Chiese chiuse

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di Aldo Gasparini

(Tomaso Montanari – Chiese chiuse, Giulio Einaudi editore, Torino 2021, € 12,00)

Un libretto minuscolo, ma “incendiario” come il suo autore (Firenze 1971), storico dell’arte e saggista, Rettore dell’Università per Stranieri di Siena, interessato alla politica da uomo di sinistra, considerabile “l’anti Sgarbi”, col quale ha avuto frequenti dure polemiche. Montanari dice di aver scritto “Chiese chiuse” da storico dell’arte, ma non come libro scientifico, bensì “per fatto personale”, per “il dolore viscerale che provo di fronte alla rovina, materiale e morale, di una parte crescente di questo patrimonio…per quello che sono: un cittadino della repubblica, ma anche un cristiano cattolico, credente e praticante.”

Scopo del libro è quello, più che dare suggerimenti concreti, di impostare un dibattito a livello di mentalità, idee e sentimenti per “salvare le chiese storiche, mantenendole intatte, aperte al pubblico e al servizio del pieno sviluppo della persona umana”, avendo come riferimenti la Costituzione e il Vangelo. Le circa 85000 chiese storiche italiane rappresentano –per Montanari- la maggior parte del “patrimonio storico e artistico della Nazione”, bene pubblico per l’art.9 della Costituzione; patrimonio negato con la loro privatizzazione, alienazione, abbandono e degrado o chiusura, o non riconoscendo il loro valore culturale. Il libro, per l’autore, non vuole essere un atto d’accusa contro i custodi -religiosi e civili- molti dei quali si impegnano con abnegazione per la loro conservazione, ma contro una mentalità che sembra “condannare a morte tutto ciò che non rende”.

