di Sandro Antoniazzi
Gli atti atroci compiuti da Hamas in Israele non possono avere nessuna giustificazione, certamente non etica, ma neppure politica.
Sono azioni barbare che qualunque lotta, anche la più giusta e proprio perché giusta, non deve accettare.
Anche il solo fatto di usare crimini disumani getta un’ombra di disumanità sulla stessa causa per cui si combatte, rendendola inaccettabile alla comunità umana.
I molti che erano a favore dei palestinesi in questi giorni sono in difficoltà e pronti a solidarizzare con Israele per le perdite umane che ha avuto.
E poi Hamas dovrebbe sapere che chi pagherà i costi maggiori di questa azione sarà il popolo -come già sta avvenendo – di cui si sostiene portabandiera.
E’ bene però richiamare i fatti: i morti civili dichiarati di parte israeliana ammontano a 1.300, mentre alle ore 13 di oggi (sabato 14 ottobre) quelli palestinesi hanno già superato i 2.000, ma stasera saranno almeno 2.500, e poi 3.000, e poi 4.000 e così avanti.
Nessuno dei vari governi che si sono mossi ha cercato di fermare Israele, anche se questa appariva la cosa più logica da fare per evitare un massacro.
Tutti si sono schierati dietro una dichiarazione apparentemente neutra, ma dalle conseguenze catastrofiche: Israele ha diritto a reagire, ma in forma proporzionata.
Ma chi sa dire che cosa significhi “reazione proporzionata”?
Parrebbe “accettabile” colpire gli uomini di Hamas, ma certamente questo non è realizzabile coi bombardamenti indiscriminati, che è difficile che colpiscano i militanti, mentre è sicuro che colpiscano i civili.
Per colpire gli uomini di Hamas, razionalmente, l’esercito dovrebbe entrare in Gaza e i soldati dovrebbero cercarli casa per casa, ma naturalmente questa azione è molto rischiosa e comporta la perdita di altre vite umane da parte israeliana; è dunque difficile che avvenga.
E’ più probabile attendersi invece un’opera di distruzione coi bombardamenti prima, coi carri armati dopo.
Non si può a riguardo dimenticare il passato, che è una storia di veri soprusi da parte di Israele: dal 2008 ad oggi i civili palestinesi uccisi sono stati 6.407 contro 308 israeliani.
I cosiddetti “coloni” (armati e sostenuti da Israele) solo questo anno hanno occupato illegalmente 13.082 territori in Cisgiordania.
Israele è una democrazia, però è una democrazia ben limitata, se tiene un intero popolo in condizioni di vera schiavitù (non ha deciso in questi giorni di non far avere cibo, acqua e luce agli abitanti di Gaza?!).
E’ dalla nascita di Israele che la comunità internazionale non solo non ha saputo trovare una soluzione alla Palestina, ma nemmeno si è impegnata a cercarla (se si fa eccezione dell’accordo Arafat-Rabin, subito fermato per l’assassinio di questo).
Certo che, se il maggior sostenitore di Israele, gli Stati Uniti, invece di frenare Israele, non trova di meglio che chiedere agli Stati arabi di ospitare i profughi di Gaza, non andiamo bene: invece di tentare di riportare Israele a una posizione ragionevole, si addossano agli Stati arabi nuovi pesi e problemi.
Occorre chiedere che finiscano le ostilità al più presto (come lo si deve chiedere per l’Ucraina), ma se vogliamo che queste atrocità e queste guerre non si ripetano, allora è necessario che dalla parte di tutte le forse interessate ci si assuma l’impegno di trovare finalmente una soluzione duratura e stabile per il popolo palestinese.
Una soluzione condivisa per la Palestina costituisce la maggior garanzia di sicurezza per Israele perché tutti i paesi si troverebbero concordi nel sostenerla e difenderla.
Noi non siano per Israele contro la Palestina o per la Palestina contro Israele; siamo amici di tutti e due i popoli e dobbiamo operare perché si creino le condizioni per una convivenza possibile.
