di Sandro Antoniazzi
Meloni ha compiuto un errore decisivo non solo per sé sessa, ma purtroppo per il suo paese: si tratta del non voto all’elezione di Von der Leyen alla carica di Presidente della Commissione dell’Unione Europea.
Si può pensare che si tratti di acqua passata o come dice, disinvoltamente, la stessa Meloni ritenere che questo voto non pregiudichi i nostri rapporti con l’Europa.
Ma non è così: quel voto non è simbolico, costituisce uno spartiacque che Meloni non si è sentita di attraversare.
Votare a favore significava porsi tra le forze europeiste, quelle che governano, che contano, che guidano l’Europa, significava affiancarsi a Germania e Francia fra quelli che decidono.
Voleva anche dire per Meloni qualificarsi in una posizione più centrista (di centrodestra) e, scegliendo un atteggiamento più europeistico, dimostrare di orientarsi verso una destra diversa, , diciamo più moderna.
Meloni ha preferito una scelta di appartenenza alla propria parte: scelta ideologica, tradizionale, difensiva.
Questa scelta è stata fatto come presidente dello ECR (Conservatori e rifomisti europei), gruppo di destra oramai scavalcato come forza e rappresentatività dai sovranisti di Orban, cui appartiene Salvini.
Paura di essere scavalcata a destra e di contare sempre meno? Certamente la gara di chi è più a destra è molto aperta e le preoccupazioni a riguardo sono reali.
E poi c’è il suo partito: Fratelli d’Italia è pronto a fare una vera scelta europeista, che significa anche l’abbandono della sua cultura originaria? Probabilmente, no.
Sono questi i dubbi che devono aver pesato nella decisione di Meloni, però sarebbe bene pesare anche quello a cui ha rinunciato.
Meloni sostanzialmente col suo voto è rimasta esclusa dall’ambito politico europeo che conta; essere fuori significa essere considerato come uno Stato tra i tanti: avrà il suo commissario, sarà sentita quando necessario.
Questo giudizio non riguarda la persona della Meloni, ricade automaticamente sull’Italia.
Senza pensare a un ritorno ai primi tempi quando l’Italia era, assieme alla Germania e alla Francia, uno dei tre paesi fondatori e realizzatori dell’Europa, sarebbe lecito attendersi un ruolo meno secondario.
Dati i problemi economici che abbiamo, con continui richiami relativi al nostro bilancio, contare di più in Europa non sarebbe utile?
E poi, come bene illustrava recentemente Marco Fortis sul Mattino, ha un debito pubblico paragonabile in cifra a quello tedesco e a quello francese (Francia 3.101 miliardi, Italia 2.863, Germania 2.623), ma noi paghiamo interessi al 2,9%, mentre la Francia paga l’1,6% e la Germania l’1,4; in sostanza paghiamo il doppio degli interessi degli altri.
Questa differenza ha una sola spiegazione: la cedibilità, l’affidabilità (e se l’Italia ha guadagnato qualcosa in proposito non è per la bravura del governo, ma per il fatto che esiste una maggioranza stabile).
Anche in questo caso – ma è solo uno dei tanti esempi che si potrebbero portare – una migliore “collocazione” europea dell’Italia non potrebbe avere effetti benefici in termini di riconoscimento e di considerazione?
In conclusione, l’Italia continuerà ad essere considerata un partner di serie B e faremo pertanto fatica a difendere le nostre posizioni e tanto meno a farci sentire sulle questioni maggiori.
La scelta di Meloni ha un’altra conseguenza, questa di carattere nazionale.
Scegliendo esplicitamente una posizione di destra e di dissenso sul governo europeo, lascia decisamente scoperto il centro dello schieramento politico.
Così, spinta anche dai fratelli Berlusconi, chiaramente insofferenti di un governo di destra tradizionale, forza Italia ha iniziato a porre qualche problema, con maggiore risolutezza rispetto al passato.
L’iniziativa sullo ius scholae se sarà portato avanti con coerenza porrà certamente dei problemi alla maggioranza, ma ci si potrebbe attemdere anche un’azione più duratura di Forza Italia volta a conquistare posizioni di maggiore peso per il centro.
E questo potrebbe anche mettere in moto altri processi, coinvolgendo altri gruppi politici, se ci fosse la volontà di procedere.
Può trattarsi di movimenti puramente occasionali, perché è difficile che qualcuno metta in discussione una maggioranza sicura garantita per cinque anni, però qualche fessura si è prodotta e si tratta di aspettare se produrrà qualcosa.
In ogni caso il voto di Meloni ha determinato delle conseguenze serie, che saranno tra i problemi che ci troveremo nel prossimo futuro.
27 Agosto 2024 at 18:04
Sono d’accordo sulle conseguenze negative di questo voto della Meloni ma ciò di cui ci si debba preoccupare maggiormente, credo, sia la mancanza di una decisa volontà di far fare un passo avanti all’Europa, si è confermato lo status quo. L’opposizione delle destre, a cui si è allineata la Meloni, è in senso contrario alla direzione in cui sarebbe necessario muoversi oggi, tende infatti a “meno Europa e più Italia”, a ridurre cioè il potere dell’Unione per aumentare la sovranità dei singoli stati, anzi diciamo “nazioni”. Oggi si deve considerare superata l’idea dell’egemonia di singoli stati potenti, che porta ad anacronistiche contrapposizioni che, come ora, provocano conflitti irrazionali e senza soluzioni, e occorre rafforzare la capacità di stare in un contesto internazionale di collaborazione con la possibilità di trattare alla pari. E qui l’Europa trova la sua ragione di esistere.