Ci risiamo. I sindacati, di fronte alla manovra finanziaria del governo, si presentano ancora una volta divisi.
Cgil e Uil dichiarano uno sciopero per il 29 novembre, a cui non partecipa la Cisl.
Questo sciopero è figlio di un duplice errore.
Innanzitutto, è sempre sbagliato da parte dei sindacati sostenere una causa, una lotta, andando divisi.
Tra i lavoratori, più che del merito dei problemi, si finirà per discutere della divisione stessa.
Difficilmente in queste condizioni si otterrà un risultato positivo; è possibile, anzi, che se ne ottenga uno negativo.
E’ da richiamare poi l’inusitato comportamento della Uil; da qualche tempo si accoda, senza la minima distinzione, alle posizioni della Cgil, rinunciando a un ruolo autonomo, che aveva in passato, di svolgere una funzione spesso utile dell’avvicinamento di posizioni tra le due maggiori organizzazioni.
Che le idee siano confuse lo dimostra l’affermazione di Bombardieri, segretario generale della Uil, alla conferenza stampa sulla manovra: a suo dire, la riduzione degli oneri sociali non è rilevante perché non aumenta il salario dei lavoratori. Ma questa è sempre stata una richiesta del sindacato, perché una diminuzione degli oneri comporta maggiore spazio per le rivendicazioni salariali.
All’interno della Uil cominciano a levarsi segni di insofferenza per questo atteggiamento subordinato, che potrebbero sfociare in futuro in manifestazioni più corpose.
Il secondo limite di questo sciopero sta nelle critiche alla proposta.
Esse bene si riassumono nella dichiarazione di Landini che è necessaria una “rivolta sociale”.
Non si tratta di una parola sbagliata; essa esprime sinceramente il pensiero di Landini.
La sua visione raramente è da sindacalista; il suo carattere è piuttosto da agitatore sociale.
Mettere insieme tutte le critiche, le rivendicazioni, tutte le cose che non vanno e che non piacciono, e fare di questo il centro della protesta, questo sembra l’ideale di Landini.
La rivolta sociale non esprime richieste precise, non sceglie priorità, non distingue tra le varie opzioni: mette tutto assieme per poter unire il più ampio arco di folla, di popolo, contro il nemico.
La concezione sindacale è tutto l’opposto: selezione degli obiettivi, ben definiti e studiati, con una calcolata possibilità di ottenere dei risultati.
La protesta non ha bisogno di fare scelte, perché il suo scopo sta nel dimostrare che c’è una (grande) forza avversaria, una forza che è contro.
Anche la posizione della Cisl, al di là del merito dei contenuti, merita di essere considerata.
La Cisl giustamente non concorda con le posizioni di Cgil e Uil, in quanto prive di un vero carattere sindacale.
Però dovrebbe farsi sentire maggiormente, fare delle proposte “sindacali” alle altre organizzazioni e qualora fossero rifiutate avrebbe fondate ragioni per distinguersi.
Rimanere silenziosa non è una carta vincente a livello di massa e dell’opinione pubblica: mostrare una posizione più decisa sarebbe utile anche sul piano di una possibile ripresa in futuro del dialogo.
E’ impressionante a riguardo come il tema dell’unità sia scomparso non dico dall’agenda, ma persino dal linguaggio dei sindacati.
Vorrei sommessamente ricordare che c’è stata un’epoca in cui l’ideale dell’unità era l’obiettivo principale di queste organizzazioni.
Ma senza unità – almeno minima, l’unità d’azione (che, come diceva Gino Giugni, è come una quarta confederazione) – non si può pensare di ottenere grandi risultati. E pertanto tutte le confederazioni dovrebbero rimettere questa prospettiva all’ordine del giorno.
Sono enormi i problemi del lavoro aperti e che richiederebbero una forte iniziativa sindacale: la precarietà e i bassi salari, il rapporto lavoro-vita, la formazione dei lavoratori in larga misura insoddisfacente, la partecipazione nelle imprese.
E poi esistono sempre le grandi discriminazioni e condizioni di subordinazione: la questione femminile (che trova nel lavoro una delle situazioni di maggiore deficit), quella degli immigrati (nella maggior parte lavoratori di serie B), quella dell’estraneità e dipendenza dei lavoratori che induce alla passività.
L’assenza del sindacato e delle sue battaglie su questi grandi problemi si sente profondamente nella società italiana che necessita di un riequilibrio sociale che solo un sindacato unito può dare.
Assistiamo invece a una nuova divisione e all’orizzonte si profila anche il referendum della Cgil che riguarda il famoso Jobs Act, problema ampiamente superato e prevalentemente ideologico, che contiene ulteriori motivi di contrasto.
E’ ora per il sindacato di cambiare strada, perché così non va da nessuna parte e certamente non si opera nell’interesse dei lavoratori.
9 Novembre 2024 at 17:06
Giusto Sandro Antoniazzi. A mio avviso Landini oltre a fare l'”agitatore sociale”, mira a candidarsi come futuro leader politico della sinistra. Ma tra il radicalismo della CGIL (e della UIL) e la posizione che oggettivamente sembra sempre (o quasi) strizzare l’occhio al peggiore governo dell’Italia repubblicana c’è un mondo.
