Il 2016 ha visto la comunità di c3dem impegnarsi in un serrato confronto sull’opportunità o meno di approvare la legge di riforma della nostra Costituzione. Il voto popolare ha dato ragione a chi vedeva nella riforma un tentativo maldestro di aggiornamento, consegnando agli “archivi dei sospiri” il cambiamento che, per i favorevoli, avrebbe finalmente concluso la transizione del nostro Paese. Cosa rimane alla fine del dibattito? Quali orizzonti comuni provare ad immaginare, dopo mesi di confronto anche aspro e ruvido? Il mio contributo è nei termini di una proposta di studio comunitario sul tema della democrazia deliberativa e dei nuovi processi partecipativi. Una premessa terminologica: “deliberare” qui vuol dire “soppesare, bilanciare, argomentare” e non “decidere”. Si potrebbe anche parlare di “democrazia agorale”, valorizzando così il retaggio “pericleo e dialogico” delle nostre istituzioni. Sono facilmente consultabili gli importanti lavori di Giovanni e Umberto Allegretti, di Luigi Bobbio, di Antonio Floridia, di Rodolfo Lewanski, di Iolanda Romano, di Marianella Sclavi, di associazioni come AIP2 che da tempo riflettono sulle opportunità di investire nei processi democratici deliberativi anche in Italia.
Da un anno, collaborando con il prof. Fausto Marincioni dell’Università Politecnica delle Marche di Ancona, sto studiando l’articolo 22 del nuovo codice degli appalti (decreto legislativo n. 50 del 18 aprile 2016 – vedi in Appendice), che ha introdotto anche in Italia il Dèbat public, cioè il confronto civico che in Francia si svolge dal 1995, prima della costruzione di “ grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull’ambiente, sulle città e sull’assetto del territorio”; l’iter si concluderà con l’emanazione di un DPCM entro il 19 aprile del prossimo anno. Sul sito di c3dem, il 22 novembre Sandro Campanini ha inserito questa novità tra le priorità dell’impegno comune in vista del Forum di etica civile di aprile 2017. Inoltre, recentemente, nella sua rubrica giuridica su Avvenire, il 17 novembre anche Renato Balduzzi ha informato che i costituzionalisti riuniti a Trento hanno indicato la democrazia deliberativa come una delle possibili soluzioni alla crisi di sistema del nostro assetto democratico, caratterizzato da una forte sfiducia civica verso i partiti ed i sindacati e dal rischio di tramutarsi in oclocrazia (v. intervento del 5.12 di Fausto Del Pero sul sito di Argomenti2000).
La democrazia rappresentativa punta al consenso (mobilitazione dei partiti per la vittoria elettorale), la democrazia diretta all’assenso (sappiamo che la chiarezza del SI/NO non va sempre di pari passo con le mille sfumature proprie della policy sottoposta a referendum), quella deliberativa al …senso. Come direbbe Marianella Sclavi, la democrazia deliberativa promuove con processi misurabili l’arte di ascoltarsi tra diversi, invitando ad esplorare i reciproci “mondi di riferimento.” La democrazia deliberativa non sostituisce quella rappresentativa: la rafforza. Predilige la dimensione per così dire “agorale” a quella “agonale” della vita pubblica, anche se sa incanalare il conflitto dentro un proficuo confronto pubblico.
Essa si sostanzia di tante pratiche democratiche che si iniziano a diffondere anche in Italia: bilanci partecipati, giurie dei cittadini, progettazioni partecipate in architettura ed urbanistica ed appunto il dibattito pubblico. La legge regionale Toscana sulla promozione della partecipazione è stata un catalizzatore di importanti processi partecipativi in Toscana, non da ultimo il primo dibattito pubblico su due nuove opere presso il porto di Livorno (v. www.dibattitoinporto.it) ed andrebbe conosciuta e fatta conoscere anche al nostro interno.
Joseph-Lèon Cardjin ha formato generazioni di donne ed uomini votati al bene comune tramite la dinamica del Vedere-Giudicare-Agire. Noto una certa consonanza con la triade propria dei democratici deliberativi: Progettare (un processo partecipativo), Sperimentare (il processo che abbiamo progettato), Valutare (cioè misurare l’efficacia civica del processo, una volta concluso. Qui si apre il campo intrigante della valutazione delle politiche pubbliche).
Ovviamente, la posizione di chi progetta una grande opera (centrale elettrica, rete ferroviaria, porti, passanti autostradali, inceneritori, depositi di scorie radioattive) è diversa da quella di chi rappresenta gli stakeholders (associazioni ambientaliste, comitati di quartieri, sindacati, associazioni, etc), da quella di chi rappresentata le istituzioni del luogo destinato alla nuova opera ed anche da quella degli esperti sia pubblici che privati (Arpa, Università, urbanisti, ingegneri, geografi, ecologi, architetti, giuristi, etc). Il progettista ha interesse a ridurre i conflitti sociali sulla nuova opera, sperando che il dibattito pubblico riduca i tempi delle autorizzazioni pubbliche. Gli stakeholders puntano solitamente a comprendere le ricadute positive in termini di occupazione oppure ad evidenziare i possibili rischi per la salute e l’ambiente, ma possono anche partecipare per esprimere le ragioni che militano contro la nuova opera (v. le mobilitazioni di comitati quali No Tav, No Triv, No Dal Molin, Scanziamo le scorie). Le istituzioni pubbliche (Ministeri, Regioni, Comuni) mirano a dare legittimazione sociale ad un’opera che – benché legittima – rischia di naufragare contro le proteste sociali. Infine, gli esperti hanno interesse a che le loro discipline scientifiche guidino il processo verso una razionalità metodologica che, in Italia, forse è più un auspicio che un dato comunemente assodato e condiviso.
