Dalle encicliche del Papa, come da tante espressioni presenti nel mondo cattolico, emergono temi di grande rilievo per la politica, ma sono enunciazioni generali, principi, valori, che devono essere tradotti in robuste politiche di dimensioni nazionali e internazionali. sE’ una sfida per i cattolici democratici che debbono contribuire a fondare una solida cultura di sinistra su una base teorica e di valori che non faccia più riferimento al marxismo, che è stata la sua ideologia sostanziale per oltre un secolo
La minaccia espressa da Castagnetti del possibile abbandono della componente cattolica del PD, in caso di uno stravolgimento della sua Carta dei Valori, ha avuto un’ampia diffusione mediatica.
La Carta dei Valori costituisce uno di quei documenti che generalmente vengono espressi nei momenti fondativi e poi vengono accantonati per dedicarsi ai più impellenti e quotidiani problemi politici; è difficile comprendere il perché della decisione di rimetterci mano (se non per una ipotesi rifondativa, inevitabilmente improvvisata) e parallelamente anche della sua critica.
Se si vuole discutere dei fondamenti del PD si presentano problemi di ben più ampia portata, di cui uno primario: il partito è nato dall’incontro di tradizioni culturali e politiche differenti con l’intenzione di dar vita a un’esperienza nuova; che ne è stato?
Sorto in tempi di neoliberismo trionfante, quando si inneggiava alla fine delle ideologie, sono state abbandonate di slancio e con un senso di liberazione le culture comunista, socialista, democristiana, per buttarsi con entusiasmo verso un futuro tutto da ricercare.
Si sono lasciate ricche tradizioni storiche con una grande fiducia in un “nuovo” del tutto indefinito e che nessuno poi si è minimamente impegnato a costruire; nessuna delle componenti originarie, deposte le vecchie culture, ha successivamente prodotto contributi degni di nota e non è sorta nessuna altra realtà produttrice di nuova cultura.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: esistevano una volta partiti dotati di cultura, oggi abbiamo un partito senza una propria cultura di riferimento, su cui sia possibile costruire una politica.
Sembrerebbe lecito pensare che un partito nazionale, che spesso ha assunto responsabilità di governo, che si propone di rappresentare la parte sinistra dello schieramento politico, che deve confrontarsi coi grandi problemi del paese (che spesso coincidono con quelli del mondo) non possa prescindere dall’avere una solida cultura politica costantemente aperta e aggiornata.
Non è certo facile oggi proporsi di elaborare una nuova cultura politica, in un mondo dominato dai “social”, che spingono piuttosto all’appiattimento e alla omologazione.
E d’altra parte l’obiettivo da perseguire si presenta gigantesco: si tratta di fondare una solida cultura di sinistra su una base teorica e di valori che non faccia più riferimento al marxismo, che è stata la sua ideologia sostanziale per oltre un secolo.
Intanto nell’impossibilità di proporre visioni generali, come un tempo, e per superare le difficoltà presenti, un modo concreto di fare cultura potrebbe consistere nel definire, in congressi di idee e non di organigrammi, le politiche che si intendono sostenere su alcuni grandi temi essenziali (pace, economia, lavoro, ambiente…) per un congruo numero di anni a venire: ciò darebbe immediatamente un’idea di quello che il partito intende essere.
Una seconda proposta potrebbe consistere nel riunire un certo gruppo di centri e associazioni di cultura politica che potrebbero impegnarsi a redigere dei programmi politici, a titolo di contributo autonomo, senza un impegno preliminare da parte del partito; nell’autorevolezza di questi programmi dovrebbe consistere la loro efficacia.
Inoltre, un partito deve “pensare insieme”: nei partiti di ieri la visione era comune dal Segretario generale all’iscritto, sia pure in forme e modi diversi.
Così deve essere anche oggi: occorre un gruppo dirigente unito che sostenga la stessa linea (limitando le correnti di solo potere), posizioni ben definite per quanto riguarda i problemi di fondo, un dibattitto aperto in un partito costruito democraticamente (non fatto da dirigenti scelti dall’alto).
In questo contesto anche i cattolici democratici avrebbero spazio e ruolo, solo che intendessero assumerlo (per intenderci, non alla Franceschini, che dopo avere per un infinito numero di anni ricoperto ruoli di responsabilità, afferma oggi che occorre cambiare tutto).
Una volta le posizioni delle singole componenti si esprimevano soprattutto in termini di contrapposizione le une alle altre: ma ora non è più così e il contributo dei cattolici democratici, come del resto quello degli altri, deve essere rivolto a trovare le soluzioni migliori per tutti.
L’esempio viene dall’insegnamento sociale della chiesa (per inciso, proporrei di abbandonare il termine “dottrina sociale”, perché dottrina non è, ma si tratta di orientamenti. Non è una questione secondaria: se è una dottrina si deve seguirla e applicarla, se è un orientamento la responsabilità di ispirarsi per trarne una politica dipende da noi) che, nata a sostegno del movimento cattolico sceso in campo per contrastare le forze avversarie dei liberali e dei socialisti, si è man mano trasformata assumendo dimensioni sempre più evangeliche e aperte, con una visione universale di fratellanza.
