La salvezza viene dal mare
Per la prima volta leggo un libro direttamente dal computer (Giulio Sapelli, Pandemia e Resurrezione, Guerini e Associati, ebook, 2020) e direi che è stata un’esperienza positiva, anche perché si è trattato di un “instant book” con un numero di pagine adatto al tipo di lettura. E’ questo è già un primo effetto della fase che stiamo vivendo. Il libro di Giulio Sapelli affronta diversi temi: il lavoro, le ripercussioni sull’economia circolare, il crack delle borse mondiali e i modelli di risposta alla crisi, la disinformazione sanitaria dell’imperialismo cinese, la cecità delle élite, la rilettura di autori classici come Maurice Godelier e Richard Levins. Riflessioni approfondite da due interventi altrettanto significativi: l’introduzione di Giuseppe De Lucia Lumeno e la post fazione di Alessandro Mangia.
Seguiamo il ragionamento di Sapelli. Il nostro modo di costruire oggi la poliarchia con la separazione degli interessi privati da quelli pubblici e con la prevalenza dell’interesse particolare su quello generale, deve trasformarsi, pena la distruzione della società. La tecnologia, in particolare, deve essere ricondotta al ruolo di supporto al lavoro umano, elemento base del valore di ogni organizzazione. Va ripreso quel concetto di “comunità” enunciato dal pensiero sociologico tedesco tra fine Ottocento e inizio Novecento. Dal lavoro umano associato dovrà sorgere, come già alcune esperienze dimostrano, una sorta di nuova territorialità, contro la delocalizzazione senza regole del passato. Occorre una nuova forma di inter-statualità costituzionale e non funzionalistica come è invece l’Unione Europea. Superare la regolazione neoliberista dell’economia e ridefinire i ruoli delle comunità poliarchiche tra stato e mercato. Il capitalismo finanziarizzato ha trasformato tutti i presupposti della stessa forma politica costituzionale negli stati. L’Unione Europea realizzata non è né federale né confederale, ma funzionalistica col ruolo dominante di una burocrazia trasformata in vera e propria tecnocrazia. E’ sempre sul piano della competizione internazionale tra nazioni che si dipana la vita e la competizione economica. Queste competizioni, anche se si negano ideologicamente, non si fermano neanche di fronte alle epidemie.
Sono più di trent’anni che il WTO non riesce a raggiungere un accordo multilaterale di commercio: le conferenze di Seattle del 1999 e di Cancun nel 2003 si conclusero senza nessun accordo. E’ la discrasia tra super-globalizzazione finanziaria e semi-globalizzazione manifatturiera che crea le crisi mondiali. La pandemia ha aggiunto a tale scenario un’asimmetria imprevista.
Di fronte a questa grave malattia bisogna riconoscere con umiltà che la crescita inarrestabile della globalizzazione finanziaria e della Cina, che a essa è intimamente legata, subiranno una battuta d’arresto, mentre ci sarà un consolidamento del commercio manifatturiero con le attuali regole bilaterali. I prodotti agricoli, da cui deriva il cibo, sono non solo alimenti, ma anche costruttori simbolici che decidono i nostri stili di vita. I simboli hanno un ruolo decisivo nella vita sociale.
E’ la cultura, in senso antropologico, che determina l’economia e le relazioni economiche. La crisi degli universi culturali che il coronavirus sta provocando non potrà non avere effetti anche sulle regole economiche europee. Giulio Sapelli considera il messaggio di “stare a casa” una rinuncia ad utilizzare in primo luogo tutte le potenzialità tecnologiche che abbiamo per vincere il virus senza interrompere la macchina produttiva, distributiva e riproduttiva della società. Il patrimonio italiano si fonda sull’attività interconnessa socialmente di milioni e milioni di persone che vivono ancora gran parte del loro tempo di vita nei luoghi di lavoro. A tale riguardo risulta davvero prezioso l’esempio della Corea del Sud e di Taiwan, profondamente colpite dal coronavirus cinese. Tutte le persone che hanno avuto contatti con gli infettati sono state sottoposte a controlli accurati utilizzando la tracciabilità delle interconnessioni telefoniche wireless e i modelli algoritmici di previsione. Le decisioni sono state prese da un organismo centrale che ha lavorato con una visione di ingegneria sociale unendo sociologia, sapere antropologico e naturalmente sapere medico, che tuttavia non è l’esclusivo punto di riferimento. Alla nuova classe politica italiana, prevalentemente globalista ed eurofila, manca la conoscenza del tessuto sociale del nostro paese che è fatto di migliaia di piccoli e medi comuni e di una miriade di piccolissime attività produttive; molte di esse non possono lavorare in “smart working” ma ancora in fabbrica e negli uffici che andranno continuamente sanificati. Lo slogan doveva essere: “lavorate e vivete in prudenza e sicurezza”.
