L’autore ha pubblicato questo intervento sul portale landino.it
Il portale www.c3dem.it ha inziaito un dibattito sul futuro del bipolarismo. Ottima idea.
Mi sembra però che si debba partire da una chiara distinzione tra le scelte degli elettori e le regole istituzionali.
Che ci siano delle ondate che mettono in discussione gli schieramenti pre-esistenti, con effetti passeggeri o permanenti, rientra nelle legittime possibilità di scelta. Il punto è come le regole istituzionali debbano rispondere a questa domanda.
Queste spinte sono rivelatrici di fratture sociali stabili, le uniche che giustificherebbero opzioni proporzionaliste, come nella prima fase della Repubblica? Quando le fratture sono stabili, gli elettorati immobili, e quindi quando l’alternanza è improbabile, è logico che si adottino schemi proporzionalistici per imporre di governare stabilmente insieme con formule fisse di grande coalizione o, nel caso in cui esistano partiti impossibilitati ad andare al governo, passando attraverso lo schermo della presunta centralità del parlamento (in realtà dei partiti). Ma le fratture che erano stabili prima del 1989 non ritornano.
Gli elettorati mobili richiedono invece che il loro voto sia decisivo secondo le logiche della democrazia governante, quindi esattamente il contrario. Queste regole le abbiamo per Comuni e Regioni. Si voterà tra poco in Friuli dove centrosinistra, centrodestra e grillini sono quasi alla pari: chi arriverà primo prenderà il Presidente e la maggioranza. Sarebbe senz’altro meglio farlo con doppio turno, come nei comuni, ma è il bene possibile: la frammentazione si ferma alle soglie delle istituzioni, la crisi dei partiti non si converte in crisi delle istituzioni.
Ciò non accade invece sul livello nazionale dove, pertanto, si tratta di perfezionare le regole del bipolarismo, con una sola Camera che dà la fiducia e con una più chiara scelta diretta dell’esecutivo, ad esempio con l’adozione integrale del sistema francese. Hollande al primo turno delle Presidenziali aveva avuto il 29%, come il centrosinistra italiano, ma le regole lo hanno reso immune dal dover contrattare con Melenchon o col centrodestra.
La frammentazione dell’elettorato deve pertanto comportare l’adozione di regole più chiaramente bipolari.
8 Aprile 2013 at 23:18
Caro Stefano, questo commento lo trovi anche su “Landino”.
Condivido il tuo interrogativo sulle “fratture sociali” stabili.
La cui comprensione richiederebbe tuttavia analisi approfondite sui cambiamenti sopraggiunti negli ultimi dieci anni nella “geografia profonda” della società italiana, che in giro non se ne vedono.
Forse l’abusata e fraintesa antropologia meriterebbe di più: cultura capovolta – in termini di norme e valori – rispetto a quella della società dei consumi degli anni passati; comportamenti solidaristici in espansione ; paura del futuro; classi sociali in crisi di identità ; ceto medio in discesa; borghesia laboriosa inesistente; giovani e famiglie in ritirata; moderatismo trasformato in intemperanza arrabbiata; centro politico evanescente e che sbaglia tutto, come dice Casini, perché “…si deve schierare” ; ecc. ecc.
Questi traumatici cambiamenti si riversano a piene mani sulla rappresentanza politica creando, è vero, elettorato a forte mobilità, che però non deve fare pensare a una grande marmellata in continuo rimescolamento.
Sarebbe un grave errore.
Esiste in ogni fase della storia una “necessitata” auto collocazione politica, più o meno di media durata.
Tale autocollocazione nel mentre sul versante delle istitiuzioni richiede, specie in periodi di crisi economica, un restringimento delle possibili opzioni sulla base di un posizionamento sociologico, crea nello stesso tempo i presupposti al bipolarismo politico, ma esprime sotto traccia una esigenza di democrazia più partecipata. Se non deliberativa.
Non vorrei caro Stefano che si facessero analisi solo di ingegneria politica e di procedure, che interessano la democrazia formale. So che non ti attraggono.
C’è dell’altro a mio avviso che interpella il bipolarismo politico .
E che riguarda la democrazia sostanziale. Cioè le attese e i bisogni di una larga base sociale, i suoi valori, che ci portano ad osservare la società tendenzialmente divisa tra gli opulenti e gli indigenti.
Accetta un cordiale saluto, Nino Labate
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