Oggi, con Papa Francesco, è chiaramente rivolta a contribuire a un mondo di pacifica e giusta convivenza tra tutti.
Dalle encicliche del Papa, come da tante espressioni presenti nel mondo cattolico, emergono temi di grande rilievo per la politica, ma sono enunciazioni generali, principi, valori, che devono essere tradotti in robuste politiche di dimensioni nazionali e internazionali.
Prendiamo ad esempio il tema della pace, sentitissimo dai cattolici, come dimostrano tante manifestazioni, dalla marcia della pace di Assisi al grande raduno di Roma del novembre scorso.
In queste occasioni si esprimono aspirazioni, aspettative, sentimenti condivisi di “pacificazione”: ma una politica della pace che faccia proposte reali di soluzione per la guerra in Ucraina, che discuta la politica della Nato, che affronti il problema di una convivenza più valida e fruttuosa tra le diverse aree geopolitiche, che sfidi apertamente tutte le tendenze belliciste da qualunque parte provengano, è un’altra cosa ed è su questo che occorre impegnarsi per preparare il terreno a ipotesi di pacificazione.
I cattolici troppo spesso si accontentano di avere dei buoni valori. Questi valori non significano niente se non sono vissuti con impegno e se non si è disposti a lottare per loro.
La democrazia rischia facilmente di assumere un ruolo tranquillante e omeostatico, in quanto costituisce un ambiente dove ci si trova bene, ci consente di vivere liberamente e di esprimere con agio le nostre opinioni.
Ma oggi i problemi da affrontare hanno assunto dimensioni enormi e richiedono il coraggio di scelte trasformatrici radicali, per le quali occorre condurre battaglie serie.
Si sono realizzare storicamente due grandi esperienze politiche dei cattolici nel nostro paese: quella del Partito Popolare di Sturzo, che per la prima volta ha visto l’ingresso dei cattolici in politica, e quella della Democrazia Cristiana di De Gasperi, che ha avuto il merito di affermare la democrazia in Italia.
E nella presente congiuntura storico-politica, qual è il compito dei cattolici democratici?
Ora che siamo entrati in un’era globalizzata, dove i problemi del mondo sono sempre più problemi di tutti, il compito dei cattolici è contribuire a un progetto comune di una società più giusta nell’economia, nel lavoro, nei rapporti sociali, nel rispetto degli esseri umani.
Questo progetto va costruito perché in democrazia le possibilità di cambiamento dipendono dai cittadini, dalle persone, che devono sapere indicare le realtà che vogliono cambiare, elaborare le soluzioni per nuovi modelli di società, sostenerli poi nella loro realizzazione.
O si trasforma la società in una democrazia migliore, nello stesso tempo più diffusa e più avanzata, oppure prevarranno gli individualismi e gli egoismi, assieme ai gradi monopoli finanziari, economici e comunicativi.
Non sono battaglie di poco conto quelle che attendono i cattolici, ma per questo è necessaria una cultura adeguata, che occorre impegnarsi a costruire a partire dalla chiesa, che deve avere più coraggio nell’affrontare la società, come del resto ogni giorno ci sollecita Papa Francesco.
Sandro Antoniazzi
20 Gennaio 2023 at 18:48
le considerazioni qui proposte fanno riflettere sul tema di fondo che si pone come questione non più eludibile
scrive antoniazzi “esistevano una volta partiti dotati di cultura, oggi abbiamo un partito senza una propria cultura”
infatti le vicende degli ultimi decenni pongono una questione non ancora affrontata e non più rimandabile: gli ideali che hanno sostenuto la creazione e la vita dei partiti dell’epoca industriale dalla rivoluzione francese in poi – riassumibili nei progetti liberale e socialista – che da oltre due secoli alimentano la politica hanno finito il loro percorso storico
questo continuo riproporsi del “nuovo partito” come soluzione elude la questione di fondo che impone una discussione e un confronto sulle nuove idee e prospettive etiche e culturali, che l’assetto mondiale richiede;
solo così si potranno elaborare nuovi progetti politici adeguati per un mondo globalizzato;
la guerra in ucraina, con la sua origine nella dura politica per blocchi che caratterizza il declino di quella politica per partiti, potrebbe essere l’occasione che ci fa riflettere, per non ritornare al ricettario, già verificato nella sua storica inadeguatezza, dal vietnam all’afghanistan, della politica della contrapposizione, che induce la guerra come strumento più o meno permanente
1 Febbraio 2023 at 17:16
Seguendo le vicende precongressuali del Pd non vi ritrovo un dibattito che mostri un pluralismo diverso e pertanto più ricco che tra quelli di tradizione della sinistra tradizionale. Mi domando perché i Cattolici democratici sono assenti ? Eppure una loro presenza senza pretese sarebbe indispensabile per dare una visione più composita del Pd. A volte mi domando se non sono stato ingenuo a iscrivermi al Pd . Per come la penso non potevo fare altro per segnare la distanza dalla destra e anche perché non avevo alternative e non ne vedo di potabili tuttora. Sento però sorgere un poco di delusione. Alle regionali voterò Pd e darò la mia preferenza a Davide Casati che sicuramente rappresenta una vera novità.