La valutazione prudente di p. Lorenzo Prezzi: “Bose: verso la soluzione” (Settimana news). I commenti (tra loro opposti) di Giuseppe Ruggieri e di Raniero La Valle (citati da Lorenzo Prezzi) in un articolo di Enzo Corlazzoli, su ilfattoquotidiano.it, di alcuni giorni fa. Enzo Corlazzoli scrive di nuovo oggi del caso Bose sul fattoquotidiano.it: “Enzo Bianchi, parla Amedeo Cencini, inviato dal Papa al monastero di Bose: ‘Vicenda non chiara per molti. Siamo ancora all’inizio’”. Fulvio Ferrario, valdese, commenta le parole che Bartolomeo Sorge ha rivolto a Enzo Bianchi in un articolo recente (“Caso Bose, padre Sorge a Enzo Bianchi: accetta questa croce”): “L’autorità nella Chiesa, le forme e i rischi” (Riforma). Andrea Grillo: “Autorità e libertà, all’eccesso: generazione monastica e il caso Bose” (come se non). Luigi Accattoli: “Sto con Larini. E’ necessario conoscere il decreto su Bose” (dal blog). Luciano Guerzoni, “Bose, ‘bene comune’ ecclesiale” (Adista).
12 Giugno 2020 at 10:10
Più ci penso e più mi convinco che il lato più brutto della vicenda non sia nemmeno la sofferenza (credo enorme, immeritata e non passabile sotto silenzio) di Fr. Enzo e degli altri fratelli allontanati dalla “loro casa”, ed anche di quelli rimasti.
Il lato più brutto ecclesialmente e teologicamente pericoloso, e per me più insopportabile, è l’idea che questo intervento sia venuto dalla Santa Sede su un monastero che è ecumenico e che è “la casa” di monaci di diverse confessioni cristiane, tutti legittimi membri a pieno titolo di questa “libera associazione di fedeli” che non si “incastra” in nessun preordinato schema canonico romano (correggetemi se sbaglio). Pensiamoci un attimo: i quattro fratelli allontanati sono cattolici romani, e solo per questo motivo hanno deciso di accondiscendere a una richiesta firmata dalla Segreteria di Stato e “condivisa” dal Papa. Chiediamoci cosa sarebbe successo se uno dei quattro fosse stato non cattolico, e facilmente si vede dove sta la questione.
Ora, il fatto che qualcuno si sia appellato alla Santa Sede (è poi stato così, o le sono solo “giunte voci” che hanno spinto a intervenire senza richieste di parte?) presuppone come lecito l’esercizio unilaterale da parte di Roma di una autorità assai problematica e molto dubbia su una siffatta comunità, e rischia seriamente di mettere la parola fine al sogno concretizzatosi di una comunità ecumenica reale più unica che rara, ad un raro e prezioso cammino ecumenico “fatto di carne e non di carta”, cioè vissuto e non fatto solo di sporadiche tavole rotonde e di commissioni congiunte che emettono documenti.
Cosa si doveva fare di diverso? Personalmente ritengo che qualsiasi decisione disciplinare poteva e doveva essere presa all’interno della comunità, a qualsiasi prezzo.
Prima domanda: il priore, il capitolo, non ne avevano forse l’autorità necessaria per assumere decisioni anche molto pesanti, anche verso il fondatore? Penso proprio di sì.
Seconda domanda: la Santa Sede poteva respingere la richiesta (se richiesta vi è stata) di intervento dall’estrerno? Penso di sì, anzi penso che se avesse avuto a cuore tutto quanto sopra, “DOVEVA” farlo.
Ecco perché il tutto puzza molto di bruciato e di zolfo, persino a me che di natura non ho una mentaità dietrologica. Non posso immaginare che nessuno abbia pensato a quanto sopra; ho quindi il doloroso sospetto che l’intenzione inconfessata sia proprio quella di far implodere Bose (il suo carattere ecumenico intendo) e ricondurla a una configurazione canonica più tradizionale nell’alveo cattolico-romano, annullandone di fatto l’identità che ne giustifica l’esistenza, e quindi condannandola al declino.
Fatico ovviamente ad attribuire questa bruttissima intenzione a Francesco. Ritengo più probabile che semplicemente le cose siano state abilmente rigirate in una forma tale per cui il Papa si sia visto “costretto” ad intervenire -magari per evitare qualcosa di ancora peggiore- pur vedendo la gravità delle conseguenze di quel che stava facendo. Insomma che il papa sia stato in qualche modo “incastrato”.
E’ per me comunque insopportabile l’idea di una Chiesa che non sia capace di tollerare con serenità “forme generate dallo Spirito” che non siano disciplinarmente e canonicamente sotto il suo controllo.
“Avviare processi e non occupare spazi”, è l’idea di Francesco, ma questa vicenda va esattamente nella direzione opposta: la direzione di una Chiesa timorosa del nuovo, del “diverso”, chiusa in difesa, tutta impegnata a controllare, incasellare, tacitare, sopire, smentire…