Un bel libro di Giorgio Vecchio, frutto di lunghe ricerche negli archivi di mezza Europa, racconta la presenza di tanti cattolici, laici, preti e religiosi, nei movimenti di Resistenza che hanno punteggiato il continente europeo nella lotta al nazismo e al fascismo. L’articolo è comparso sulla newsletter dell’associazione Il Borgo di Parma
“Il soffio dello Spirito. Cattolici nelle Resistenze europee” (ed.Viella) è il titolo dell’ultima ricerca del prof. Giorgio Vecchio, storico e a lungo docente nella nostra Università. Si tratta di un libro molto importante almeno per due motivi: consente di gettare lo sguardo su parecchi Paesi europei e sulle loro “Resistenze” cogliendone similitudini e differenze; fa emergere storie e persone poco, o per nulla, conosciute, a volte anche da chi fa ricerca storica per professione. Non mancano nel testo i riferimenti a personaggi noti ma su questi vi è già ampia bibliografia, anche a cura dello stesso Vecchio, e ad essa si rimanda.
La presentazione del testo, avvenuta nei giorni scorsi, è stata coordinata da Fabio Caneri dell’Associazione La Rosa Bianca e promossa anche dall’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani. Una bella idea, per celebrare il 25 aprile.
Tre le questioni poste all’autore dal prof. Fulvio de Giorgi, docente di Storia dell’Educazione all’Università di Modena e Reggio Emilia: il significato del “martirio” di alcune figure di resistenti che sono state beatificate dalla chiesa cattolica; le “crepe“ nell’allora rigida struttura piramidale della Chiesa che la Resistenza indusse; il contributo degli intellettuali cattolici alla Resistenza
Come sappiamo una persona diventa martire quando è uccisa “in odio alla fede”. Ora questo aspetto c’è senz’altro nelle morti di alcune persone resistenti ma in realtà il motivo principale per cui, per esempio, i nazisti uccisero Teresio Olivelli è che lui costituiva uno snodo importante nella distribuzione di armi alla Resistenza. E suor Restituta Kafka, per fare un altro esempio, forse l’unica suora europea ad essere ghigliottinata, fu soprattutto incolpata di avere diffuso un canto che invitava i soldati austriaci alla diserzione.
Questi episodi fanno anche capire, ha detto il prof. Vecchio, che il confine tra Resistenza armata e Resistenza nonviolenta, per i cattolici, era labile. Lo dimostra anche il fatto che nei conventi e nelle canoniche si nascondevano ebrei e altri perseguitati ma spesso si nascondevano anche armi. D’altra parte, la gioventù cattolica della prima metà del Novecento non aveva problemi a imbracciare le armi: si chiedeva più che altro se fosse legittima l’autorità che le chiedeva di imbracciarle. Certo, le partigiane e i partigiani cristiani ritenevano che le armi andassero gestite responsabilmente, quindi evitando la rappresaglia, la tortura, calcolando attentamente gli effetti delle azioni armate.
Al netto delle amicizie e della collaborazione tra resistenti cattolici e comunisti, qui emerge una differenza tra i due approcci. La Resistenza contribuì anche a modificare il clima ecclesiale, se non altro perché preti e laici condividevano gli ideali, le paure e le incertezze della lotta come le sofferenze e la degradazione della deportazione e della prigionia. Venne meno la “sacralità” e la separazione tra clero e laicato. Nei campi di concentramento, un caso emblematico è Dachau, si incontrarono inoltre persone, e in particolare ministri del culto, di diverse confessioni cristiane: paradossalmente esse vissero un’occasione di dialogo interconfessionale. E la collaborazione con persone ebree contribuirà al radicale mutamento di atteggiamento della Chiesa Cattolica verso il popolo di Israele, formalizzato dal Concilio Vaticano II.
Un ultimo punto molto interessante affrontato dai due relatori ha riguardato il ruolo degli intellettuali nella Resistenza cattolica e il peso che il loro pensiero ha avuto sia nella costruzione della chiesa del Concilio ma soprattutto nella realizzazione delle democrazie europee e dell’Unione Europea. Non è un caso, ha affermato l’on. Patrizia Toia, parlamentare europea, altra ospite della serata, se tre cattolici (Adenauer, Schuman e De Gasperi) sono stati i primi promotori di quell’Unione.
L’ultimo intervento è stato di Maria Pia Garavaglia, presidente dell’Associazione Nazionale Partigiani cristiani che ha sottolineato l’importanza che si approfondisca e si diffonda la conoscenza dei fatti che sono stati alla radice della nostra Costituzione e del sogno europeo. Una domanda sorge spontanea: si può dire che oggi nella Chiesa Cattolica ci sia un adeguato sforzo, anche sul piano intellettuale, per consolidare le conquiste della Resistenza, perseguire con convinzione la costruzione degli Stati Uniti d’Europa, immaginare mezzi alternativi alla guerra e alle armi per difendersi dalle aggressioni e soprattutto per prevenirle?
Carla Mantelli