Salmi, parola per il nostro tempo

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La preghiera dei salmi.

di Sandro Antoniazzi

 

Introduzione.

 

I salmi non sono una raccolta occasionale di preghiere, ma un vero e proprio libro; gli ebrei lo definiscono libro di inni, di lodi (Tehfillim): è come una sintesi di tutta la Bibbia.

Come si può leggere nelle soprascritte, molti salmi sono attributi a Davide; è da ritenere che pochi siano effettivamente opera sua, ma di Davide è l’ispirazione non solo di molti salmi, ma si può dire dell’intero salterio.

E’ interessante notare che mentre i salmi venivano sovente recitati e cantati nel tempio, Davide è vissuto quando il tempio non era ancora stato eretto; dunque qualche salmo potrebbe essere anteriore.

La loro lettura sorprende non poco il cristiano di oggi: siamo abituati a preghiere tranquille, che parlano solo di cose spirituali e così il linguaggio dei salmi può dare fastidio al nostro quieto vivere. I salmi non sono certo la preghiera di una chiesa soddisfatta e trionfante.

Nei salmi è presente la condizione degli uomini nella sua interezza, espressa di frequente in toni estremamente radicali: un biblista dice che partono dalla polvere.

E ciò deriva anche dal fatto che il salmista parla con libertà, dimostrando un’aperta confidenza con Dio, cui si rivolge a tu per tu, come un rapporto tra adulti.

D’altronde Dio non si è scelto un popolo perché fosse passivo, ma perché dialogasse e i salmi sono appunto un’espressione di questo dialogo tra l’uomo e Dio.

Si può però dire che, dopo la distruzione del Tempio e l’esilio, le preghiere siano diventate più spirituali.

Le preghiere sono prevalentemente di carattere individuale, ma si tratta di un “io” che ha ben presente la comunità, che conosce profondamente la tradizione, che frequenta il culto comune: queste stesse preghiere individuali erano poi cantate nelle assemblee religiose.

La lode più grande è infatti quella espressa nell’assemblea: in alcuni salmi l’orante promette di cantare le lodi nell’assemblea, proprio come massima espressione di riconoscenza.

Se i salmi sono preghiere individuali si può pensare che l’iniziativa sia partita da un singolo, ma i salmi sono stati poi rielaborati e messi per iscritto da sacerdoti del tempio (salmi levitici) o da funzionari di corte (salmi davidici), le due categorie che costituivano gli “intellettuali” del tempo.

Nei salmi sono presenti contrasti, lotte, lamentele, pericoli; l’uomo è costantemente minacciato da malattie, anticamera della morte. La stessa fede rischia di essere cancellata dagli empi.

Contengono anche imprecazioni e maledizioni, che esprimono crudamente la realtà della vita umana, però va tenuto presente che si demanda a Dio il compito di fare giustizia, escludendo le vendette personali.

Quando si afferma l’auspicio che scompaiano gli empi e i peccatori dalla terra, si deve pensare a un mondo riscattato dal Signore dove non esistano più né empietà né peccato e di conseguenza neppure gli empi e i peccatori.

Il libro dei Salmi, fatto che noi trascuriamo, consta a sua volta di cinque libri, che presentano dei caratteri differenti.

I primi due libri (1-41 e 42-72) sono raccolte di salmi davidici dove prevale la supplica: nel primo è molto presente anche il contrasto fra il giusto e l’empio, nel secondo è presente la supplica, ma anche la lode.

Nel terzo (73-89) domina il lamento, mentre il quarto (90-106) contiene i salmi del regno, che sono già un inizio di lode.

Infine, nel quinto libro (107-150) esplode la gioia e la lode attraverso prima i canti delle salite, cioè dei pellegrinaggi a Gerusalemme (120-134) e poi le raccolte degli Hallel: il Grande Hallel (135-136), l’Hallel egiziano (113-118) e il Piccolo Hallel (146-150).

C’è quindi una progressione: dalla manifestazione del bisogno e dei problemi per chiedere l’aiuto al Signore, ai salmi finali che esprimono ciò che c’è di più importante nel rapporto con Dio, l’espressione di lode.

 

La tipologia dei salmi.

 

I salmi vengono spesso distinti per la loro tipologia; se ne distinguono quattro principali: supplica, lamento, ringraziamento e lode. Però i due fondamentali sono la supplica e la lode che insieme sono detti rappresentare la totalità del salterio. Esistono poi altri generi minori: regali, penitenziari, sapienziali, creazionali, storici, di vendetta.