Conclusa questa brutta vicenda, occorre che ci si metta subito d’impegno per rimettere la Palestina al centro del dibattito e dell’azione politica internazionale, con la volontà di arrivare a una conclusione.
17 Ottobre 2023 at 13:01
E’ orrenda questa contabilità delle morti che fa l’articolo. E surreale poi cercare di trovarvi un significato: che significa che i morti israeliani il 7 ottobre sono stati 1300 mentre i morti palestinesi sono stati 2000 e potrebbero ancora crescere ? Questo significa che Israele ha torto ? Che significa che i morti palestinesi dal 2008 sono stati 6407 contro i 308 israeliani, sarebbe questo il “vero sopruso ? Dimenticando che nelle guerre precedenti le città israeliane colpite dai razzi di Hamas, che le bersagliavano in modo deliberato, erano protette dal sistema antimissile. Poi c’è la “perla” che i morti civili israeliani sono quelli “dichiarati”: forse si vuole mettere il dubbio che non siano reali ? Ma soprattutto, come si fa a equiparare queste forme di violenza, come si fa a mettere sullo stesso piano civili uccisi a sangue freddo nelle loro case, bambini uccisi nelle culle, ragazzi che assistevano a un concerto, con le vittime di bombardamenti mirati a uccidere le basi terroristiche di Hamas a Gaza, e che provocano anche vittime civili, perchè i missili non colpiscono in modo preciso al centimetro ? Non si può dire la cosa (falsa) che i bombardamenti israeliani su Gaza sono “indiscriminati”.
E’ surreale dire che i paesi occidentali avrebbero dovuto cercare di fermare Israele, cioè avrebbero dovuto fermare la risposta all’attacco terroristico più grave degli ultimi decenni, una risposta che mirava a eliminare l’organizzazione terrroristica responsabile di tali attacchi. Quello che sta facendo Israele è dal diritto internazionale considerato “legittima difesa”, che rappresenta un insopprimibile diritto di uno Stato attraverso il quale viene garantito il suo diritto alla sua sopravvivenza. La finalit‡ della legittima difesa è mantenere lo status quo, respingendo
un attacco in corso o prevenendo futuri attacchi, non ha quindi carattere
punitivo: questo è ciò che distingue la legittima difesa (legittima) dalla rappresaglia
armata (illegittima). La comunità internazionale fa benissimo a chiedere a Israele che la sua risposta rimanga all’interno di quanto previsto dal diritto internazionale.
La vicenda di questi giorni si inserisce in una storia molto complessa e contraddittoria, che non si può semplificare con qualche frase-slogan, e con molte amnesie: come dimenticare che la proposta di divisione della Palestina del 1947 venne accettata dagli ebrei, e rifiutata dagli arabi, che invece di cercare la pace attaccarono Israele cercando di distruggerlo ? Come dimenticare l’odio che la gran parte degli Stati arabi ha nutrito, e in parte nutre ancora, nei confronti di Israele ? Come dimenticare il terrorismo palestinese, che ha fatto migliaia di morti, colpendo civili innocenti anche in Italia, fino a oggi ? Come dimenticare la storia degli accordi di pace, l’ultimo quello proposto da Clinton nel 2000, che venne accettato dal governo israliano, e rifiutato da Arafat. Se si dimenticano tutte queste cose, è evidente che non si riesce ad avere una posizione equilibrata. Per una settimana, dopo gli attacchi terroristici di Hamas, si è scelto il silenzio. Si interviene invece adesso, si ritrova la voce solo adesso, quando Israele reagisce. L’equidistanza tra le parti che questo articolo invoca allora è solo apparente. E questa parzialità è inaccettabile.
PS i coloni israeliani nel 2023 non hanno “occupato 13.082 territori” come dice l’articolo, ma hanno costruito 13 mila case. E’ un po’ diverso.
