di Pier Giorgio Maiardi
E’ singolare che quanto più la nostra storia cammini, quanto più la scienza ci fa sentire più evoluti, tanto da sentirci indifferenti ai credi religiosi, tanto più ci scopriamo incapaci di governare la nostra vita sociale, nell’ambito locale, nazionale, e tanto più in quello internazionale e mondiale. Mentre le distanze fra gli Stati si accorciano, gli scambi commerciali si fanno più facili, la possibilità di mettere in comune le risorse della terra e di ridurre il divario fra i ricchi e i poveri si fa più concreta, aumenta l’individualismo e si indebolisce il senso della comunità, l’egoismo tende a prevalere sulla solidarietà. Viviamo una contraddizione che si spiega solamente con la irrazionalità degli umani! Solamente così si spiega, infatti, l’indebolimento di qualsiasi forma organizzata di socialità, la crisi della democrazia, il ritorno di fenomeni come il razzismo, il nazionalismo esasperato, il rifiuto del diverso, e, in modo particolare, le guerre che non hanno alcuna motivazione razionale! La storia dell’umanità è una storia di guerre in un mondo “piccolo” fatto di Stati, o di alleanze fra Stati confinanti, preoccupati di prevalere gli uni sugli altri, impegnati ad acquisire, magari a danno degli altri, le risorse necessarie al proprio benessere o anche solamente alla sopravvivenza. La situazione si è evoluta ed è profondamente cambiata ma gli umani continuano a farsi la guerra e, invece di collaborare per rendere il mondo abitabile da tutti nelle condizioni migliori, aumentano le risorse dedicate alla produzione di armi sempre più micidiali.
Il nostro progresso ci ha indotti a credere solamente in ciò che concretamente possiamo sperimentare, a dare meno credito alle idee e tanto meno alle “filosofie” ed alle fedi religiose. Ma il paradosso che stiamo vivendo, e di cui dovremmo renderci conto, è la impossibilità di sciogliere la ingarbugliata matassa in cui, così, ci siamo imprigionati, il circolo chiuso dei conflitti e degli schemi del “politicamente corretto” ampiamente inteso, senza la capacità di immaginare e volere un futuro diverso. Pace è diventata parola da sognatori lontani dalla realtà, e il Vangelo, la “buona notizia”, riguarda solamente i buoni sentimenti da coltivare ed ammirare ma che non possono avere alcuna influenza sulle questioni politiche e sui problemi creati dalla concretezza delle vicende quotidiane e tanto meno sul dramma dei conflitti e delle guerre! Papa Francesco parla di pace e di fraternità, “fa il suo mestiere”, ma la realtà è altra cosa!
Il tempo che stiamo vivendo a me pare però che mostri il fallimento di questa logica: non riusciamo ad organizzare la nostra vita comune in modo vantaggioso per tutti; gli organismi internazionali che dovrebbero rendere pacifici i rapporti fra gli Stati subiscono una involuzione anziché acquistare efficacia.
Viviamo in un mondo stanco, disilluso, senza speranza, incapace di novità, incapace di uscire da uno schema che sembra aver imprigionato tutti. E’ il momento di reagire, di parlare un altro linguaggio: la realtà del quotidiano ha bisogno di essere illuminata da un progetto di futuro e questo deve essere pensato e immaginato salendo al “piano superiore” convinti che questo sia concretamente possibile a noi, anzi che solamente gli umani siano capaci di questo perché sono dotati della ragione! E il futuro immaginato deve essere voluto e perseguito con speranza, pazienza e perseveranza!
Questo, io credo, sarebbe il compito innanzitutto dei cristiani che dovrebbero essere “profeti” che credono nella possibilità, per loro una certezza, di costruire un mondo nuovo e migliore perché gli uomini ne sono stati creati capaci! E quindi è loro compito impegnarsi in questa impresa. Quando discutiamo sulla scarsa presenza e significatività dei cattolici in politica probabilmente non dobbiamo parlare di quantità, né di gestione del potere, ma di qualità, di capacità di visione e di speranza: si tratta di rendere concrete ed attuali le parole di papa Francesco che legge il Vangelo nel nostro tempo. Penso, per capirci, ad un esempio alto ma concreto, una testimonianza di vita: Giorgio La Pira era un profondo credente, un mistico, ed era considerato un visionario perchè credeva nella possibilità di un mondo giusto e in pace e impegnava la sua vita per questo facendo il costituente, il deputato, il membro del governo, il sindaco perché diceva “Bisogna trasformarla la società! La “elemosina” non è tutto: è appena l’introduzione al nostro dovere di uomini e di cristiani…….il pieno adempimento del nostro dovere avviene solo quando noi avremo collaborato, direttamente o indirettamente, a dare alla società una struttura giuridica, economica e politica adeguata –quanto è possibile nella realtà umana – al comandamento principale della carità”. E la concretezza di queste parole è stata resa evidente dalle tante battaglie sostenute da La Pira, in particolare, per la vita della sua comunità cittadina e per la pace mondiale che lui considerava possibile richiamando, era il 1962, la profezia di Isaia: ”…i popoli di tutta la terra e le loro guide politiche e culturali sono oggi chiamati a fare questa estrema scelta. Per non compiere il suicidio globale e per andare, invece, nel versante della pace millenaria bisogna accettare il metodo indicato dal profeta Isaia: bisogna, cioè, trasformare i cannoni in aratri e i missili in astronavi….” Questa è la novità vitale di cui il mondo attende ora la testimonianza!