Il primo capitolo “L’Italia sacra che crolla”, inizia con una dichiarazione d’amore per le chiese “Luoghi di silenzio: pause nella vita di ogni giorno capaci di suggerire un diverso senso del tempo, un altro ritmo esistenziale. Un riposo dell’anima e del corpo”. Segue una serie impressionante di esempi di chiese chiuse, a partire da Napoli dove M. andò per insegnare all’Università nel 2008, centinaia di chiese chiuse o ridotte a macerie; l’elenco prosegue in Campania, a Roma, nelle Marche, con testimonianze anche sui mancati interventi su molte chiese dopo il terremoto; anche nell’Emilia-Romagna dopo il terremoto, Montanari polemizza con lo Stato che intende ricostruire “dove era ma non come era”, “attualizzando” con l’intervento dell’architettura moderna; gli esempi proseguono con la Badia di Moscheta, San Francesco a Pisa, le chiese chiuse di Venezia, ecc. Le colpe di questo degrado sono, per M., essenzialmente politiche, dei tagli operati sul patrimonio culturale e la sua manutenzione, del consumo culturale incentrato su mostre, sulla valorizzazione selvaggia. Migliaia di chiese inaccessibili, saccheggiate, pericolanti o trasformate in attrazioni turistiche a pagamento, un patrimonio del quale non si sa cosa fare: “L’Italia sacra materiale…si va inesorabilmente sgretolando. In un terribile silenzio”. Nel successivo capitolo “L’industria del sacrilegio”, Montanari prende atto del fiorente mercato delle reliquie (proibito tra l’altro dal Codice di diritto canonico): cita dal sito e-bay (2020) ben 1703 reliquie, compreso alcuni falsi grossolani, provenienti anche dal saccheggio delle chiese; reliquie e rispettivi reliquari, e molti altri oggetti facenti parte del loro corredo, come carte-gloria, turiboli, pissidi, calici, croci astili, libri sacri, paramenti, statue e dipinti, persino i rivestimenti marmorei. Un fiume di oggetti che deriva dal “dissanguamento” delle chiese, in parte dovuto alla chiusura delle stesse, che “quando si chiudono ai cittadini, si aprono ai ladri”. Il problema dei furti nelle chiese ha dimensioni enormi, che sembra interessare solo quando viene rubata l’opera di un autore famoso (e costoso), mentre per tutto il resto prevale l’indifferenza, la mancata percezione che scompare un bene di tutti. Il capitolo ”Mercanti nel tempio” evidenzia il consistente, quasi incredibile mercato immobiliare di chiese in vendita per farne abitazioni di lusso (con risultati quasi sempre grotteschi, piscine sotto campanili romanici, mobili-bar sugli altari, ecc.); accanto alle residenze private, ci sono infinite chiese di complessi monumentali convertiti in resort di lusso: viene ricordato l’esempio nella laguna di Venezia dell’isola di S.Clemente -divenuta albergo-, nella cui  chiesa risalente al XII secolo, si possono celebrare “matrimoni simbolici”. Pare esista una moda per questi “eventi”, e un apposito sito fornisce 3 “location” di importanti chiese storiche sconsacrate per matrimoni: San Galgano-Siena, San Zeno a Pistoia, Santi Tommaso e Prospero a Certaldo. Montanari cita le città di Pavia e Lucca, nelle quali il 60% delle chiese del centro storico è stato chiuso e alienato, anche per la crescente secolarizzazione; quanto alla sua città, Firenze, dove la curia ha messo a reddito S.Stefano al ponte, con sfilate di moda e altro, è definita “il laboratorio della prostituzione” delle vecchie chiese, mentre Napoli è l’epicentro del loro disfacimento. Un ulteriore cenno alla copertura delle chiese con cartelloni pubblicitari, come a Venezia (e anche a Milano), con un mercato che “toglie perfino la libertà dello sguardo”. Siamo così arrivati al capitolo “Simonia” (riferimento ad Atti 8, 18-21), alla vendita per denaro del sacro; i numerosi esempi sono un po’ datati (l’autore scrive nel dicembre 2020): la richiesta del Ministro dei beni culturali Franceschini di mettere un biglietto per il Pantheon, con la replica che nella Diocesi di Roma non è consentito mettere biglietti a pagamento per accesso a chiese (come da nota CEE del 2012), uso diffuso in buona parte d’Italia; altri esempi clamorosi il Duomo di Milano, le chiese fiorentine di Santa Croce e Santa Maria Novella, chiese consacrate che “non sono più chiese… ma non diventano musei”. Per M. “Da un punto di vista cristiano si può parlare di simonia perché ad essere venduto è l’accesso ad un complesso in cui è conservato il Santissimo Sacramento, e questa piccola simonia…fa cadere…il rapporto sentimentale, la relazione intima…fra i cittadini e le loro chiese”. Ne “Il diavolo sul pinnacolo del tempio” (Matteo 4, 1-8) l’autore polemizza fortemente con gli esponenti politici della destra italiana che utilizzano simboli cristiani, come il rosario, e sostengono il presepe nelle scuole, il crocifisso nelle aule, per difendere “la nostra identità cristiana”; Montanari sostiene la laicità dello stato e, rifacendosi a don Milani, come cristiano chiede il rispetto per quei simboli, ridotti ad arredo natalizio o culturale. Questa premessa per evidenziare il rischio che la estrema destra (nel caso in questione, la Certosa di Trisulti, da parte dell’estrema destra americana) acquisisca chiese chiuse per il loro valore simbolico ed identitario: il rischio che “Mammona, il dio del denaro, (possa) arrampicarsi sulle nostre chiese chiuse”. Il capitolo “Culto contro storia” affronta un tema più legato alla storia dell’arte e controverso (sul quale tutti noi, in questi anni dopo il Concilio, abbiamo assistito a interventi su chiese, non sempre condivisi): l’adeguamento delle antiche chiese e cattedrali alla riforma liturgica del Concilio Vaticano II. Montanari, studioso e amante dell’arte barocca, è in genere decisamente contrario alla distruzione delle “superfetazioni” rinascimentali, barocche e neoclassiche per recuperare la veste medievale, e giudica molto severamente (“i risultati sono stati, a tratti, terribili”) le modifiche avvenute per adeguarsi alla riforma liturgica, ad esempio nel Duomo di Milano, di Vigevano, di Susa, di Padova, di Pisa, del Vaticano. L’autore ricorda la voce, di cinque secoli fa, del cardinale Baronio (strenuo oppositore alla distruzione del vecchio S.Pietro) che, dopo aver restaurato la paleocristiana basilica di S.Nereo ed Achilleo, supplicava i suoi successori di non demolire, togliere, cambiare nulla e “conservare religiosamente questa antichità…”.

Nel settimo capitolo “Di chi sono le chiese?” si passa dall’analisi della situazione alla domanda: chi dovrebbe impedire il loro disfacimento, saccheggio, messa in vendita, trasformazione in bigliettifici, consegna all’estrema destra, scempio in nome della liturgia? Chi dovrebbe tenerle aperte a tutti? I proprietari delle 85.000 chiese considerate beni culturali, sono moltissimi, dalla Santa sede ed enti religiosi allo Stato, regioni ed enti vari, fino ai privati, ma su tutte -a chiunque appartengano- si estende la tutela del patrimonio culturale della Repubblica (Costituzione, art.9 comma 2), fino a prevedere -art.32 e 34 del Codice dei beni culturali- la possibilità di imporre al proprietario interventi necessari per la loro conservazione, o provvedervi direttamente. Montanari si focalizza sulle chiese chiuse -non più considerabili chiese, perché, secondo il diritto canonico, la chiesa è un edificio nel quale i fedeli abbiano l diritto di entrare-, ma che comunque rimangono chiese fino ad un decreto del vescovo che le riduca “ad uso profano non indecoroso”. In conclusione, per una chiesa monumentale quello che conta non è la proprietà, ma la possibilità di assolvere alla sua funzione, la libertà di culto -per quelle consacrate- e quello alla cultura, due diritti costituzionalmente protetti: per questo è inaccettabile la loro chiusura.

