Cambio al vertice della Cisl, occasione di un rinnovamento atteso

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Al vertice della Cisl, Anna Maria Furlan ha ceduto il ruolo al suo vice, Luigi Sbarra. Furlan lascia in anticipo probabilmente per consentire che il nuovo Segretario possa presentarsi al Congresso, ormai vicino, nelle condizioni migliori per esporre il proprio programma, che riguarda il futuro dell’organizzazione.

Furlan ha bene operato, tenendo conto naturalmente delle condizioni in cui si è trovata a operare, condizioni indubbiamente non facili. Vi sono state difficoltà esterne, con la Cgil per alcuni anni collocata su posizioni tendenzialmente antagoniste e governi non favorevoli al confronto col sindacato.

E poi certamente hanno pesato le difficoltà interne, quelle che hanno portato alla sua elezione in sostituzione di Bonanni. L’episodio, legato a comportamenti scorretti di alcuni dirigenti, ha prodotto una “lacerazione” che la Furlan si è trovata ad affrontare e superare.

Il suo compito prioritario si è concentrato sul lavoro di ricucitura e sul recupero di una ristabilita compattezza del gruppo dirigente e dell’organizzazione. Così la Furlan è stata in grado di presentare al suo successore una Cisl unita e, dato il miglioramento dei rapporti unitari e col governo, nelle condizioni migliori per giocare tutto il suo peso e il suo orientamento nell’affrontare i problemi del paese.

Quale sarà il ruolo di Sbarra e quali linee di azione presenterà al prossimo Congresso?

Vorrei brevemente presentare un auspicio e mi sia consentito per questo un ardito paragone.

All’indomani del Concilio Vaticano II, Giovanni Paolo II si è trovato a guidare una chiesa che si presentava molto effervescente e anche piuttosto caotica nella ricerca di strade nuove da percorrere; il ruolo assunto dal Papa in quella occasione fu di ripristinare ordine e disciplina centralizzando le decisioni e sviluppando un diffuso e meticoloso controllo.

Si può ben dire che una posizione contraria abbia assunto l’attuale pontefice, Francesco I, che non si stanca di ripetere che i cristiani devono “uscire”, riprendere l’iniziativa, impegnarsi nel mondo. Non è certo cambiata la dottrina, sono cambiati i tempi, le esigenze, i problemi.

Torniamo alla Cisl, c’è stata una fase in cui si è posta un’esigenza di centralizzazione e di disciplina, che si è espressa con molta determinazione, anche esagerando nell’esprimere un’autorità sempre presente anche a livello locale.

Questa esigenza è oggi superata e si pone invece il compito alternativo: favorire il più possibile la libera espressione decentrata delle strutture e della base, di cui c’è bisogno per affrontare i molti problemi aperti.

La forza del sindacato sta nei milioni di lavoratori aderenti e nelle migliaia e migliaia di sindacalisti, di delegati, di strutture di base e locali che ogni giorno vivono a contatto diretto col lavoro. I problemi nuovi partono da lì e solo chi li vive può essere protagonista nell’affrontarli e nel risolverli.

Ci sono grandi scelte da fare per il sindacato: occorre proteggere milioni di lavoratori oggi poco tutelati cui devono essere garantiti salari e diritti minimi; occorre riaprire la grande partita dell’orario per ripartire meglio il lavoro e riequilibrare lavoro e vita; occorre avanzare con decisione il tema della partecipazione dei lavoratori sia a livello contrattuale che legislativo; occorre affrontare il tema delle tecnologie perché siano realizzate in forma democratica; occorre una decisa apertura alla mondializzazione sia sul piano sindacale che contrattuale.

Come assolvere questi ingenti compiti se non spronando l’intero sindacato a fare del suo meglio, nelle categorie e nei territori, per portare avanti tante battaglie di idee e contrattuali che nel loro insieme determineranno il cambiamento auspicato?

Sbarra ha davanti un compito non facile, ma chiaro, perché i problemi urgono e la gente li avverte: indicare un orizzonte comune e decentrarne il più possibile la realizzazione è oggi la condizione prima di un rinnovamento che può realmente cambiare le cose.

