La povertà in Italia è un fenomeno strutturale: un residente su 10 vive, secondo l’Istat, in una condizione di povertà assoluta; non ha cioè risorse economiche per acquistare beni e servizi essenziali per la sopravvivenza. Un altro dato ci viene fornito dall’Istituto di statistica della Unione Europea che pone l’Italia tra i paesi europei messi peggio: almeno il 63% delle famiglie fatica ad arrivare a fine mese. Certo le disuguaglianze si distribuiscono differentemente sul territorio italiano, con una maggiore concentrazione al sud. Ma anche in una città come Parma si assiste al fenomeno di impoverimento generale che da diversi anni ha investito il nostro paese e che è stato solo parzialmente mitigato da misure di sostegno al reddito (reddito di inclusione prima, reddito di cittadinanza poi), poi di nuovo accelerato dalla pandemia ed ora da una politica miope che ha portato con la revisione del RdC alla conseguente esclusione di tanti beneficiari. Non dimentichiamo poi la guerra in Ucraina, nel cuore dell’Europa, che ha determinato una situazione di emergenza come mai si era vista nel continente europeo dopo il secondo conflitto mondiale. Situazione che ha prodotto e sta ancora adesso producendo una serie di conseguenze misurabili non solo sul piano umanitario (pensiamo ai tanti cittadini ucraini che sono giunti anche nella nostra provincia), ma anche su quello del tenore di vita e delle condizioni socio-economiche delle famiglie – nel nostro paese – per l’impatto che l’aumento dei costi energetici e dei prezzi al consumo ha avuto sul bilancio familiare, ancora più pesante per quei nuclei a basso reddito o a reddito fisso, che non sono in grado di incrementare le proprie entrate economiche.
Oggi non si impoveriscono solo gli esclusi dallo sviluppo. Ci sono infatti diversi tipi di povertà e tanti modi di rappresentarla. Poveri sono quelli che non possono lavorare, quelli che potrebbero ma non hanno lavoro, quelli che hanno lavoro ma con orari ridotti e salari talmente bassi da non essere sufficienti. Lo sanno bene i volontari di Emporio Solidale che a Parma incontrano quotidianamente tante famiglie. Famiglie che hanno trovato, in quel luogo, un valido sostegno per rispondere a un bisogno primario, quello alimentare ma dove hanno anche trovato, grazie ad altri piccoli ma significativi aiuti (sportello lavoro, consulenza e assistenza legale, orientamento ai servizi, distribuzione di vestiario, materiale scolastico, giochi e attrezzature per bambini) un importante supporto alle proprie fragilità personali e difficoltà socio-economiche. Emporio è un osservatorio importante sull’area della povertà – per l’elevato numero di famiglie che nei 13 anni di attività ha incontrato e che ha permesso di leggere, seppure in una dimensione non statistica – ma fatta di relazioni, accoglienza, incontri e erogazione di aiuti materiali – l’evoluzione del fenomeno della povertà a Parma, che conferma quanto ci dicono le statistiche a livello nazionale: la curva della povertà si accresce e si compone di vecchie e nuove povertà, quella delle persone sole, ai margini (che permane) ma anche quella di nuclei famigliari giovani o di immigrati con almeno due figli e con un solo reddito, in difficoltà a garantirsi i beni essenziali (cibo, casa, gas, luce..). Sono circa 1700 i nuclei seguiti ad oggi da Emporio, pari a 5000 persone. Significativa è la presenza di nuclei monogenitoriali (266) composti cioè da madri (quasi esclusivamente), e da figli minori a loro totale carico, con lavori spesso a tempo determinato, impiegate in imprese di pulizia o nel settore della cura della persona. Anche gli anziani soli (174) rappresentano un target significativo: senza famigliari cui potersi appoggiare, affetti da disturbi cronici, sono costretti a ridurre al minimo le spese per le utenze o per beni che hanno imparato a considerare “superflui”. La guerra in Europa ha portato anche tante famiglie ucraine (inizialmente 300). Ad oggi ne sono rimaste 104. E poi ci sono le famiglie numerose, prevalentemente immigrate, dove c’è un solo reddito in famiglia, un affitto sul mercato che si fatica a pagare, le spese per il mantenimento dei figli e delle persone conviventi che non possono o non riescono a trovare lavoro.
Inizialmente l’obiettivo di Emporio era quello di sostenere le famiglie per il tempo necessario a superare una situazione di indigenza “temporanea”, a trovare lavoro e migliorare le proprie condizioni di vita. Da tempo però, ormai, si registra una permanenza nel circuito di Emporio di nuclei che rimangono in condizioni di povertà per lungo periodo, e faticano a uscirne. Perché il lavoro manca o se c’è è precario/stagionale/ part time/con salari bassi. A breve anche per tante famiglie di Parma, italiane e straniere da tempo residenti, verrà meno il beneficio del Reddito di Cittadinanza, cosa che causerà un loro ulteriore impoverimento. Sono queste le situazioni personali e familiari, molto articolate e complesse, che giungono ad Emporio e alle quali i volontari fanno quotidianamente fronte. Volontari che spesso sono “esposti” a vissuti di sofferenza, rassegnazione, rabbia di chi si trova in difficoltà e cerca aiuto, sostegno e una risposta, seppure parziale, ma molto importante, alla propria condizione di indigenza. Emporio, in questo senso può definirsi una realtà collettiva fatta di volontari, ma anche di una rete di associazioni e aziende che con le loro donazioni e contributi possono mitigare una condizione generale e significativa di povertà che si registra anche sul nostro territorio.