 

La supplica è diffusa un po’ in tutto il salterio. Sono molti i motivi per supplicare: una situazione di peccato e la richiesta di perdono (il salmo più famoso a riguardo è il Miserere di Davide – Salmo 51); la malattia e l’eventuale guarigione (la malattia era vista legata al peccato e come una prefigurazione della morte); un’accusa ingiusta (per la quale si ricorreva ai sacerdoti per un verdetto); la ricerca d’asilo nel tempio (era un rifugio sicuro e inviolabile per una persona perseguitata).

A volte, alla supplica segue immediatamente il ringraziamento, senza che risulti una risposta. Può darsi che la risposta ci sia stata, senza essere riportata, oppure il ringraziamento è stato anticipato (ciò che capita anche a noi a volte).

Mentre i salmi storici raccontano i prodigi compiuti dal Signore in passato (soprattutto la liberazione dall’Egitto, l’Esodo e il dono della Torah) i salmi di supplica prendono atto che non è più tempo di prodigi, ma tempo di crisi (aggravata dalla distruzione del tempio e dall’esilio) e per questo domina l’angoscia e la supplica.

I poveri di Dio, gli umili che pregano, gli anawim, sanno che la loro unica salvezza sta nella misericordia di Dio a cui si rivolgono fiduciosi con la loro preghiera.

Nelle preghiere di lamento l’orante getta addosso a Dio le sue pene e sofferenze, e anche le infedeltà e i tradimenti; viene spesso proposto un confronto col passato, ma per mettere in luce la gravità del presente.

“Ripenso ai giorni passati,

ricordo gli anni lontani…

Ricordo le gesta del Signore”           (Salmo 77)

“Hann ridotto in macerie Gerusalemme…

Giunga fino a te il gemito dei prigionieri

fa ricadere sui nostri vicini sette volte

l’affronto con cui ti hanno insultato.

Fino a quando, Signore?        (Salmo 79)

Un interrogativo che torna spesso è proprio questo: fino a quando?

Fino a quando Signore rimarrai muto, inerte, invece di muoverti e di intervenire a difesa del tuo Nome e del tuo popolo? Questo è il lamento fondamentale.

Il ringraziamento, come abbiamo visto, è spesso associato alla supplica e, quando è sincero, vale più del sacrificio (di un animale).

Dei salmi regali, in cui il re è considerato il rappresentante di Jahvé presso il popolo, si può richiamare che una volta scomparsi i re (dopo l’esilio) questi salmi sono stati considerati salmi messianici rivolti al futuro.

Ma è indubbio che un ruolo primario lo rivestono i salmi di lode, che comprendono molti inni magnifici.

La lode è l’inizio e la fine di ogni preghiera, è la migliore supplica, la lode è in terra ciò che più avvicina all’eternità.

La lode è una comunione (ne abbiamo uno splendido esempio nel Nuovo Testamento nell’incontro di Maria con Elisabetta: entrambe ripiene di Spirito Santo esprimono delle lodi stupende, fra cui il Magnificat di Maria. Subito dopo Zaccaria profetizza recitando il Benedictus); infatti la lode più alta è quella del popolo riunito in assemblea.

Anche questo motivo fa capire perché il salterio sia attribuito all’ispirazione di Davide: Davide è il simbolo della lode e così tutto il salterio acquista un significato messianico.

 

I temi dei salmi.

Sono presenti nei salmi dei temi che ricorrono in modo prevalente, rappresentandone il messaggio teologico.

Un primo tema è quello del male e del peccato. La causa del male è più profonda di ogni spiegazione.

Il peccato è in parte un’azione colpevole e in parte una fatalità (“Nessuno davanti a te è giusto” – salmo 143).

L’uomo è più debole del male, ma Dio è più forte del male. In questo sta il motivo della fiducia nel Signore.

L’uomo è debole e se perde il rapporto con Dio diventa un non-uomo, ma è proprio dell’uomo debole che si interessa il Signore. L’uomo debole, il povero, è quello che si affida alla cura di Jahvé; può non possedere nulla, se non la speranza nel Signore.

Nel salmo 8 l’uomo appare come l’ultimo essere nella creazione (“Cos’è l’uomo perché te ne curi?”), ma nello stesso tempo è il primo nella redenzione, perché a lui il Signore ha affidato il creato.

La qualità che maggiormente emerge di Dio è la sua misericordia (hesed), parola che appare infinite volte nel testo; spesso si accompagna alla fedeltà e insieme definiscono bene l’atteggiamento del Signore (una fedeltà misericordiosa).

