L’ultima newsletter del sito www.scuolapraxis.it, animato dal Amedeo Piva, già presidente della Focsiv e assessore alle politiche sociali del Comune di Roma negli anni 1994-2000, oggi nel Pd della regione Lazio, mette in rilievo l’amarezza di una giovane militante e pone due domande nette, a cui Amedeo chiede aiuto per rispondere. Le sentiamo anche nostre, quelle domande, e le rivolgiamo anche a noi, a chi milita nel Pd e anche a chi non vi milita, però ripone grande speranza nella sinistra riformista.
Non serve troppa immaginazione per capire lo stato d’animo di tanti concittadini nei confronti della politica. Tra le tante lettere giunte a commento delle primarie per il segretario del PD Lazio, vi riporto solo uno stralcio dalla lettera di una giovane e combattiva consigliera comunale e due domande di un anonimo amico.
La consigliera: “Ieri qui c’é stato un direttivo brutto, molto brutto.
Il PD muore, muore perché ha paura di dibattere, muore perché le persone non sono migliori del centro destra, muore perché chi dissente viene additato come nemico ed anche invitato a dimettersi. Muore perché vuole controllare mettendo nel partito familiari che garantiscano il silenzio sull’operato delle amministrazioni…
Muore perché non fa quello che dice e perché questo iato si fa canyon.
Muore perché non riconosce le diverse posizioni ma afferma le correnti che sono posizioni di potere.
Amedeo tu continui a dire: “allora che fare?” Beh, penso che la battaglia interna non sia neanche più meritata, che non meritino il mio tempo e la mia attenzione, il mio dolore.”
Le domande:
1. Non sarebbe (più) forte il messaggio di chi dicesse chiaramente: non porto acqua a questo mulino, vedetevela voi, se non capite come deve cambiare il partito non capirete come deve cambiare il Paese e io scuoto contro di voi la polvere dai miei calzari? Non scuoterebbe (di più) l’esplicito abbandono della linea?
2. Non sarebbe (più) forte il messaggio di chi (avendone le energie, la passione e la conoscenza) dicesse: l’acqua la porto al mulino delle cose che possono far cambiare il paese dal basso, dalla società confusa depressa e bisognosa di aiuto e di capacità di auto-comprensione, non a chi è spinto solo dall’ansia di autoconservarsi, come se nulla fosse accaduto?
Potrei facilmente rispondere ribadendo la necessità di impegnarsi a cambiare le cose dall’interno. Io ne sono convinto; ma suonerebbe come una moralistica esortazione e limitarsi a constatare che ‘questo passa il convento’ è davvero troppo “moscia” come motivazione …
Poiché non mi sento un profeta per tutte le stagioni chiedo a tutti di darmi una mano a ragionare. Chi mi aiuta a rispondere? Amedeo Piva
6 Marzo 2012 at 10:41
Anzitutto occorre mettersi sulla porta per impedire o meglio frenare i cattolici che, qualificandoli “delusi”, se ne vanno: argineremmo in tal modo il depauperamento di consistenza del partito. Poi, e qui mi fermo, spingerei la struttura in cui opero, fosse anche il semplice comitato direttivo di sezione, ad approfondire i problemi conclamati arricchendo in tal modo di contenuti le finalità per cui agire, andando quindi oltre gli slogan (tanto cari nel passato!)