 

Sandro Antoniazzi

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  1. E’ prassi che ad ogni nuovo Segretario Generale della CISL gli si facciano le più vive congratulazioni e gli auguri di Buon Lavoro, e aggiungo, in sintonia con Sandro Antoniazzi, che gli auguri sono accompagnati dalla convinzione che la sua elezione sarà il segno del cambiamento atteso.
    Detto questo non per dovere ma per dedizione alla CISL, nel merito dell’elezione di Sbarra a Segretario Generale, riporto alcune considerazioni conseguenti ad una discussione con un mio amico, dirigente sindacale di importanti strutture (Categoria regionale, USR, FNP Regionale) oggi in pensione, sulla storia della CISL e dei cambiamenti intervenuti nella democrazia interna, della partecipazione degli iscritti alla vita dell’organizzazione e sulle modalità di selezione dei gruppi dirigenti.
    Ponevo a lui una domanda: “Una domanda: il Codice Etico, approvato dopo la vicenda Bonanni, ha prodotto qualche risultato e se sì quali?

    Questa la mia risposta: non credo che ci siano risultati apprezzabili perchè ciò che è venuto a mancare nella CISL è la coscienza morale che motiva l’essere sindacato, cioè come scrive Pezzotta, “promotore della giustizia, difensore della legge”, o meglio, “difesa della categoria e della collettività contro l’ingiustizia, impegno per costruire un mondo migliore di quello esistente”.

    A mio giudizio tutto questo è stato sostituito dall’informalità e dall’opportunismo.
    E’ ormai da diversi anni che nella CISL si assiste alla logica della omologazione al pensiero unico del gruppo dirigente nazionale, logica che a cascata investe i livelli sottostanti, fino al punto di far sorgere il dubbio che la legittimità a ricoprire ruoli di responsabilità nell’organizzazione non sia data dalla più o meno elevata capacità di interpretare e rappresentare i problemi dei lavoratori e del mondo del lavoro, quanto dalla appartenenza o meno ad una sorta di confraternita che sembra governare la CISL ai diversi livelli organizzativi, che ha fatto della fedeltà e dell’obbedienza il criterio principale dell’appartenenza al gruppo dirigente. Il resto lo fa l’informalità e l’opportunismo.”
    E’ doveroso discutere di principi e valori (democrazia, partecipazione, rappresentanza, ecc.) e di regole (Statuto e Regolamento), ma se non c’è un forte recupero delle ragioni fondative dell’essere sindacato, dell’essere CISL, tutto si riduce a semplice testimonianza senza alcun risultato pratico.
    Se questi sono temi che interessano gli iscritti alla CISL, ancor più devono interessare i gruppi dirigenti a diversi livelli, pena l’essere spazzati via dalla loro inutilità.

  2. Se non capisco male, Antoniazzi dice che come nella Chiesa c’è stato il papa accentratore (grande papa, santo subito, ma accentratore) e oggi c’è papa Francesco, così potrebbe essere nella Cisl: la Furlan ha avuto bisogno di imporre “centralizzazione e disciplina”, oggi questa esigenza è superata e Sbarra dovrebbe “favorire il più possibile la libera espressione decentrata delle strutture e della base”.
    Siccome ognuno di noi parla per quel che sa (io per esempio non so quanto il gesuita Bergoglio sia meno esigente di altri quanto alla disciplina; ma direi che, visti i precedenti, fa anche bene ad essere severo e controllare da Roma), mi permetto di ricordare, per esperienza personale, che il primo atto di “centralizzazione e disciplina” imposto nella gestione Furlan è stato il commissariamento della Fai dopo il voto del congresso di quella federazione che aveva respinto l’accorpamento con la Filca. Non un atto di semplice centralizzazione – fin lì c’era arrivato Bonanni – ma una negazione scandalosa del principio democratico che vuole il congresso sovrano nelle proprie decisioni (sotto inserisco il link dove leggere la delibera di commissariamento, a dimostrazione dell’esattezza di quello che dico).
    Come commissario alla Fai arrivò Sbarra, che impose centralizzazione e disciplina (e poi non fece l’accorpamento, che a lui non serviva più). Un po’ come nel film Mission arriva il rappresentante del papa a chiudere le reducciones dei gesuiti nel Paraguay, ma senza l’ombra dei dubbi che colgono il legato pontificio (anzi, con il fervore del “volenteroso collaboratore”).
    Pensare che Sbarra ora possa riaprire le reducciones mi sembra, più che una prova di ottimismo della volontà, una sfida alle leggi della logica ed a ciò che ha detto la storia.

    http://www.il9marzo.it/wp-content/uploads/2015/04/DeliberaCommtoFAI.pdf

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