Il nostro ’58 è una bella iniziativa promossa e coordinata da Luigi Pedrazzi, per informazioni vedi http://ospiti.peacelink.it/paxchristibologna/ilnostro58_index.html , per ricordare in modo vivo, in una memoria che si fa carne e attualità, il Concilio Vaticano II.
Da tutto l’insieme di incontri documenti realizzati sul territorio ogni mese nasce una news letter che contiene spunti per la riflessione anche sulle vicende che viviamo oggi. Nella lettera mensile di settembre il messaggio è fin tropo chiaro:
“Finalmente la Cei esprime una sua critica a pericoli e povertà di Berlusconi”.
Nelle ultime elezioni amministrative, e nei più politici referendum che le hanno seguite, i partiti di Berlusconi e di Bossi, insieme, un po’ in tutta Italia, Nord compreso, hanno perso parecchi voti verso l’astensione (ma qualcuno è stato anche ceduto direttamente agli avversari nelle urne). Il centrodestra, alla fine, dunque, ha scavalcato all’indietro i partiti dell’Opposizione, e il partito democratico è tornato ad essere il primo partito italiano, minoritario nel parlamento attuale, ma in maggioranza nel voto popolare espresso: e, secondo sondaggi successivi, in vantaggio crescente anche nelle attuali “intenzioni di voto”. Questo risultato è stato vissuto (comunicato e commentato) come una grossa sorpresa. In realtà era stato già annunciato un anno fa dai risultati avutisi nelle città capoluogo, dove il centrosinistra era già parecchio più forte del centrodestra. Ma quest’anno la differenza tra situazione popolare e situazione parlamentare si è fatta assai visibile anche nelle realtà più provinciali. E’ cosa indecente, perché la maggioranza in parlamento è ora dovuta solo alle prassi corruttive realizzate a Montecitorio e Palazzo Madama. Esse sono paralizzanti di fatto l’istituzione parlamentare, oggi padrona quasi solo dei “voti di fiducia”, garanzia di durata per Berlusconi e per i suoi ultimi sostenitori in servizio: per i pochi voti parlamentari che ancora contano qualcosa, essi si leggono solo se anche l’opposizione vota quel che l’Europa ci chiede per “senso di responsabilità verso l’Euro”, come esorta anche il capo dello Stato, ora ben più autorevole e popolare del capo del Governo. Purtroppo non è ancora chiaro come e quando questo vergognoso lungo parlamento potrà essere legalmente sostituito. E’ comunque importante che l’evento elettorale abbia preceduto le sempre più probabili condanne giudiziarie su reati comuni, a prova che la “politicità” del corpo elettorale, tuttora mediocre e assai tardiva, è arrivata ancora in tempo utile a ridare al paese vitalità e sensatezza.
Con soddisfazione unita a qualche imbarazzo, si deve registrare che in questo ritorno di azione e arrivo di parole e pensieri “responsabili”, si è pure udita la voce del presidente della Cei e dell’Assemblea unanime di questa adunanza. Essa, con parole apprezzabilissime per stile e tono, ha pronunciato il suo non possumus nunc silere.
Bene. Meno bene il movimento, di cui parecchio già si parla, di un ritorno di un partito cattolico, che però non si vuole nostalgico e si teme inadeguato.
Con quale cultura e per quali finalità dovrebbe saper vivere? Chi è in grado di rispondere alla domanda “Unirsi, e per fare che cosa?” Fino a che punto, proprio l’autorità ecclesiastica lo auspica unitario e rappresentativo? E’ essa in grado di convivere, finalmente tranquilla, con un pluralismo politico capace di vera saggezza democratica e di giusta laicità? Nella confusione che sussiste, a me pare difficile avere una fase vitale di protagonismo dei cattolici, qualitativamente significativa, senza avere fruito di un minimo di riflessione, in parte notevole anche autocritica. E, soprattutto, senza un inventario rigoroso di problemi cui cercare di porre mano, nella duplica veste di cittadini democratici convinti del valore della costituzione repubblicana, e di cattolici convinti delle acquisizioni attualizzanti del Vaticano II, bussola per i tempi e gli spazi da attraversare, nel mondo globalizzato e densamente postmoderno, nella sua sintesi obbligata di liberalismo politico e di solidarismo sociale e internazionale.
E’ possibile evitare in futuro polemiche intrise di faziosità e povere di capacità critiche? certo sarebbe bene evitare di rinnovare le controversie nefaste dei secoli che abbiamo alle spalle: ma i loro dolori vanno conosciuti e ricordati con amore per tutti.
In Italia abbiamo celebrato i 150 anni di vita nazionale unitaria. Ma non siamo stati veramente seri nelle analisi del “buio” che spesso ha prevalso sulla “luce”: ad esempio, non è stato troppo lungo e pesante il sistema di interessi e di falsificazioni ideologiche che era incorporato in quella complessa e lunga esperienza di Stato della Chiesa, tanto importante in Europa nel tempo delle conquiste coloniali operate dai paesi più forti, e ostacolo serio e non relativizzato dentro la nostra penisola negli anni della sua unificazione? E possiamo stare del tutto tranquilli di fronte al destino amarissimo dei territori che sono state le brevi colonie italiane, oggi territori ed etnie indubbiamente messe peggio tra gli Africani, nei poveri luoghi denominati Somalia, Eritrea, Libia, Etiopia, tutti non poco più indietro rispetto agli sviluppi, faticosi e contraddetti, ma di qualcosa anche ricchi, di chi fu colonia di altri paesi europei, più avanzati, non in letteratura, arte e scienza, ma sì in vita civile e per organizzazione economica e sviluppo politico? Una parte troppo grande della nostra vita unitaria ha conosciuto fasi storiche di un ben duro arcaismo, e leadership quasi innominabili, ad esempio con Mussolini e Berlusconi, indubbiamente “italiani”, entrambi rappresentativi, e anche amati per davvero, e proprio da chi essi danneggiarono pesantemente: forse anche involontariamente, mentre dispiegavano con imprudenza bandiere fascinose, ma fittizie, se non addirittura farsesche?
Uscire dalla condizione postberlusconiana non sarà facile né semplice. Lo vedremo, e sarà parte della fase di grande e profonda ricezione conciliare, da prevedersi pure tra 2012 e 2015. Ma forse un apporto positivo dei cattolici, a lungo, potrà essere assai modesto. Troppo carente è stato fin qui il censurato impegno ad uscire dalla “criticità ecclesiale”, che Dossetti, acutamente, giudicò insufficientemente fronteggiata già agli inizi degli anni ’50, pur cercando di portare contributi civilmente tra i più adeguati, che culturalmente riceveva proprio nella Chiesa e dalla sua tradizione . Ma il realismo critico del religiosissimo Dossetti fu realizzato e trasceso dall’evento conciliare e, in qualche modo, noi ora troviamo la sua “antivedente politicità” ricomposta in questo più ampio ambito pastorale e storico. Il centenario della nascita di questo singolare cattolico, davvero notevole e intenso politico nella storia d’Italia, viene di fatto a coincidere con un tempo che dovrà essere di grande lavoro e di forte riscatto per la comunità ecclesiale italiana. In questa fase di auspicabile ma non facile “ripresa e ritrovamento” dell’intero Paese, è lecito sperare che proprio da un ravvivato rapporto con Dossetti possano venire, nei prossimi anni, contributi interessanti per molti.