gi.fo
“Cattolici democratici nell’attuale stagione politica ed ecclesiale”. Su questo tema alcune associazioni e gruppi del cattolicesimo democratico (“Argomenti 2000”, Associazione culturale “Il Borgo” di Parma, Centro culturale “Francesco Luigi Ferrari” di Modena, Centro studi politici, economici, sociali “Sen. Antonio Rizzatti” di Gorizia, “Città dell’uomo”, Cristiano Sociali, Rosa Bianca) hanno organizzato un convegno a Roma, alla Domus pacis, sabato 26 maggio.
Il convegno ha avuto due momenti distinti: al mattino, dopo una introduzione di Luciano Caimi (“Città dell’uomo”), si è discusso di “cattolici in politica, fra unità e pluralismo”, con una relazione di taglio storico, affidata al prof. Francesco Traniello, dell’Università di Torino, e una di taglio teologico, affidata al vescovo di Mazara del Vallo, mons. Domenico Mogavero; nel pomeriggio Ernesto Preziosi (“Argomenti 2000”) ha moderato un confronto tra alcuni cattolici impegnati in politica (Rosy Bindi, Dario Franceschini, Giuseppe Fioroni e Bruno Tabacci) sul tema “cattolici democratici alla prova della politica: convergenze e distinzioni”,. Il convegno è stato concluso da Guido Formigoni.
Luciano Caimi ha introdotto la giornata richiamando alcuni dei tratti che caratterizzano il profilo dei cattolici democratici e ha rilevato come negli ultimi tempi la presenza cattolico-democratica abbia patito “un aggravio di difficoltà” dovuta alla scelta dei vertici ecclesiastici, dopo la fine della Dc, di gestire in proprio il rapporto con la politica. Una scelta che comportato “improvvidi apparentamenti”, di cui solo oggi si è capito il danno, e che però lasciano ora spazio a iniziative di altri cattolici che sembrano porsi come i nuovi “salvatori della patria”. Caimi ha spiegato che con il convegno della Domus pacis non si vuole lanciare un messaggio particolare, ma soltanto “testimoniare una presenza”. Si vuole semplicemente dire “ci siamo anche noi”, un’area di cattolici democratici i quali, pur non essendo un monolite, sono portatori di un comune patrimonio di valori e di esperienze, certamente sempre da aggiornare, e ritengono di avere molto da dire e da dare nell’oggi della vita sociale e politica del paese.
Il prof. Traniello ha ricostruito gli assi portanti della parabola storica del cattolicesimo italiano in politica fino a individuare i due fattori che hanno messo in crisi il punto di equilibrio raggiunto con la Dc come partito dell’unità di tutti i cattolici ma con una ampia pluralità interna, cioè il Vaticano II, che ha legittimato il pluralismo politico dei cattolici, e il processo di secolarizzazione, che ha eroso le ragioni che avevano tenuto insieme i cattolici. La relazione di Traniello si è conclusa con il richiamo a Scoppola, al suo testo La democrazia dei cristiani, e alla sua riflessione sul ruolo dei cristiani come “riserva etica della democrazia”, osservando, però, che la secolarizzazione ha messo in questione la stessa nozione di democrazia.
Mons. Mogavero, nella relazione, ha riferito come negli ultimi venti anni ci sia stato un continuo interrogarsi sul ruolo della Chiesa e sulle scelte dei cattolici in politica e ci si è tormentati sul dilemma se era meglio far nascere un nuovo partito dei cattolici oppure lasciare che i cattolici fecondassero diversi partiti. “Oggi – ha detto mons. Mogavero – c’è nostalgia nel mondo ecclesiastico per la rinascita di un partito cattolico. Ma io sono contario”. Mons. Mogavero ha detto di ritenere che la libertà che la chiesa italiana ha recuperato con la fine della Dc sia un bene molto grande, a cui non rinunciare. In un successivo intervento, il vescovo ha ammesso che in questi 50 anni “ci siamo molto allontanati dall’ecclesiologia del Vaticano II”; si è tornati a una chiesa gerarchica, non più popolo di Dio, che si è calata nel discorso politico “senza distacco critico”, supplendo all’afasia del laicato, un’afasia che però essa stessa ha contribuito a determinare. “Oggi – ha detto ancora Mogavero – c’è un nuovo collateralismo che provoca una situazione di privilegio per la Chiesa”, che non è cosa buona.
Tra gli interventi del mattino da segnalare quelli di Franco Monaco e di Niccolò Lipari. Franco Monaco ha evocato “l’ultimo Scoppola”, quello della prefazione alla seconda edizione del volume citato da Traniello, il quale aveva avanzato la preoccupazione che, in assenza di una presenza politica organizzata dei cattolici nel centro-sinistra, la maggior parte dell’elettorato cattolico sarebbe rifluito a destra. Una seconda riflessione Monaco l’ha dedicata alla richiesta che oggi viene dalla Chiesa italiana ai cattolici perché si impegnino alla ricostruzipne morale e civile del paese: un appello, ha osservato, che la Chiesa non dovrebbe avanzare senza fare prima una seria autocritica sulle scelte che essa ha operato sul piano politico e culturale negli ultimi venti anni. Niccolò Lipari ha messo in guardia sull’esigenza pressante di ricostruire le categorie stesse con le quali leggere il presente storico, perché si è venuta frantumando la realtà sulla quale si è costruita anche la cultura dei cattolici democratici. Ha citato la fine della sovranità statuale sul piano dell’economia e del diritto. Ha citato il dissolversi del concetto di comunità.
