretezza, di rapporto con il divino in maniera viscerale, più primitiva e istintiva, esteriore (espressioni, queste, tipiche soprattutto della religiosità e della pietà popolare), probabilmente sperimenta un momento di crisi e di panico, al di fuori della sua parrocchia, nel divieto di accendere una candela al proprio santo di riferimento, privato della messa e della possibilità di accostarsi ai sacramenti. In questo smarrimento qualcuno forse dirà di avere perso la fede o di essersi allontanato da Dio. Qualche altro, invece, che non ha mai pensato al trascendente come dimensione della propria vita, che forse si è autodefinito ateo, non credente, agnostico, ora, persa ogni sicurezza scientifica e tecnologica, si sente piccolo e smarrito; il senso del limite che sta sperimentando può avvicinarlo al Trascendente. Può accadere di tutto. Vari sono gli atteggiamenti ma nessuno può conoscere quello che accade nel cuore dell’uomo né tantomeno giudicare.
Molti sono rimasti “sconvolti” di fronte a un Papa che compie gesti e pronuncia parole che valgono per tutta l’umanità, per il mondo intero, non solo per i cattolici, cristiani e credenti di altre religioni. Ciò è accaduto già all’inizio del Pontificato ma in questo periodo la figura di Francesco è certamente un punto di riferimento e una speranza per tutta l’umanità. In particolare le celebrazioni solitarie e “suggestive” del periodo pasquale hanno colpito l’umanità intera. Francesco ha aiutato a riscoprire il senso del limite e il divino che è in noi.
All’inizio della pandemia dopo le prime restrizioni del governo, valide anche per le comunità religiose, il divieto di frequentare chiese, moschee, sinagoghe e luoghi di culto, è stato vissuto come una mancanza di laicità dello Stato nei confronti delle religioni e di ingerenza forzata dello Stato negli affari delle confessioni religiose. Ne è scaturita una sorta di delusione e frustrazione. In particolare gli ortodossi si sono posti la domanda se era possibile vivere la fede senza potere accedere ai sacramenti…. Senza addentrarmi in questo discorso molto complesso, mi preme dire che alla fine ha prevalso il buon senso e l’idea che l’uomo è anche un cittadino e che non bisogna sfidare Dio in questo momento di sofferenza.
Nella storia dell’umanità i momenti di crisi, legati alle calamità naturali e ambientali, alle carestie e pandemie, alle guerre, hanno sempre suscitato domande e richieste alla religione affinché intervenisse per salvare l’uomo e il territorio dove lui vive. Nel 1944, quando i soldati alleati americani stavano per entrare nella città di Roma, il rischio di distruzione della città stessa, come era accaduto nella vicina Cassino, era imminente; il popolo romano in massa si recò in San Pietro chiedendo a Papa Pio XII di affidare la città alla loro Madonna, la Madonna del Divino Amore, che era già stata trasferita in città dal santuario di Castel di Leva. E ancora prima, alcuni secoli prima, nel 1520, quando l’epidemia di peste era diffusa nella città di Roma, il Cristo crocifisso che oggi è nella chiesa di san Marcello al Corso salvò la città: è quello stesso crocifisso che è stato invocato dal Papa quando si è recato a pregare in quella stessa chiesa e che poi è stato esposto ed invocato da Francesco sul sagrato di San Pietro.
La religione cattolica oggi è particolarmente presente in Italia e nel mondo. Anche Religion for Peace, la coalizione internazionale di rappresentanti delle religioni del mondo dedicata alla promozione della pace e del dialogo interreligioso, in questo periodo ha riconosciuto Papa Francesco come un punto di riferimento.
Gli altri culti religiosi hanno reagito secondo le loro culture e tradizioni. Inshallah! “Sarà come Dio vorrà”. In questo frangente i musulmani si lasciano ispirare da questa espressione che è centrale nella loro cultura. Non si tratta di un’esortazione alla rassegnazione, quanto piuttosto un invito ad accettare ciò che Dio vuole per l’uomo. Per Confucio la comunità viene prima dell’individuo; ciò spiega perché il popolo cinese, che affonda le sue radici nel confucianesimo, ha reagito alla pandemia mettendo il bene della società davanti a quello dei singoli: per un cinese, a qualunque religione appartenga è normale pensare che una persona non si salva al di fuori del suo popolo. Difficile dire per quanto riguarda il buddismo, probabilmente perché si tratta di una filosofia molto centrata sull’individuo. Oggi, tutti noi abbiamo bisogno di religioni che rafforzino la “voglia di comunità” e di solidarietà.
Carmelina Chiara Canta
Ordinaria di Sociologia dei Processi culturali e comunicativi all’Università di Roma Tre
6 Maggio 2020 at 10:47
Mi ha fatto molta sorpresa e gioia stamattina nel leggere questo bellissimo intervento di Chiara Canta sulla religione e il coronavirus. Molto dettagliato, argomentato e ricco di fede, scritto da una donna sincera che ha detto cose molto sagge anche in fatto di fede, oltre che di scienza. Mi pare un’analisi completa in cui ha compreso le diverse situazione con uno spirito analitico, proprio del sociologo, attraverso una presentazione lineare, ragionata e chiara.
Che il Signore l’accompagni e le doni forza sempre maggiore nella sua vita e nella tua carriera. Cordiali saluti e vivissimi ringraziamenti