Personalmente, credo che il dibattito pubblico sia un po’ tutto questo, cioè inglobi le aspettative di ciascuno protagonista, ma la sua vera vocazione è innalzare il livello di consapevolezza di una comunità civica nei confronti di una novità infrastrutturale; il dibattito pubblico aiuta la comunità ad interrogarsi sulla opportunità di questa opera ed al contempo la aiuta a riflettere su quale sia la propria storia, che tipo di legame si ha con il proprio territorio, quali vincoli affettivi, paesaggistici, ambientali fanno di quel territorio un bene comune speciale, al punto che il proponente potrebbe arrivare a ritirare la sua proposta oppure a modificarla considerevolmente, dinanzi a motivazioni solide, chiare, condivise da una larga maggioranza di partecipanti al dibattito pubblico. Mi sembra interessante iniziare a studiare insieme come entreranno in dialogo la discussione sulla qualità di un’infrastruttura (genus operis) con la unicità del territorio in cui dovrebbe essere costruita (genius Loci), riprendendo il recente magistero di Papa Francesco contenuto in Laudato Si.
Luigi Bobbio in un recente contributo sul tema della partecipazione (Sentieri Urbani, novembre 2016) ragionava sullo stato della riflessione pubblica introdotta oramai da decenni da J. Habermas. A fronte di chi come L. Pellizzoni segnala una perdita di smalto della proposta habermasiana nel panorama della discussione sui fenomeni istituzionali e politici, Bobbio considera come più splendente che mai la sua stella. Per i cattolici democratici, seguire e promuovere i processi deliberativi può voler dire tornare alle radici: al fare ricerca sociale proprio di un Toniolo, al valorizzare la democrazia di prossimità come faceva Sturzo, al ragionare sistemicamente come esortava Moro. A far risplendere le loro stelle, accanto a quella di Habermas. Come direbbe Nino Labate, si tratta di tornare alla dedizione educativa corale, a formare alla cittadinanza responsabile, diffusa e solidale.
A conclusione di un recente incontro con Ernesto Preziosi, svoltosi a Senigallia, è emersa la proposta di organizzare un evento pubblico sui temi della democrazia deliberativa entro il 2017. Magari in vista della prossima Settimana sociale dei cattolici. Potremmo prepararci all’appuntamento leggendo i lavori delle teoriche e dei teorici dei processi deliberativi, raccogliendo le storie di buone pratiche che conosciamo o di cui siamo stati protagoniste e protagonisti, da appassionati cattolici democratici…e deliberativi. E’ questo l’augurio per l’anno prossimo.
Giandiego Càrastro
Argomenti2000 di Monte San Vito (Ancona)
Appendice
Art. 22, commi 2,3,4 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 recante “Trasparenza nella partecipazione di portatori di interessi e dibattito pubblico”
1. Le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori pubblicano, nel proprio profilo del committente, i progetti di fattibilità relativi alle grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull’ambiente, sulle citta’ e sull’assetto del territorio, nonche’ gli esiti della consultazione pubblica, comprensivi dei resoconti degli incontri e dei dibattiti con i portatori di interesse. I contributi e i resoconti sono pubblicati, con pari evidenza, unitamente ai documenti predisposti dall’amministrazione e relativi agli stessi lavori.
- Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente codice (entro il 19 aprile 2017, N.d.R.), su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro per i beni e le attivita’ culturali, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, in relazione ai nuovi interventi avviati dopo la data di entrata in vigore del presente codice, sono fissati i criteri per l’individuazione delle opere di cui al comma 1, distinte per tipologia e soglie dimensionali, per le quali e’ obbligatorio il ricorso alla procedura di dibattito pubblico, e sono altresi’ definiti le modalita’ di svolgimento e il termine di conclusione della medesima procedura.
- L’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore proponente l’opera soggetta a dibattito pubblico indice e cura lo svolgimento della procedura esclusivamente sulla base delle modalita’ individuate dal decreto di cui al comma 2.
- Gli esiti del dibattito pubblico e le osservazioni raccolte sono valutate in sede di predisposizione del progetto definitivo e sono discusse in sede di conferenza di servizi relativa all’opera sottoposta al dibattito pubblico.
23 Dicembre 2016 at 11:06
Caro Giandiego, molto interessante e puntuale il tuo contributo e grazie della citazione: sono temi che a mio parere meritano di essere sviluppati e ripresi. Se Argomenti 2000 intende organizzare un’iniziativa, sarebbe bello che potesse in qualche modo coinvolgere anche la retec3dem (sto parlando a titolo personale ). Se, come spero, sarai o sarete presenti all’assemblea del 21 gennaio a Bologna, si potrebbe già iniziare a parlarne. Un caro saluto e buon Natale!
23 Dicembre 2016 at 14:58
Ciao Sandro, grazie a te. Il prof. A.Floridia mi ha chiesto di portare i suoi auguri a tutta C3Dem e gli piacerebbe organizzare qualcosa specificamente dedicato al dialogo con la cultura cattolica democratica. Egli mi ha ricordato che anche il prof. Stefano Zamagni è un fautore dei processi deliberativi. Floridia ha in cantiere un nuovo libro per il Mulino (febbraio 2017).
Sì, anche a me piacerebbe essere tutti coinvolti su questo tema. Ho inoltrato ad Ernesto il tuo messaggio. Credo che a Bologna ci sarà lui. Condividerò qui la sua riposta.
Una domanda: hai per caso fatto il MSAC a Parma?