Il dibattito pomeridiano ha visto Franceschini, Bindi, Fioroni e Tabacci rispondere a due quesiti posti da Ernesto Preziosi: come ciascuno ha vissuto questi anni difficili e che futuro immaginano per l’impegno come cattolici in politica.
Dario Franceschini ha detto che nella temperie di questi anni il cattolicesimo demovratico ha dimostrato di essere uno dei piloni portanti del riformismo italiano. La scelta è stata quella di rinunciare ad essere una nicchia nella quale potersi sentire più facilmente a casa, e di essere invece “sale della terra”. Franceschini ritiene che le idee del cattolicesimo democratico siano ancora tutte attuali, anche se debbono essere oggi rialimentate sul piano culturale. Per il futuro vede due compiti: far risaltare in modo più nitido le diversità della sinistra rispetto alla destra (“con la globalizzazione tutto è cambiato; abbiamo un mare aperto per individuare le nostre diversità”) e, d’altra parte, ricostruire alcuni valori condivisi dalla sinistra e dalla destra.
Bruno Tabacci, l’unico dei quattro politici presenti che non è del Pd, ha detto di aver personalmente molto sofferto negli anni dalla fine della Dcad oggi e ha però osservato che i cattolici democratici avrebbero ora tutto gli elementi per affrontare la difficile fase storica attuale, in quanto sono più in grado di cogliere la profondità della crisi e la necessità dei sacrifici da accettare. Per Tabacci oggi stiamo attraversando un periodo paragonabile ad una guerra, di cui sono già visibili le rovine. E la maggiore difficoltà di oggi è governare la crisi in presenza di una scarsa consapevolezza da parte dei cittadini della durezza della situazione e dell’inevitabilità dei sacrifici da sopportare e delle responsabilità da assumere.
Per Giuseppe Fioroni la sfida è quella di ricostruire un bagaglio ideale riformista. Un compito simile a quello di Moro 50 anni fa quando si alleò con Nenni. Fioroni mette in guardia dal rischio di “fare i ciellini dell’altra parte”, cioè di arroccarsi in una posizione rigida (del tipo dell’alleanza Pd-Vendola-Di Pietro). La strada che egli indica passa per l’alleanza con il centro, con l’elettorato moderato.
Rosy Bindi ha parlato del disagio che ha vissuto negli ultimi due decenni. Un disagio che non le è venuto dall’impegno politico che l’ha portata nel Pd, ma bensì dall’atteggiamento della Chiesa. “Non ho subito il Pd – ha detto -; anzi, ho contribuito a costruirlo”. Lo sbocco nel Pd è stato uno sn esito naturale, dopo la fine della Dc. E nel Pd la Bindi non si è sentita affatto irrilevante. Pensa di aver aiutato la componente ex Pci a cambiare idea su molte questioni (ad esempio l’Europa, o il primato della persona umana). Invece sul piano ecclesiale la sofferenza c’è stata. Rosy Bindi è d’accordo con Franco Monaco nel dire che la Chiesa non dovrebbe venire ad insegnare niente, oggi, ai cattolici democratici dopo che ha subito il berlusconismo per vent’anni. Lamenta che, finito berlusconi, la Chiesa ora si chieda dove stanno i cattolici che si impegnano nella storia: “E noi dove eravamo? Ci hanno sempre ignorato!”. Lamenta che la Chiesa faccia sempre i conti ai cattolici democratici per vedere se sono ancora un po’ marxisti, ma i conti alla destra non li fanno mai. La Bindi afferma di aver sofferto, ad esempio, per il silenzio della Chiesa sugli attacchi alla Costituzione, alla cui elaborazione tanti cattolici hanno lavorato con pasisone e competenza. Per il futuro Rosy Bindi afferma di essere preoccupata del fatto che si stia entrando, in Italia, in una fase che si potrebbe dire “postdemocratica”. La sfida, dunque, è ricostituire un tessuto democratico. E in questo i cattolici democratici hanno un ruolo importante anche perché sono diffusi in tutto il paese. Concorda con Franceschini sull’opportunità di stendere un “manifesto” dei cattolici democratici per provare a dire come si potrebbe ricostruire il paese sulla base dei valori cattolico democratici. Una annotazione la fa anche sull’iniziativa dei cattolici di Todi: “Il peccato originale di Todi – osserva – sta nel tentativo di costruire un nuovo recinto in cui formulare una proposta politica”. Viceversa, secondo la Bindi “non è tempo di riproporre nuove sicurezze”. Il manifesto di Todi 2 “è il frutto buono di una stagione cattiva”.
Nel concludere la giornata di convegno Guido Formigoni ha indicato alcuni flash. Quattro sintetici messaggi. Messaggio ecclesiale: dire di fronte alla Chiesa che c’è qualcuno che in tutto questo tempo, e ancora oggi, ha fatto e fa politica con impegno e con coerenza. Questo la Chiesa lo dovrebbe riconoscere. Non ci sono solo quelli di Todi. Messaggio culturale: i cattolici democratici, da un lato, sentono l’orgoglio di dire che hanno un contributo da portare al paese, ma, dall’altro, hanno la preoccupazione di sapere che ci vogliono nuove categorie per leggere la realtà. Messaggio politico: i cattolici democratici non vogliono essere la corrente cattolica del centro-sinistra; hanno invece l’obiettivo di tenere aperto il dialogo per arrivare a costruire un progetto politico coerente. E vogliono rilegittimare la politica. Messaggio organizzativo: l’esigenza che oggi sentono i cattolici democratici è di individuare dei luoghi di transito, di verifica, di scambio, e per questo si è dato vita di recente a una “rete di coordinamento” di gruppi e singoli, che tra le prime cose sta dando vita ad un portale.