Segnaliamo, tra gli articoli usciti negli ultimi giorni i seguenti: “Carlo Maria Martini”, di Henri Tincq, su “Le Monde” del 6 settembre (“La voce del cardinal Martini è quella di un uomo libero che chiede che siano dibattuti collettivamente temi ritenuti tabù, che la Chiesa restauri una vera pratica della ‘collegialità’…”). “Il non so del card. Martini (09.09.2012)”, di Piero Stefani sul suo blog. “Perchè Martini non sarà santo”, di Eugenio Scalfari su “L’Espresso” del 13 settembre. “Ora approvino una legge Martini”, di Paolo Flores D’Arcais su “Il Fatto quotidiano” del 6 settembre (“Carlo Maria Martini ha goduto di un privilegio, mentre avrebbe dovuto godere di un diritto. Un privilegio, perché ogni giorno in ogni ospedale italiano ci sono esseri umani, ‘soggetti deboli’, che rivolgono la stessa richiesta, essere definitivamente sedati, non dover provare più nulla mentre il loro organismo si avvia verso l’ultimo respiro, e che non vengono esauditi”). “Quei diversi modi di fare bioetica” di Francesco D’Agostino in “Avvenire” del 7 settembre (che sostiene la singolare tesi di un Martini solo pastore d’anime, per cui “leggere i tanti interventi del cardinal Martini sulle questioni più cruciali della bioetica, come se essi avessero un carattere teologico e dottrinale, interpretandoli come auspici di nuove biopolitiche legislative, è assolutamente inaccettabile”). E “Note critiche su l’ultima intervista del card. Martini” di Pietro De Marco (apparse sul blog di Sandro Magister) che, senza mezzi termini, e coerentemente con numerosi articoli precedenti, sempre ospitati da Magister, scrive: ” La debolezza di fronte alle obiezioni dei moderni è una sindrome che ha colpito molti nel corso del Concilio. Il cardinale Martini ha parlato spesso del ‘non credente’ che era in lui. Certo: chi non ha vissuto o non vive questa dialettica? Ma altro è scoprire in se stessi ragioni e sofferenze del non credere, altro è ‘ospitare’ in sé esistenzialmente il non credente, dargli uno spazio, lasciargli occupare legittimamente il ‘foro interno’. Qui sta l’equivoco di Martini come di molte generazioni e intelligenze cristiane”.