Il quotidiano “la Repubblica” ha dedicato il suo “diario” del 13 dicembre al tema della libertà religiosa che il cardinal Scola ha posto al centro del suo discorso di S. Ambrogio. Stefano Rodotà scrive: “In queste posizioni vi è più che una ripulsa della laicità. Vi è la negazione della libertà della coscienza e l’affermazione che la definizione dell’antropologia del genere umano è prerogativa della religione. Non siamo di fronte a una discussione dei temi complessi della secolarizzazione, ma al programma di una restaurazione impossibile” (“Laicità. Se la Chiesa torna a criticare la neutralità dello Stato”). Enzo Bianchi riconosce che “lo stato laico non può limitarsi alla funzione di chi regola il traffico di una società civile che si muoverebbe secondo direttive proprie, molteplici e slegate da un interesse collettivo”, e conclude: “La laicità dello stato è quella opzione di fondo che consente di reinventare continuamente strumenti condivisibili e linguaggi comprensibili da tutti, di garantire presidi di libertà e di non sopraffazione, di difendere la dignità di ciascuno, a cominciare da quelli cui viene negata, di consentire a ciascuno di ricercare, anche assieme ad altri, la pienezza di senso per la propria vita” (“La spiritualità di chi non crede”). Agostino Giovagnoli si sofferma sulle diverse interpretazioni dell’editto di Costantino e si limita ad osservare che oggi, oltre al problema del riconoscimento della libertà religiosa in sè, “costituisce una questione rilevante” “il rapporto tra libertà religiosa e costruzione di una convivenza pacifica tra uomini e donne di religioni diverse” (“Tutto iniziò con Costantino”).
Pierluigi Mele, sul blog “Confini” di Rai News 24, intervista Stefano Ceccanti (“Scola e la laicità”), il quale difende la pars destruens del discorso del cardinale: la critica alla laicità come è concepita in Francia, e la critica ad uno Stato che intendesse per neutralità la neutralizzazione del fatto religioso, cosa che – dice Ceccanti – non la Costituzione dello Stato italiano assolutamente non prevede; ma si dice in disaccordo con la pars costruens: “Sembra – dice – che Scola attribuisca le evoluzioni di questi anni su vita, morte, sessualità, a decisioni che maturano nella sfera politica anziché nella società per cui il rimedio sarebbe, in sostanza, in una rinnovata egemonia sul piano politico”. Quanto al ruolo della politica, Ceccanti osserva che “la capacità di incidenza non sta in un’egemonia sul livello politico né nell’idea di una difesa passiva dei princìpi (identificati con mediazioni transeunti) ma nel loro sviluppo con la proposta di mediazioni più adeguate”.