18 Ottobre 2023 at 14:26
E’ orrenda questa contabilità delle morti che fa l’articolo. E surreale poi cercare di trovarvi un significato: che significa che i morti israeliani il 7 ottobre sono stati 1300 mentre i morti palestinesi sono stati già 2000, e potrebbero ancora crescere di numero ? Questo significa che Israele ha torto ? Che significa che i morti palestinesi dal 2008 sono stati 6407 contro i 308 israeliani, sarebbe questo il “vero sopruso” di Israele ? Dimenticando che nelle guerre precedenti le città israeliane, colpite dai razzi di Hamas, che le bersagliavano in modo deliberato, erano protette dal sistema antimissile israeliano che ha ridotto il numero delle vittime. Poi si dice che i morti civili israeliani sono quelli “dichiarati”: forse si vuole mettere il dubbio che non siano reali ? Ma soprattutto, come si fa a equiparare queste forme di violenza, come si fa a mettere sullo stesso piano civili uccisi a sangue freddo nelle loro case, bambini uccisi nelle culle, ragazzi che assistevano a un concerto, con le vittime di bombardamenti mirati a uccidere le basi terroristiche di Hamas a Gaza, e che provocano anche vittime civili, perché Hamas usa i civili palestinesi come “scudi umani”, e perchè i missili non colpiscono in modo preciso al centimetro ? Non si può dire la cosa (falsa) che i bombardamenti israeliani su Gaza sono “indiscriminati”. E i coloni israeliani nel 2023 non hanno “occupato 13.082 territori” come dice l’articolo, ma hanno costruito 13 mila case. E’ un po’ diverso.
E’ surreale dire che i paesi occidentali avrebbero dovuto cercare di fermare Israele, cioè avrebbero dovuto fermare la risposta all’attacco terroristico più infame e più grave degli ultimi decenni, molto peggio dell’11 settembre, una risposta quella di Israele che mira a eliminare l’organizzazione terroristica responsabile di tali attacchi (Hamas). Quello che sta facendo Israele è considerato dal diritto internazionale “legittima difesa”, che rappresenta un insopprimibile diritto di uno Stato attraverso il quale viene garantito il suo diritto alla sua sopravvivenza. Lo scopo della legittima difesa è di mantenere lo status quo, respingendo un attacco in corso o prevenendo futuri attacchi, e non ha quindi carattere punitivo: questo è ciò che distingue la legittima difesa (legittima) dalla rappresaglia armata (illegittima). La comunità internazionale fa benissimo a chiedere a Israele che la sua risposta rimanga all’interno di quanto previsto dal diritto internazionale.
La vicenda di questi giorni si inserisce in una storia molto complessa e contraddittoria, che non si può semplificare con qualche frase-slogan, e con molte amnesie: come dimenticare che la proposta di divisione della Palestina del 1947 venne accettata dagli ebrei, e rifiutata dagli arabi, che invece di cercare la pace attaccarono Israele cercando di distruggerlo ? Come dimenticare l’odio che la gran parte degli Stati arabi ha nutrito, e in parte nutre ancora, nei confronti di Israele ? Come dimenticare il terrorismo palestinese, che ha fatto migliaia di morti, colpendo civili innocenti anche in Italia, fino a oggi ? Come dimenticare la storia degli accordi di pace, l’ultimo quello proposto da Clinton nel 2000, che venne accettato dal governo israliano, e rifiutato da Arafat ? Se si dimenticano tutte queste cose, è evidente che non si riesce ad avere una posizione equilibrata. Per una settimana, dopo gli attacchi terroristici di Hamas, si è scelto il silenzio. Si interviene invece adesso, si ritrova la voce solo adesso, quando Israele reagisce. L’equidistanza tra le parti che questo articolo invoca allora è solo apparente. E questa parzialità è inaccettabile. C’è una necessità morale da parte di Israele di difendersi. Di sconfiggere, annientare Hamas. E deve esserci un modo per farlo senza provocare massacri di innocenti. Perchè non è con la vendetta che si può realizzare quella necessità morale di difesa e di giustizia.
Il conflitto in Medio Oriente è estrememente complesso, difficile da decifrare, malgrado le schiere delle tifoserie da stadio pronte a dipingere tutto di bianco o di nero.