di Emma Nicolazzi Bonati
Sì, vogliamo una vita bella. Dobbiamo sentirci in colpa?
Vogliamo una vita bella. Non una bella vita.
Una vita fatta non di ricchezze, non di certezze. Ma di fiducia, sì. Di opportunità, sì. Di lavoro, pure. Di uguaglianza, tanta.
Una vita su cui non pesi un debito pubblico vicino al 150% del pil.
Una vita in cui la spesa pubblica per l’istruzione non sia tra le più basse in Europa.
Una vita in cui un neonato oggi in Italia nella sua vita non si ritrovi a pagare circa 120 mila euro in più del saldo fiscale ricevuto in dote (dati Il Foglio 29/8/22 – Vincenzo Galasso).
Una vita in cui la crisi climatica sia affrontata come un’emergenza.
Una vita in cui arretrare sui diritti civili non sia uno scenario contemplabile. Solo progredire, per tutti e con tutti.
Una vita in cui essere antifascisti non voglia dire essere di sinistra, di destra, di centro, ma semplicemente cittadini italiani, prima ancora che schierati partiticamente.
Una vita in cui lavorare o studiare fuori sede non sia un ostacolo all’esercizio del diritto di voto.
Una vita in cui la classe dirigente non rediga i programmi delle campagne elettorali sulla base della demografia elettorale, piuttosto che sulla lungimiranza e l’onestà intellettuale. Non la forza del numero, dunque, ma la forza dei valori, oserei dire la forza del futuro, è quella che deve contare.
Una vita in cui la stessa classe dirigente non si rivolga a noi giovani soltanto durante la campagna elettorale, e per giunta trattandoci da infanti, per non dire da stupidi, rincorrendoci su TikTok con video goliardici, come se noi votassimo il politico che meno parla di programmi e più ci fa ridere. Catturateci con le prospettive, non con la minimizzazione. Interessateci con la passione, non con la banalizzazione
Una vita bella. Una vita in cui sentirsi parte integrante della Politica. In cui la Politica ci faccia sentire parte integrante dei suoi processi, dei suoi cambiamenti, delle sue decisioni. Utopia? Forse. Ma una vita bella, in fondo, è anche una vita di sogni, sogni che diventano progetti, progetti che diventano realtà. Lasciateci il diritto di sognare, ci arrogheremo il compito di renderlo un dovere.
Perché fare politica, in fondo, vuol dire occuparsi della vita. Quella quotidiana, ordinaria, abitudinaria. Ma anche quella eccezionale, imprevedibile, emergenziale.
Dalla luce che accendi il mattino al foglio elettorale che inserisci nell’urna.
Che cosa vogliamo noi giovani? Una vita bella. Nient’altro.