Intervista a Rosy Bindi a cura di Paolo Danuvola
Rosy Bindi, già ministro della sanità e coordinatrice del Comitato per il centenario di Don Milani, si è attivata nel Comitato per il referendum sull’autonomia differenziata. Ha recentemente illustrato la sua posizione in un partecipato incontro all’Ambrosianeum. Le abbiamo posto alcune domande.
Sorpresa dall’ampio risultato della raccolta firme per il referendum abrogativo della Legge Calderoli? Un risultato rilevante che indica la sensibilità diffusa rispetto al rischio di stravolgere la Costituzione. La norma compromette le procedure e porterà da un regionalismo cooperativo e solidale ad uno concorrenziale.
Dossetti, proprio qui a Milano, avvertì del pericolo secessione dall’unità del Paese. La sfida da vincere però è nelle urne, occorre il quorum e, se ci sarà, occorre la maggioranza: più impegnativo il primo obiettivo del secondo, ma sulle grandi sfide i cittadini sanno mobilitarsi.
I promotori dicono che si tratta dell’applicazione del titolo V della Costituzione nella versione approvata del centrosinistra. L’approvazione del Tit.V a maggioranza è stato un errore perché le modifiche costituzionali devono avere una ”larga maggioranza” e non basta che le facciamo noi per diventare giuste. Ma ora non è questione di dettaglio: la legge Calderoli, questa legge ordinaria, si basa sull’accordo di scambio fra i partiti di governo: la Lega vuole l’autonomia differenziata, FdI il premierato, FI incidere sulla magistratura. L’effetto complessivo sarà dirompente. In particolare il regionalismo che doveva investire la programmazione coinvolgendo gli Enti locali è già diventato una macchina burocratica e spesso compressiva del ruolo degli Enti locali. Inoltre la procedura sull’autonomia differenziata potrà non essere trasparente.
In che senso? Non ci sarà una procedura legislativa ordinaria ma tutto partirà e dipenderà da un accordo diretto fra Presidente del Consiglio e Presidente di Regione che la chiede. Il Parlamento potrà solo ratificare, espropriato così delle sue funzioni su 23 materie e ben 500 funzioni. Se salta la gerarchia delle fonti -in questo caso l’ordinario iter legislativo del Parlamento- l’esito potrà essere soggetto a qualche simpatia politica.
Ma il passaggio di funzioni e materie quali effetti potrebbe produrre?
Vogliamo che ogni regione abbia la decisionalità -differenziata- su energia, infrastrutture, scuola, università, su tariffe dei servizi…? Si produrranno incomunicabilità, concorrenza (come la sanità della Lombardia che si avvantaggia della mobilità delle altre regioni) e conflittualità. Prima vi sarà maggior divario fra regioni attualmente forti e quelle deboli, ma poi anche le regioni del Nord risentiranno di un mercato meridionale che va in sofferenza. Per questo il referendum va vinto anche al Nord!
La norma sull’autonomia differenziata dice che sarà attuata a costo zero: i Livelli essenziali di prestazioni (Lep) come saranno garantiti? Basterà fare la fotografia della spesa attuale, già insufficiente in molte regioni? Il residuo fiscale delle regioni in attivo sarà da queste trattenuto o resterà a disposizione dello stato per gli interventi di solidarietà?
Salta la solidarietà? Cosa significa? Se salta il significato profondo di sentirsi Paese si affaccia la tentazione di tagliare le parti considerate frenanti. Questo capita tanto più nei momenti di difficoltà, dove passa l’idea che ‘io, se posso, me la cavo da solo’, io persona, io gruppo, io regione. Ma potrà una regione rappresentarsi da sé a livello europeo e sui mercati mondiali? Tanto più nei periodi difficili il senso del noi e della solidarietà potrà fare superare l’inasprirsi dei contenziosi sociali e politici.
Perché andare a votare? L’obiettivo è mantenere l’unità nazionale garantita dalla Costituzione ma la sfida finale di questo percorso sarà misurata dalla quantità e qualità del voto.
Intervista pubblicata su “Il Sicomoro”
17 Ottobre 2024 at 16:48
Si deve essere in molti a sostenere questa battaglia politica indicata da Rosy Bindi. Altrimenti il sistema Paese sarà in confusione proprio per gli interessi di scambio tra i partiti di Governo come indicato nell’intervista.