L’editrice Terra Nuova, con la collaborazione di Atlante delle guerre, Unimondo e Agenzia Italiana Peace-building, pubblica un agile volumetto, “La nuova chiamata alle armi”, che illustra lo stato degli armamenti e della fabbrica di armi nel mondo.
Leggendo questo insieme di dati si ha un’impressione decisamente preoccupante.
Nel 2021 sono stati spesi a livello mondiale 2.113 miliardi di dollari in armamenti, che corrispondono al 2,2% del prodotto mondiale.
In questa classifica dominano gli Stati Uniti che da soli spendono 803 miliardi, seguiti dalla Cina con 293, mentre l’Europa nel suo assieme ne spende 342 e la Russia 66.
Molto attiva è anche l’esportazione: i cinque Stati principali (Usa, Russia, Francia, Cina, Germania) esportano il 77% del totale; l’Italia, con le sue 4.000 aziende del settore non sfigura, collocandosi al 6^ posto.
L’agenzia internazionale SIPRI ha pubblicato nel 2022 un report sulla produzione di armi negli ultimi 10 anni. Ecco i risultati: Stati Uniti 2.880 miliardi di dollari, Regno Unito 481, Cina 381, Russia 356, Francia 277, Italia 179.
Non meno importanti sono le notizie relative alle armi nucleari: le testate nucleari ammontano a 12.705 (in leggera diminuzione rispetto all’anno precedente), di cui 9.440 fanno parte di arsenali militati attivi e 2000 in stato di allarme permanente.
Non c’è certo da stare tranquilli.
La recente contesa riguardante Taiwan ha poi riacceso anche il confronto sul dominio dei mari, perché il mare Indiano e quello del Pacifico Occidentale stanno diventando una nuova area decisiva di scontro tra Cina e Stati Uniti.
In questo breve resoconto ho voluto riportare soprattutto i numeri, perché danno un’immagine immediata della situazione.
Nel libro però si leggono anche altri rilievi e informazioni di sicuro interesse.
La recente decisione della Germania di investire 100 miliardi di euro in armamenti rappresenta uno schiaffo alla Francia che, essendo il paese europeo più armato e l’unico dotato di bombe atomiche, aveva in mente che il futuro esercito europeo si potesse costruire sul suo modello e sulla sua leadership.
L’Africa, che registra una spesa modesta, sta anch’essa prendendo la strada del riarmo: basti pensare alla Nigeria che, per contrastare le bande islamiche di Bobo Haram, ha messo in bilancio 4,5 miliardi di spesa in armamenti.
Una notizia particolare interessa l’Italia, grande produttrice di armi per la caccia (Beretta e Fiocchi, per citare le fabbriche più note): in Indonesia, Yemen Siria è stato denunciato l’uso di queste armi per scopi militari e polizieschi, aggirando i veti legislativi.
In conclusione, il mondo delle armi viaggia col vento in poppa e le notizie per lo più si fermano al 2021, non tenendo conto della spinta derivata dalla guerra in Ucraina (che fra l’altro ha portato i paesi NATO a decidere di portare la loro spesa militare almeno al 2% del Bilancio).
Si fanno tanti appelli per la pace e i cattolici sono spesso in prima fila a sostenere questa denuncia ideale: ma come non prendere atto che, mentre si continua a manifestare per la pace, la possente macchina bellica continua a procedere imperterrita producendo sempre più armi e rafforzando gli eserciti e il potenziale militare?
Franco Stella