“A che punto è la notte?”. Abbiamo rivissuto tutti la famosa domanda che Dossetti poneva negli anni Novanta, citando Isaia per ricordare Giuseppe Lazzati e riconoscere che l’antico Costituente (poi Rettore della Cattolica e infine fondatore della Città dell’uomo) era stato una sentinella attenta. Aveva riconosciuto la notte (il fascismo, la guerra… ma anche il progressivo disfacimento della democrazia negli anni più recenti). Aveva rifiutato illusioni e facili rimedi fondati sul potere, i privilegi, la manomissione delle coscienze. E aveva indicato la strada della conversione, cioè della ricostruzione di una coscienza, una mentalità, un costume condiviso di giustizia e libertà, di speranza e di impegno solidale.
Anche oggi, di fronte alla notte buia e pericolosa in cui ci troviamo, possiamo cercare qualche luce che indichi il cammino; e infatti ci sono stati dei comportamenti esemplari, nella società e nella politica. Come saremmo noi oggi se non ci fosse stata una storia, delle esperienze e culture e spiritualità che hanno formato negli anni ad esempio uomini come papa Francesco, Giorgio Napolitano, Romano Prodi, Enrico Letta e tantissimi altri, a vari livelli e in diversi campi? Possiamo e dobbiamo dunque domandarci: che fare per il nostro Paese, per oggi e domani? come illuminare il mondo che ci circonda e progettare e costruire una strada verso il futuro? Abbiamo confermato, in questi giorni la consapevolezza che è anche una considerazione generale: le vicende storiche importanti, le crisi e le svolte e le speranze decisive non dipendono tanto dalle superficiali contingenze, errori o scelte felici nei tempi brevi, ma sono determinate e decise, in larga parte, da movimenti e scelte di lunga lena e di largo respiro. Si raccoglie oggi quel che si era seminato, nel bene e nel male, nel tempo passato; e si raccoglierà domani il frutto, buono o avvelenato, che si semina oggi. Perciò oggi, mentre siamo consapevoli di raccogliere (sia nella crisi, sia nelle possibili soluzioni) quel che da tempo fermenta e viene costruendosi nella nostra società nell’impegno culturale, educativo e politico, dobbiamo guardare al domani.
A me sembra che il compito di ricostruzione che abbiamo davanti debba partire da una precisa consapevolezza: che i rapporti tra la società e la politica sono profondamente compromessi, ma debbono e possono essere ricostruiti. Naturalmente non tanto con un’opera di archeologia e di restauro, quanto di rinnovamento e di invenzione.
Ricostruire significa tre cose: a) ritrovare, approfondire e vivere un complesso di valori comuni essenziali sui quali si fonda la fiducia, la solidarietà, il reciproco riconoscimento e dunque una buona convivenza civile; b) elaborare una forma di rappresentanza, delega e partecipazione politica che metta i cittadini in grado di contribuire (nel rispetto delle sensibilità e delle scelte di ciascuno) alle scelte comuni più adeguate per incarnare i valori condivisi e a costruire un progetto sociale e politico complessivamente condivisibile da tutti i cittadini; c) dar vita ad una struttura di governo democratico della realtà nazionale e locale adeguata ed efficace per realizzare insieme, in un giusto mix, anzi in una sinergia di rappresentanza e partecipazione (e pur nell’alternanza delle responsabilità), un patrimonio di valori condivisi in una realtà nazionale e internazionale in continua trasformazione.
Ciò significa costruire oggi le grandi linee di un progetto e un itinerario, ma anche dei soggetti e delle procedure, che possano – nello scorrere dei giorni, nei mutamenti di scenario, di fronte alla irruzione di problemi e di opportunità nuove, via via, con metodo e frutti autenticamente democratici – realizzare concretamente quel progetto, aggiornandolo e implementandolo con ogni nuova speranza e risorsa che si potrà presentare.
Credo che si potrebbe avviare intorno a questi temi-progetti una riflessione e un dibattito molto aperto….
Angelo Bertani
2 Maggio 2013 at 16:35
Pienamente d’accordo sulla esigenza di costruzione del domani attraverso una ricostruzione della convivenza, della condivisione e di una democrazia che renda efficaci tali valori. Credo tuttavia che il nodo da affrontare e su cui si debba misurare la validità delle nostre ispirazioni ideali sia quello della economia da cui oggi siamo condizionati. Stiamo sperimentando i limiti – per non dire il fallimento – del liberismo e della dottrina del mercato che hanno creato forti diseguaglianze nella distribuzione delle risorse e si sono mostrate incapaci di garantire i diritti fondamentali di tanta parte dei cittadini del mondo; abbiamo sperimentato il fallimento del comunismo reale e disumano ed ora si pone l’esigenza di trovare una strada nuova. Per questo abbiamo bisogno di capacità di analisi e di indipendenza da una logica che poggia sul tornaconto di “poteri forti” che inducono alla convinzione che le leggi dell’economia siano immodificabili! Mi pare che nelle dichiarazioni dei politici, anche in quelle di questi giorni, ci si limiti alla presa d’atto della situazione ed all’intenzione di perseguire gli obiettivi della “crescita” e dell'”occupazione” ma ci si muova sempre nell’ambito delle stesse logiche economiche, con spazi, quindi, assai ridotti!