Come sarà il dopo-virus?
Negli ultimi venti/venticinque anni si sono succeduti governi che, pur di diverso colore, hanno tutti proceduto a tagli della spesa, con il risultato che la Pubblica Amministrazione è ridotta a gestire a malapena la normalità senza un necessario ammodernamento tecnologico e una dotazione di risorse di riserva e di emergenza. Non si è mai voluto capire che la spesa si riduce non con i tagli, ma con una scientifica e razionale riorganizzazione. In particolare si è verificato un pericoloso impoverimento della sanità, che ha accumulato ritardi nell’ammodernamento degli impianti e insufficienza dell’offerta tempestiva di personale e strutture. Con l’arrivo del CoVid19 la classe politica si è trovata ad agire in queste condizioni precarie delle strutture pubbliche. Un aumento improvviso della necessità di interventi ha posto immediatamente in crisi tutti i servizi. La politica della cicala aveva prevalso su quella della formica.
• Con la privatizzazione progressiva della sanità, e a seguito della trasformazione, negli anni 90, delle unità sanitarie locali in aziende sanitarie locali, si è privilegiata l’efficienza a scapito dell’efficacia, la dimensione verticale a scapito di quella orizzontale. Soprattutto la Regione Lombardia ha affidato il sistema sanitario a strutture private che hanno investito sull’eccellenza: si ricavano consistenti guadagni spesso pagati con le risorse delle regioni meridionali, costrette a rimborsare alla Lombardia le spese per cure effettuate negli ospedali della Regione.
• “la strategia economica del just-in-time, sostituendo quella dello stoccaggio, ha lasciato il nostro dispositivo sanitario sprovvisto di mascherine, di strumenti per i test, di apparecchiature respiratorie; questo, unito alla dottrina liberista, che sottomette l’ospedale alla logica aziendale e ne riduce quindi i mezzi, ha contribuito allo sviluppo catastrofico dell’epidemia” (Edgar Morin).
• Il governo, pur avendo dimostrato nel complesso buona volontà e sincerità, non ha sempre avuto la forza di intervento richiesta e si è sentito quindi in dovere e necessità di interpellare in permanenza gli organi tecnico-scientifici, mentre l’opposizione non è stata capace di mettere temporaneamente da parte slogan ed esternazioni più da campagna elettorale che da situazione di emergenza.
• Non è vero che la Costituzione non prevede l’emergenza, sono i governi che non provvedono ad attrezzare i sevizi pubblici di strutture e risorse adeguati.
• L’Europa dal canto suo ha mostrato tutta la sua debolezza e le sue divisioni. Gli egoismi nazionali sono ancora prevalenti, pur se un piccolo sussulto di corresponsabilità c’è stato. Le misure prese però rimangono nell’ambito della normalità dei trattati, senza il minimo tentativo di progettare un futuro più partecipato e consapevole. In particolare è completamente assente in Europa una politica che contrasti il continuo aumento del divario tra ricchi e poveri, sia tra cittadini che tra stati.
• Si è temuto che la criminalità organizzata avesse più occasioni per approfittare di situazioni di disagio del settore economico. Vedremo se i fatti confermeranno questi timori, ma intanto questo è il momento di non lasciare spazi vuoti.
Si è ripetuto più volte che “tutto andrà bene”. Un comico ha parafrasato con “tutto andrà più stretto”, non solo i vestiti, ma anche le possibilità di vita, di movimento, di rapporti.
Non avendo un indovino che ci dica come sarà dopo, cerchiamo di immaginare un quadro economico-sociale in cui si tenga conto di questa drammatica esperienza:
1. Si devono prendere iniziative politiche concrete per far cessare, o almeno interrompere, le guerre. Ricordiamo un passo dell’Orlando Furioso: in un bosco due cavalieri (non ricordo i nomi) si battono perché ciascuno vuole esercitare la protezione di Angelica; mentre lottano Angelica fugge con il cavallo di uno di loro, allora i due smettono di battersi e salgono sull’altro cavallo per inseguire Angelica (“O gran bontà dei cavalieri antiqui!”). Sarà capace l’umanità di compiere un gesto simile?
2. Dovrebbe essere l’occasione per impostare politiche di uguaglianze ed equilibrio sociale, mediante una riforma della fiscalità e dei servizi sociali tesi ad impedire che in qualsiasi situazione di emergenza siano sempre i più poveri ad essere colpiti.
3. Si dovranno recuperare tutte le risorse del Servizio Sanitario che nei decenni passati sono state tagliate, tenendo presente che i mezzi finanziari necessari non piovono dal cielo, ma dovranno essere reperiti ricorrendo anche alla tassazione, lasciando perdere gli slogan sulle tasche degli italiani e sul mito della riduzione delle tasse. In particolare dovrà essere migliorata l’organizzazione territoriale.
4. Provvedimenti strategici dovrebbero essere diretti ad una parziale riconversione della nostra economia in direzione della sostenibilità ambientale e di attività ad alto tasso tecnologico e di conoscenza. La negativa esperienza dell’incapacità di conoscere in tempo i dati epidemiologici ed economici dovrà essere di stimolo per migliorare le conoscenze scientifiche ed essere in grado di prendere provvedimenti tempestivi, specialmente in situazioni di emergenza.
5. Si dovrà recuperare il valore delle scorte, sia di magazzino che di strutture. Non si dovrà più ripetere quello che, in piccolo, succede quando si va a comprare in un negozio a Genova (o anche da altre parti?): non c’è scorta, e se l’unico pezzo in negozio è già stato venduto ti assicurano che “domani arriverà da Milano”. Non so poi come vadano le cose a Milano, perché sembra che la parola scorta sia ormai sconosciuta…
6. Una politica di sostegno alla piccola impresa e alla famiglia (e a chi vuole farsela) dovrà predisporre strumenti di garanzia dei prestiti bancari. Il provvedimento di emergenza disposto in occasione del coronavirus dovrà trovare forma permanente, istituendo uno strumento di tipo assicurativo gestito dall’INPS. A questo proposito in Italia manca un organismo nazionale che gestisca i servizi sociali, liberando l’INPS di queste competenze: analogamente al Servizio Sanitario Nazionale si dovrebbe istituire un Servizio Sociale Nazionale, che organizzi i servizi e le prestazioni, anche di carattere monetario.
Carlo Ferraris – 05/2020