Il Signore, dunque, è misericordioso e fedele, fedele verso il suo popolo (che si è scelto) anche quando questo è infedele; la fedeltà contraddistingue la relazione col suo popolo.

Per questo è così importante per il popolo ebraico la propria storia, perché è nella storia che ha incontrato il suo Dio, particolarmente nell’esperienza dell’Esodo e nella promessa fatta a Davide e alla sua discendenza.

E’ la rivelazione nella storia, esperienza dell’incontro con Jahvé, che porta alla consapevolezza che la creazione è opera di Dio. Così la creazione appare nei salmi come teatro delle meraviglie compiute dal Signore, pur essendo spesso luogo di lotte e di conflitti.

Un altro tema importante è quello della vita; gli ebrei non credevano in una vita nell’al di là. Pensavano a una vita felice in questo mondo e infatti una vita lunga era considerata un segno di benedizione divina.

Molte delle angosce e paure espresse dagli ammalati sono determinati dalla preoccupazione di perdere la vita che è il bene più prezioso; per questo ci si rivolge a Dio che è la sorgente della vita.

Ma l’uomo deve sapere che “la grazia vale più della vita” (salmo 63,4)

E soprattutto l’anziano deve imparare a contare i propri giorni.

“Insegnaci a contare i nostri giorni

E giungeremo alla sapienza del cuore”       (salmo 90,12)

La vita è importante, ma al di sopra sta il rapporto con Dio, la vicinanza con lui (“Il mio bene è stare vicino a Dio” – salmo 73,28).

Per questo è necessario avere il timore di Dio, fondamento di ogni sapienza; timore di Dio che significa la coscienza della nostra infinita piccolezza di fronte all’immensità di Dio, in cui solo possiamo riporre fiducia.

Infine, i salmi ci dicono come ci sia un luogo prediletto dal Signore sulla terra: si tratta di Sion, di Gerusalemme.

E’ Lui che si è scelto Sion come sua dimora per abitarci e per essere presente in mezzo al suo popolo.

Il salmo 132 costituisce il fondamento di questa elezione:

“Il Signore ha scelto Sion,

l’ha voluta per sua dimora

Questo è il mio riposo per sempre,

qui abiterò perché lo desidero”.

A Gerusalemme tutti i fedeli salgono almeno una volta all’anno per pregare nel tempio, come raccontano i bellissimi salmi delle ascensioni – salite (salmi 120-134).

Ed è solo a Gerusalemme che si può pienamente lodare Dio; il salmo 48,2 riporta che Jahvé è “lodabile molto in Sion” e questo significa che lo si può lodare di più (meglio) che altrove.

In Sion sono le sorgenti della vita spirituale, ogni fedele è come se fosse nato là. “Il Signore scriverà sul registro dei popoli, questo è nato là” (salmo 87,6).

Sion, in quanto casa del Signore, veniva considerata inespugnabile, mito che una volta distrutto il tempio si è trasformata in una speranza di una futura nuova e definitiva Gerusalemme, una Gerusalemme celeste.

Gerusalemme è anche il luogo dove si esprime l’amore di Dio per il suo popolo, dove si manifesta pienamente che Jahvé è il Dio di Israele e che Israele è il popolo di Jahvè.

Gli ebrei pensavano che lo sterminio del popolo mettesse in forse la stessa immagine di Dio, essendo il suo popolo; per questo le sconfitte dei loro regni venivano vissute come una provocazione nei confronti di Dio, un’offesa fatta a lui.

Da qui il grido verso il Signore: perché non intervieni? Perché li lasci fare? fino a quando?

Diversi salmi esprimono questa invocazione.

“Ricorda: il nemico ha insultato Dio

Sorgi Dio, difendi la tua causa”    (salmo 74)

 

I salmi nel Nuovo Testamento.

Appare dal Vangelo che Cristo pregava i salmi e così facevano gli apostoli, che erano ebrei e frequentavano il tempio come tutti; che Gesù pregasse i salmi significa che ha fatto propria la preghiera degli uomini.

I salmi sono citati più volte nel Vangelo, negli Atti degli apostoli e nelle Lettere di S. Paolo.

Negli Atti (13,3) viene citato anche un salmo preciso, ”nel secondo salmo”, mentre Luca (20,42) cita una discussione tra Cristo e gli scribi “Poiché Davide stesso dice nel libro dei salmi” e alla fine del suo vangelo, in un’ultima apparizione agli apostoli, Cristo pronuncia un’affermazione decisiva “Bisogna che si compia tutto quello che è stato scritto di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi” (24, 44).

