Un patto contro la povertà. Lo lanciano Acli e Caritas, con l’obiettivo di arrivare ad introdurre anche in Italia il Reddito di Inclusione sociale. Sottoscriverlo è già importante, ma non basta: occorre l’impegno di associazioni movimenti e partiti.
La povertà in Italia si fa più drammatica. Gli ultimi dati dell’Istat lo evidenziano con forza: secondo l’Istituto nazionale di statistica le persone in povertà relativa sono 9 milioni 563 mila (il 15,8% della popolazione); di questi, 4 milioni e 814 mila (8%) sono poveri assoluti, cioè persone che non riescono ad acquistare beni e servizi essenziali per una vita dignitosa. Un aumento deciso rispetto all’anno precedente in cui erano 8.163.000 le persone in povertà relativa e 3 milioni 415 mila quelle in povertà assoluta.
E mentre le discussioni politiche si arrovellano su questioni che non sempre appaiono importanti, ecco che parte la proposta di un Patto Aperto contro la Povertà, lanciata da Acli e Caritas il 24 luglio e rivolta a tutti i soggetti sociali interessati alla lotta per “estirpare questo flagello in Italia”. Secondo il progetto (vedi il sito www.redditoinclusione.it) l’obiettivo è “unire le forze e percorrere insieme un cammino finalizzato a promuovere l’introduzione del Reddito d’Inclusione Sociale nel nostro paese”, assicurandone, qualora si introducesse, “la migliore attuazione possibile”.
Per i responsabili delle due organizzazioni cattoliche i buoni motivi per introdurre il Reddito d’Inclusione Sociale (Reis) sono tanti. In sintesi: raccoglie ampio consenso tra gli esperti (sebbene con diversi punti di vista e con non poche perplessità); supera l’alternativa tra misure emergenziali e riforme strutturali; è a favore dei “senza lobbies”; è economicamente sostenibile (per alcuni questa è però una posizione eccessivamente ottimista); non si può incrementare la spesa sociale senza un’adeguata progettualità; tiene insieme Nord e Sud; i doveri accompagnano i diritti; è strumento di autonomia; la tutela dei diritti e la promozione della sussidiarietà hanno successo solo insieme; è la pre-condizione per una riforma a favore delle persone non autosufficienti.
Ma è proprio il metodo scelto per sensibilizzare sull’iniziativa che suscita curiosità e interesse: un sistema partecipato e condiviso, si spera da tante associazioni e non solo da esperti e addetti ai lavori, che elaboreranno i contenuti congiuntamente, attraverso un “cantiere” aperto per ben tre anni: “gli aderenti potranno portare il proprio contributo per migliorarne le specifiche parti, sulla base delle loro competenze ed esperienze”. “Solo unendo le forze e dando vita ad un’azione corale – dicono i promotori dell’iniziativa -, si può coltivare la speranza di togliere all’Italia lo spiacevole primato di essere uno dei due Paesi dell’Europa a 15, insieme alla Grecia, privo di una misura nazionale contro la povertà assoluta”.
Gli organizzatori, con realismo, prevedono però che l’attuazione del Reis incontrerà numerosi ostacoli: “altrimenti la riforma non sarebbe degna di questo nome”. Per questo: “è importante che Enti Locali e Terzo Settore dispongano del tempo necessario ad assimilare il cambiamento e apprendere come gestire la nuova misura. Solo se graduale e ben supportato, infatti, un percorso di cambiamento del welfare locale può arrivare a buon fine”. Per questo i soggetti coinvolti “saranno accompagnati da Regioni e Stato grazie a sistemi di monitoraggio e valutazione, azioni formative, momenti di confronto e altro.”
E’ un disegno che si colloca all’interno di un quadro di riforma e rilancio complessivo del Welfare che ha questi principi guida: universalismo (misura per tutte le famiglie in povertà assoluta); adeguatezza (nessuna famiglia al di sotto di un livello di vita “minimamente accettabile”); equità territoriale (stesse condizioni economiche effettive in qualunque punto del paese); inclusione sociale: (l’opportunità di costruire percorsi per abbandonare – nei limiti del possibile – la condizione di marginalità); partnership tra Enti locali e Terzo settore (l’impegno coordinato di attori pubblici e privati a livello locale come unica possibilità di successo); attivazione (chi può deve rafforzare le proprie competenze professionali e compiere ogni sforzo per trovare un’occupazione); cittadinanza (diritto per tutti ad essere tutelati contro il rischio di povertà assoluta).
Il progetto è chiaro e interessante, ora è importante che cammini. Chi ci sta? Anche su queste pagine, aprire un dibattito, come in parte si sta già facendo per altri temi, potrebbe essere utile.
Vittorio Sammarco