Che significa dire che quella sul cuneo fiscale è una grande conquista? Il cuneo è stato solo confermato, non c’è stato alcun miglioramento IRPEF rispetto all’anno scorso, e se così non fosse stato, ci saremmo trovati di fronte a una decurtazione di reddito. E poi, nulla sul referendum sull’autonomia e sul premierato; sul salario minimo contro; posizioni non chiare e ambigue sull’immigrazione. L’autonomia sindacale, che giustamente la CISL rivendica non è solo autonomia dalle scelte sbagliate di CGIL e UIL, ma anche da quelle del governo. E tutto questo lo dico da iscritto CISL sempre più deluso dal mio sindacato.
10 Novembre 2024 at 21:16
In anni di gioventù da iscritto alla CISL mi è stato insegnato che, perchè sia possibile dire che “le nostre priorità diventano risultati” occorre esibire qualcosa di scritto e sottoscritto dai soggetti che lo condividono. Poi da dirigente sindacale ho praticato quella che era la normale prassi sindacale, cioè la contrattazione con le controparti pubbliche e private anche per poter esibire nel rapporto con gli iscritti “qualcosa” di scritto e firmato tra le parti che indicava le soluzioni ai problemi oggetto di contenzioso. Questo “qualcosa” si chiamava indifferentemente “intesa, accordo, contratto” ed era firmato dai contraenti, nello specifico della Legge Finanziaria o della Legge di Bilancio, da CGIL, CISL e UIL e dal Governo.
Ora, nello specifico della Legge di Bilancio 2025 e delle divisioni tra le Organizzazioni Sindacali, propongo queste riflessioni di metodo e di merito,
Di metodo: nella CISL c’è, e non solo da oggi ma in questi primi anni del nuovo millennio, un deficit di democrazia e partecipazione, almeno rispetto a quanto stabilito dall’Art. 6 dello Statuto Confederale della CISL dedicato ai i diritti degli iscritti, che afferma:
“Gli iscritti hanno diritto ad essere adeguatamente informati e coinvolti nelle decisioni che li riguardano e ad esercitare il diritto di critica nei confronti dei dirigenti sindacali, nei limiti previsti dal presente Statuto, ed in termini democraticamente e civilmente corretti”.
E’ su questa base che si pongono le mie valutazioni. Non essendoci all’interno della CISL momenti e spazi nei quali sia possibile, per gli iscritti, esprimere le proprie valutazioni sulle decisioni che li riguardano e la Legge di Bilancio 2025 e i giudizi che su di essa la CISL esprime, sono temi che li riguardano, utilizzo questo strumento per esprimere le mie considerazioni di merito.
Nel merito: l’affermare che nella Legge di Bilancio “Ci sono molti elementi importanti che rispondono a precise rivendicazioni della Cisl”, pone una prima domanda: in quale intesa o accordo o patto sottoscritto tra le parti sono contenuti gli elementi che rispondono alle rivendicazioni della CISL?
Non esistendo nulla di sottoscritto è legittima la seconda domanda: la strategia della CISL consiste forse nello scrivere da qualche parte quali sono le sue rivendicazioni e poi stare a vedere cosa il Governo decide e affermare, come in riferimento alla Legge di Bilancio, che le decisioni del Governo rispondono alle sue rivendicazioni?
Se così fosse, non è che, e questa è la terza domanda, la CISL si appropria di scelte che hanno fatto altri e per altre ragioni senza rendersi conto, che questo è millantato credito e, quando ne fosse consapevole, significa circuire la buona fede e la fiducia degli iscritti alla CISL?
Non sembra all’attuale gruppo dirigente della CISL Confederale che questa politica e strategia significhi, di fatto, il rinnegare tutta la storia della CISL dei suoi primi 60 anni di vita, storia nella quale molti hanno creduto e per la quale si sono battuti anche pagando prezzi personali molto alti?
Infine non insegna nulla all’attuale gruppo dirigente della CISL, ma anche della CGIL e della UIL, quanto la storia documenta, e cioè che il bene più prezioso che hanno i lavoratori che loro rappresentano è l’unità sindacale quale requisito fondamentale e strategica per conquiste economiche, sociali e politiche che migliorano le condizioni di lavoro e di vita del lavoratori e pensionati e il loro peso nella società?
Il continuare a sventolare la bandierina dell’identità di ogni organizzazione sindacale non significa uccidere la prospettiva dell’unità sindacale, e non è forse questa la strada attraverso la quale si arriva ad uccidere il movimento sindacale confederale?
11 Novembre 2024 at 07:44
Perchè la Cisl sbaglia
Provo a spiegare perchè non sono d’accordo: il ruolo del sindacato dovrebbe essere, secondo me, non solo quello di difendere i lavoratori nei luoghi di lavoro, strappando le condizioni più favorevoli nei singoli contratti, ma anche quello di spingere i lavoratori a guardare più in alto, a lottare per promuovere condizioni migliori nel mondo del lavoro. In questo senso un ruolo “politico” ma nel senso più alto e nobile del termine. Spingere i lavoratori a lottare per la loro emancipazione attraverso il lavoro è davvero una colpa così grave da parte della Cgil? Contrastare un governo che disprezza i diritti dei lavoratori, promuove riforme fiscali a loro svantaggio, giustifica l’evasione, limita la libertà di protesta etc., non deve essere considerato un compito del sindacato? Ne siamo davvero sicuri? Per questo credo che al pragmatismo anche efficace della Cisl manchi qualcosa: una capacità di proiettarsi oltre la singola lotta del momento per promuovere le condizioni generali più favorevoli ai diritti dei lavoratori. Ci vuole pragmatismo ma ci vuole anche una visione e questo al momento manca alla Cisl e lo considero un difetto grave.