Se andiamo al di là delle solite affermazioni dell’irrilevanza attuale dei cattolici in politica, possiamo cercare serenamente di individuare le cause di una situazione che, per quanto spiacevole, ha una concreta motivazione storica.
In parole molto semplici, non è finita solo l’epoca costantiniana (cioè una chiesa con poteri politici e una visione sacrale delle strutture politiche), ma è finita anche l’epoca del movimento sociale e politico cattolico.
Il movimento cattolico è ufficialmente nato con Leone XIII e la sua enciclica “Rerum Novarum” che autorizzava i cattolici a dar vita a organizzazioni sociali prima e politiche dopo, per contrastare le temute forze avverse, i liberali al potere e soprattutto i socialisti che stavano conquistando ampie masse, anche sottraendole alla chiesa.
Così Leone XIII, con dispiacere, si è rassegnato a non essere il Padre di tutti, ma il capo di una parte, cioè i cattolici rimasti fedeli.
Se abbiamo presente l’esempio evangelico del lievito, potremmo dire che di fronte a due paste molto bellicose nei confronti del cristianesimo, la chiesa ha deciso di costituire una pasta cristiana per opporvisi; non lievito, come dice il vangelo, ma una pasta in antagonismo con altre.
Questa scelta che storicamente ha dato i suoi frutti (pensiamo anche solo ai quaranta anni di governo della DC) presenta un vantaggio evidente di identificazione: così la chiesa per un lungo tempo ha potuto “raccomandare” di votare il partito “cattolico”.
Era tutto molto semplice e chiaro e forse per questo circola tanta nostalgia del passato.
Ma oggi questa storia è finita: non ci sono più masse cui opporsi, i cattolici come tutti scelgono liberamente il partito che preferiscono, il nemico oggi non è più fuori di noi ma è dentro di noi e attorno a noi (è il peso esorbitante del fattore economico, la globalizzazione, l’individualismo e la mancanza di coesione sociale, è la potenza dei social e dei mass media, è un ambiente umano secolarizzato, ecc.).
Così il cristianesimo è ricondotto alla sua funzione propria, evangelica, quello di essere lievito.
Questa svolta dà priorità al fattore spirituale, inevitabilmente, perché nei momenti di crisi si fa sempre ricorso ai fondamenti.
Ciò significa che i cattolici non hanno più compiti politici? Non è così, perché la politica è un dovere per ogni cristiano e perché è un modo per esercitare la nostra carità verso il mondo e per mettere le nostre capacità al servizio del bene comune.
Però la fine del movimento sociale e politico cattolico ci dice una cosa chiara: non ci sono più ragioni, né storiche né fattuali, per costituire un partito cattolico.
Certamente si possono costituire dei partitini, ma a cosa servono?
Sostenere che ora la prospettiva è quella del lievito significa prendere atto di una situazione nuova e del tutto diversa; la difficoltà attuale deriva dal fatto che abbiamo ancora in mente la soluzione di ieri e non abbiamo chiara la direzione da intraprendere.
Essere cristiani in una società secolarizzata e presenti in partiti laici è ora la nostra collocazione normale, però dobbiamo mettere a fuoco che cosa comporta e come starci.
Sia la situazione del mondo cattolico, sia la situazione politica inducono a ritenere che si ponga sostanzialmente l’esigenza di un lavoro ricostruttivo e che questo lavoro non possa che partire dal basso, per il distacco abissale che si è stabilito tra i vertici politici e gli intellettuali da un lato e la base dall’altro.
Cattolici singoli sono presenti indubbiamente in tutti i Consigli Comunali, ognuno con le proprie idee: anche quando ce ne sono due nello stesso partito in genere hanno posizioni diverse.
Però i cattolici sono tuttora molti, ci sono tante belle esperienze di comunità locali, ci sono sempre forze nuove giovanili che vengono dagli ambienti cattolici.
Per questo il compito dei cattolici oggi dovrebbe, partendo dal basso, consistere soprattutto in un’azione locale, dedita in particolare alla formazione di quadri e allo sviluppo di una cultura di rinnovamento.
La politica a livello generale va in larga misura ricostituita; a questo lavoro i cattolici si possono dedicare svolgendo così la funzione più utile che si possa esprimere attualmente.
Domani si presenteranno nuovi leader e si esprimeranno nuove idee che consentiranno di fare di più: oggi pensiamo a ciò che si può fare concretamente con le forze esistenti, svolgendo un servizio all’intera comunità.
17 Giugno 2024 at 17:47
Credo che non si tratti di attendere tempi migliori per l’impegno dei cattolici in politica, ritengo che la doverosa presenza dei cattolici nell’ambito della vita pubblica si debba esprimere in una duplice forma: l’impegno dei singoli nei partiti politici e nelle strutture pubbliche – il seme che fermenta la pasta – e la voce nella opinione pubblica che evidenzia, critica, propone, dialoga con positività e vivacità. Per supportare il primo impegno occorre che la Chiesa ravvivi l’interesse alla politica, come servizio alla comunità, e aiuti a coltivarlo ed a farlo crescere; alla creazione della voce presente, sempre puntuale ed attuale, nell’opinione pubblica debbono provvedere le associazioni di laici cristiani con i mezzi di comunicazione che la tecnologia pone a disposizione.