Lettera di Natale

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Carissime amiche, sorelle e compagne di vita,

carissimi amici, fratelli e compagni di strada,

eccomi a Voi con il solito pensierino di Natale.

Da un’ora è già buio, eppure sono solo le cinque della sera… las cinco de la tarde dell’amato Garcia Lorca, ma queste cinque non sono le sue, quelle abbaglianti di ogni sguardo meridiano, sono le “nostre”, quelle del nostro emisfero, quelle del nostro solstizio d’inverno, quelle che avvolgono di tenebra le ultimi propaggini di un anno che muore, quelle che ci affanniamo a spezzare con fiamme, candele, luci e lumini…

Sarà per questa atmosfera diventata palpabilmente più nera dalle paure di un domani reso più incerto da povertà dimenticate in una sola generazione, da insicurezze risparmiateci dai sacrifici di chi ci aveva preceduto, da uno sguardo concentrato su di noi,  distolto da chi pagava il prezzo di alcuni nostri privilegi, dai dubbi sugli orizzonti da offrire e condividere, almeno per un altro tratto di cammino, con chi abbiamo generato.

Sarà che a quest’ora sono ancora in studio, divenuto in questi mesi come non mai luogo un po’ di prigione per me, ma al contempo luogo di incontro, crocevia di parole di dolore e di conforto, sala d’aspetto popolata da lingue sconosciute, suoni ostili, segni di scrittura come dipinti fascinosi e lontani, sorrisi fiduciosi, sguardi rabbiosi, mani aperte alla speranza, dubbi e timori sull’affidarsi all’operato di una donna, poche risate, impotenza per leggi ingiuste, fantasia per cercare soluzioni eque e poi come sempre il consueto percorso di forza ed affrancamento di altre donne verso cammini di libertà.

Sarà che il cammino verso il Presepe mi è reso più faticoso da un viatico di ossa doloranti, strascico dello scampato pericolo, così pare, dello scorso anno, pericolo che in queste settimane però avvolge, nella sua sorprendente fatica e nell’incredibile forza, molte amiche ed amici (troppe troppi in verità!) che leggeranno questa lettera e che porterò con me questa notte alla grotta di Betlemme, tutti limiti, fragilità, vulnerabilità, rottamazioni che mi rendono più piccola (non più magra…ahimè!).

Sarà per tutti questi pensieri e queste sensazioni che rimango ancor più stupita ed attonita davanti al fatto che anche questa sera credenti cristiani e diversamente credenti ci soffermeremo o addirittura ci inginocchieremo davanti ad un bambino, alla sua realtà o al suo ricordo.

Ogni anno un bambino, una bambina, ogni anno si ricomincia da capo!

La liturgia del Natale, anche quella laica, ci riconduce al mistero delle origini, al concepimento, alla nascita, alle nascite, al “venire alla luce” o, come ci racconta l’amata Maria Zambrano, al  perforare ed attraversare un involucro nel quale non si può più restare, abbandonando il manto della verità materna, per affrontare la luce e quanto in essa succede, sospinti da una speranza, “la speranza di nascere del tutto, di portare a compimento ciò che portiamo in noi solo in modo abbozzato”!!!

Inoltre quest’anno al Presepe del cortile di casa, dove con i ragazzi della Comunità Annunciata, mani sapienti  e generose forgiano nel legno nuove figure, abbiamo aggiunto la donna con la brocca ( vi manderò una foto se riesco a completare l’operazione di trasbordo sul computer!)

L’idea che avevo proposto era scaturita dalle nostre riflessioni condivise tra donne, legata alla tradizione da noi narrata, all’acqua, alla Samaritana, alla donna cui il Messia si rivela, poi però nella realizzazione i ragazzi hanno voluto mettere due brocche!!!

Così abbiamo cominciate a chiederci il perché? a domandarci…ma  io che brocca sono? e che cosa contengo: acqua, vino o profumo? che cosa porto alla grotta di Betlemme e che cosa porto via?

Straordinarie le risposte!

Intanto due brocche: una piena, una vuota, una da lasciare, una da riempire, una colma di profumo da regalare, l’altra di acqua da dissetare e di vino da condividere e tanto tanto ancora in questa semplice catechesi del cuore…

Così all’improvviso, mettendo insieme tutti questi pezzetti e pensandoVi in questa serata che ormai volge alla notte numinosa,  ho intravisto uno spiraglio di luce offertomi da chi non l’attendevo, da bambini feriti che vogliono profumare di buono, che credono ancora nella speranza di una rinascita e di un ri-concepimento, che non si stupiscono perché ogni anno si torna tutte e tutti davanti ad un bambino o bambina povera, rinato o rinata ed adagiata in fasce in una mangiatoia, a dirci che si può e forse si deve ri-cominciare!

La faccio facile??? Chissà!

Un caldo abbraccio ed una reciproca laica benedizione.

Vostra Grazia

 

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