San Paolo alle assemblee dei fedeli, agli Efesini e ai Colossesi, raccomandava di cantare a Dio “salmi, inni e cantici”, perché in essi risuona la Parola di Cristo.

Ma soprattutto alcuni salmi ebbero una grande importanza nel cristianesimo primitivo: sono i salmi 2,22, 69, 110 e 118 (mentre gli ebrei erano più interessati alla Torah, i cristiani preferivano i Salmi e i Profetti, perché più messianici e parlavano di Cristo).

Il salmo 2 è citato in varie occasioni della vita di Gesù perché è il salmo dove il Signore dice ”Tu sei mio figlio”. Si tratta del Battesimo al Giordano (Mt. 3,17), della Trasfigurazione (Mt.17,5), della Resurrezione (“costituito figlio di Dio mediante la resurrezione” – Rom. 1,4), e infine nell’innalzamento di Cristo nel mondo celeste (Eb. 1,5; Eb. 5,5 dove Cristo è riconosciuto come figlio e anche come sacerdote per sempre alla maniera di Melchisedek ; Eb. 7,28, “costituito sommo sacerdote in quanto figlio reso perfetto in eterno”).

Come gli ebrei che citando un versetto si riferiscono all’intero salmo, così i cristiani non si fermano alla citazione, ma estendono l’intero salmo a Cristo, da cui traggono la figura di Cristo come re e sovrano del giudizio sui popoli.

Il salmo 110, che è la pagina più letta dell’Antico Testamento, contiene due affermazioni di rilievo “Siedi alla mia destra” e “Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek”.

La prima affermazione appare tre volte nei Vangeli sinottici: nel confronto con gli scribi e i dottori (Mc. 12,35), nella passione  “vedrete il figlio dell’uomo assiso alla destra della Potenza” (Mt. 26,64) e alla fine del Vangelo di Marco “dopo aver parlato loro fu assunto in cielo e si assise alla destra di Dio” (Mc. 16,19).

A riguardo dell’aporia di Marco: il Signore è figlio di Dio o figlio di Davide? Si deve pensare che nel tempo della sua vita Gesù è il messia figlio di Davide, ma una volta innalzato alla destra del Padre è figlio di Dio.

Il salmo 22 (“Mio Dio, mio Dio perché mi hai abbandonato”) – che Gesù non pronuncia in aramaico che era la sua lingua, ma in ebraico antico, quello della Bibbia, a testimonianza della sua conoscenza delle Scritture – è molto noto, perché riporta le ultime parole di Gesù sulla croce.

La croce rappresenta il momento in cui Cristo assume su di sé le sofferenze e le colpe degli uomini per redimerli.

E’ un momento di patimento e di dolore profondo “nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che solo poteva liberarlo dalla morte” (Eb. 5,7).

Dunque, la preghiera e l’attesa dei salmi si è compiuta in Gesù Cristo e recitandoli partecipiamo non solo alla preghiera ispirata degli ebrei di un tempo, ma anche al sacrificio redentore di Cristo.

Il salmo 22 è inoltre un salmo cristologico, nel senso che molti suoi versetti si possono applicare alla passione di Gesù (“Hanno forato le mie mani e i miei piedi, posso contare tutte le mie ossa…si dividono le mie vesti, sul mio vestito gettano le sorti”).

Il salmo 69 contiene più versetti citati dal Vangelo: “mi odiano senza ragione” (Gio. 15,25), “quando avevo sete mi hanno dato aceto” (Luca 23, 36), “mi divora lo zelo per la tua casa” (Gio. 2,17), tutti riferiti alla passione di Gesù o alle riflessioni che ne sono seguite.

Il salmo 118 (che appartiene all’ Hallel egiziano) è un salmo molto importante per gli ebrei che lo cantavano nelle feste principali; era considerato un salmo messianico e così è rimasto anche per i cristiani.

L’espressione più celebre “La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo” è riferita dagli ebrei a Abramo, a Davide e al messia; analogamente i cristiani lo attribuirono a Cristo.

La fine dei salmi è il Messia e quindi la venuta di Gesù è un compimento dell’Antico Testamento e dei Salmi.

Il fatto che il Padre abbia mandato suo Figlio, modifica profondamente il rapporto tra Dio e il popolo; prima si trattava di un’alleanza, ora invece di un puro dono che ci è dato per la nostra salvezza. Anche noi siamo popolo di Dio, ma non attraverso un’alleanza, ma per grazia.

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