La rivista culturale dell’Azione Cattolica italiana Dialoghi pubblica a dicembre un editoriale di Mario Brutti (uno dei più autorevoli studiosi di economia e società nell’area cattolica) che traccia un bilancio assai positivo del governo Monti. Quattro i punti essenziali: recupero di capacità decisionale; superamento degli interessi particolari a favore di una visione più dinamica e aperta al bene comune;conseguimento di risultati importanti e necessari sul piano della finanza pubblica; ripristino della credibilità dell’Italia sul piano internazionale. Per continuare su questa strada è necessario recuperare un rapporto tra politica e società ben al di là delle “proposte leaderistiche e personalistiche dalle quali non può nascere un’autentica classe dirigente”. Ciò significa anche “ritrovare i fondamenti di una cultura complessiva capace di leggere i cambiamenti in atto per trarre da questa lettura la capacità di modificare comportamenti stratificati nel tempo, sacrificando la difesa di rendite di posizione alla ricerca delle innovazioni necessarie per un autentico sviluppo sociale”. Mario Brutti mette anche in guardia dal rischio di accettare la diffusione di atteggiamenti demagogici e istinti populisti; e per il futuro dell’Italia nel medio periodo indica la necessità di affrontare quattro sfide. La prima è di concorrere alla costruzione di un’Europa autenticamente federale e proprio per questo più coesa e solidale, “il che comporta un rafforzamento del sistema istituzionale e maggiori opportunità di partecipazione popolare”. La seconda è la necessità di rivedere il nostra assetto statuale eliminando sovrapposizioni e distorsioni e ristabilendo un rapporto positivo tra amministrazione e politica. La terza è di “ridisegnare il nostro sistema di welfare … recuperando elementi di partecipazione e di responsabilizzazione”. La quarta è di contribuire al riposizionamento del nostro sistema produttivo, rileggendo in modo nuovo la nostra irrinunciabile vocazione industriale (“…nuovi modi di internazionalizzazione che non si riducono all’export e alla delocalizzazione, ma si basano su alleanze e partnership”. Brutti rileva che il governo Monti ha dato una lezione di stile e un contributo sul piano del metodo… ”auspicabile premessa di un compito di ricostruzione che gli italiani sapranno fare in proprio”.
Ma naturalmente non tutto il “mondo cattolico” condivide appieno questi giudizi. Il foglio è il mensile “di alcuni cristiani torinesi”. Si definisce così, con umiltà; e si garantisce così una notevole libertà e originalità di espressione, nei temi e nel linguaggio. Sul numero 397 (dicembre 2012) c’è ad esempio un breve editoriale sulla situazione politica “dopo Monti”, con molte domande: si devono tagliare i servizi o le folli spese militari? La società deve garantire chi è capace o chi non può? È priorità il lavoro, che va giustamente difeso, o la liberazione dei più poveri dalla sudditanza al bisogno? Enrico Peyretti, che del giornale è fondatore e direttore, ricorda poi con commozione la figura di Pier Cesare Bori, intellettuale e uomo spirituale di straordinario spessore culturale e religioso, morto recentemente a 75 anni dopo una lunga lotta e dolorosa resistenza al mesotelioma provocato dall’amianto che aveva respirato da giovane a Casale Monferrato.
Di grande interesse non solo per il mondo cattolico e del volontariato, ma anche per gli operatori sociali ed economici è l’intervista dell’economista Stefano Zamagni pubblicata su ItaliaCaritas di gennaio. Il professore denuncia che oggi il “non profit”, sul quale erano state riposte tante speranze di sviluppo sociale ed economico, è in piena crisi. E non per caso: “la politica lo colpisce, non per cattiveria, ma per una deformazione culturale”. Il terzo settore è in una situazione di crollo, provocato dalla crisi economica. Certo, le cooperative sociali hanno aumentato il numero dei lavoratori nell’ultimo triennio: se aumentano i bisogni sociali il “non profit” ha naturalmente più spazio e peso. Tuttavia il governo e l’economia ufficiale non lo valorizzano perché domina una concezione della società basata solo su “Stato e Mercato”. E il terzo settore è in crisi perché i soldi pubblici disponibili sono sempre di meno e calano anche le offerte liberali di cittadini e imprese. Secondo Zamagni la situazione è difficile, ma una soluzione c’è: rinnovare la cultura del terzo settore e rifondarsi sul modello dell’economia civile. Certo: senza fine di lucro. Ma anche il terzo settore deve diventare sempre più produttivo e sviluppare una vera efficiente imprenditorialità sociale. Zamagni conclude l’intervista citando sant’Ambrogio: “felice il crollo se la ricostruzione farà più bello l’edificio”. Oggi “il terzo settore è in una situazione di crollo”, ma la scommessa, anzi l’impegno, è di “trasformare gli operatori sociali, oggi meri esecutori, in imprenditori sociali, cioè in soggetti creativi, liberi. Dal non profit produttivo si devono esigere due cose. Che alla base non ci siano fini lucrativi, cioè non ci sia nessuna ridistribuzione di utili a chi vi opera. E che produca valore aggiunto sociale, cioè utilità sociale”. (a.bert.)