Le risposte alla crisi sistemica sono differenziate secondo spaccature nazionali e non globaliste. Per non essere sommersi dall’imperialismo cinese bisogna guardare ciò che emerge nelle sue dinamiche interne. La Cina è un regime a capitalismo monopolistico di stato controllato da una burocrazia dittatoriale. Occorre perciò studiare le tesi su cui si fonda il pensiero del nuovo imperatore, Xi Jinping, giunto al potere nel 2012. Con lui la Cina ritorna ad essere ciò che era alle sue origini imperiali: una grande potenza protesa al dominio del mondo.
Sapelli non tralascia di valutare un possibile sbocco drammatico della crisi: l’uscita della Germania dall’euro in modo violento e improvviso.
Per quanto riguarda la discussa questione del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità), che sottrae ai singoli paesi la libertà di scegliere come intervenire sul proprio debito, cita l’opinione del ministro delle finanze tedesco Olaf Scholz secondo il quale esso può essere l’inizio di un’unione bancaria che però non si può costruire senza una Costituzione europea. Opportuna la citazione di Richard Levins. Piuttosto che annunciare il declino irreversibile delle malattie infettive, affermava in tempi non sospetti il docente di Harvard morto nel 2016, dobbiamo renderci conto che ogni grande cambiamento della società – nella popolazione, nello sfruttamento della terra, nel clima, nella nutrizione, o nelle migrazioni – è al contempo un evento sanitario con il suo quadro epidemiologico sempre potenzialmente minaccioso.
L’Europa è in uno stato di pandemia culturale catastrofica. Il processo d’unificazione europea con un progetto sociale solidale e democratico di cooperazione fu quasi immediatamente abbandonato dopo il crollo del Muro di Berlino nel 1989 a vantaggio di un’Europa centralistica basata sul mercato e dominata dai capitali.
Sapelli ha scritto il libro pensando al capitolo ottavo della Lettera ai romani di san Paolo, là dove si dice del gemere del mondo che aspira alla resurrezione nel dolore. Ritengo, sottolinea l’autore, che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. Per la lettura del presente, scrive Giuseppe De Lucia Lumeno, è necessario distinguere la storia di una crisi dal concetto, ben più complesso, di “trasformazione”, che deve essere vista in un’ottica di riconquista dell’essere e della persona. Un mutamento di coscienza, un nuovo stile di vita nel quale la speranza non è un’attesa passiva ma un agire concreto che può portare alla salvezza dell’umanità.
Occorre avere la consapevolezza che il neo liberismo è concluso. La crisi di civiltà è evidente. Occorre combinare l’uguaglianza e la differenza, perché la maggioranza dei Paesi o delle regioni presenta una cultura nazionale molto specifica; la cultura di massa si sviluppa soprattutto dove queste culture sono indebolite, come avviene nelle grandi metropoli. Secondo Alessandro Mangia, mentre nella lotta al terrorismo di matrice islamica vi è stato un processo di unificazione, nell’attuale pandemia l’effetto primo è la rottura e il necessario rallentamento dei rapporti sociali. L’Unione europea è priva di una sua rappresentazione spirituale. I suoi valori sono valori artificiali raccolte in Carte dei diritti ipocrite e velleitarie. La tutela dell’interesse nazionale, o meglio degli interessi delle comunità, sono ancora raccolte all’interno della forma politica dello Stato nazionale.
Il disorientamento attuale dell’Italia, a differenza di Francia, Germania e Gran Bretagna, affonda le sue radici nella crisi istituzionale degli anni 1991-1993 che ha rimosso un’intera classe politica esattamente come è avvenuto nelle democrazie popolari dell’Est Europa. L’Europa non può proiettarsi nel mondo attraverso la forza della finanza, perché la finanza è affare esclusivamente anglosassone; si proietta invece attraverso la produzione e l’esportazione di manufatti e l’accumulo di surplus commerciali, superiori a quelli cinesi. La forza sta nel mare (seenahme), non nella terra (landnahme), questa è la lezione lasciata da Carl Schmitt ai mediocri strateghi di Maastricht. Se ci sarà salvezza, anche per il resto dell’Europa, questa verrà dal mare. Come si può facilmente notare, ognuno dei temi affrontati merita ulteriori approfondimenti critici.
Salvatore Vento