Nei due capitoli conclusivi, “Le chiese e la Costituzione e “Le chiese e il Vangelo”, si passa alle proposte: punto di partenza per M. è la capacità, nata nel Rinascimento, di distinguere fra il significato originario di una cosa antica (ad esempio una statua di divinità pagana) e il suo valore estetico, in senso più ampio culturale. Così, le antiche chiese sono luoghi dello spirito e contemporaneamente monumenti civici, storici e politici, parte del “patrimonio storico e artistico della nazione” che lo Stato (art.9 Costituzione) deve tutelare e tenere aperti, aperti a tutti senza discriminazioni e gratuitamente, trovando i relativi fondi. Le antiche chiese sono capaci, nella loro lunga storia, di insegnarci la storia dell’arte e “chi siamo, perché siamo diventati così”. Viene anche proposto di traferire le ca.2000 chiese del Fondo edifici per il culto, dal Ministero degli interni a quello dei Beni culturali, dando loro un indirizzo culturale: in primo luogo, nella consapevolezza che non sono contenitori vuoti da riempire, tenendole aperte gratuitamente, ma senza snaturarne la dimensione “spirituale” (art.4 Cost.), quel progresso spirituale che le chiese sono in grado di svolgere.

Il capitolo su chiese e Vangelo, parte dall’episodio nel quale i discepoli fanno osservare al Maestro la bellezza del tempio di Gerusalemme, ricevendo come dura risposta la predizione della sua distruzione; risposta comprensibile con il riferimento a sé (“Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”), con la precedente cacciata dei mercanti dal tempio e l’esaltazione della povera vedova che dona tutto quanto ha: in conclusione, “la bellezza non riguarda le pietre, ma le persone”. Questo spirito profetico è necessario alla Chiesa che, pur occupandosi delle sue oltre 60.000 chiese, rischia di farlo soggiacendo “all’economia che uccide” (Papa Francesco): vengono citati altri richiami al Vangelo, da parte del papa, come nella Laudato sii, nella quale ricorda che “accanto al patrimonio naturale vi è un patrimonio storico, artistico e culturale, ugualmente minacciato”. Nella “Fratelli tutti”, Francesco afferma che il patrimonio culturale è al servizio della persona umana, in particolare deli ultimi, i migranti; per il papa, i Musei Vaticani devono essere strumento di dialogo fra le culture, le religioni, uno strumento di pace, aperto ai poveri, che sono al centro del Vangelo (e fa visitare la Sistina ai senza tetto, e mettere docce sotto al colonnato del Bernini). Sempre papa Francesco sostiene che, in qualche modo, Dio continua ad abitare nelle chiese dismesse: rimangono una preghiera…un vivo corpo collettivo, al servizio del “maggior bene dell’essere umano e dei poveri”. E, per Montanari, se le chiese tornano ad essere vive per i vivi, tornano ad essere luogo di annuncio del Vangelo e del primato dell’essere umano; quanto alla necessità di finanziamenti, propone di utilizzare l’8per mille e anche di spostare gli insegnanti di religione, mantenendo il finanziamento dello stato, alle chiese da tenere aperte; molti altri esempi vengono dall’estero, da biblioteche a centri di ascolto e per migranti, perché “le pietre scartate -gli ultimi…- diventino pietre angolari”. Facendo “capire che esiste un legame tra le generazioni, tra il passato, il presente e il tempo senza fine”.

Nella Conclusione, l’autore ricorda che le antiche chiese italiane interpellano Stato e Chiesa, i cittadini di tutto il mondo, e che dobbiamo chiederci cosa possono ancora fare per noi. Il progetto della Costituzione e del Vangelo indicano una strada comune, la centralità della persona umana, in senso concreto di ogni essere umano a partire dai più poveri ed esclusi. “Esse chiedono il cambiamento radicale dei nostri pensieri…Con il loro silenzio secolare, offrono una pausa al nostro caos. Con la loro gratuità, contestano la nostra fede nel mercato. Con la loro apertura a tutti, contraddicono la nostra paura della diversità…mettono in crisi il nostro egoismo…sventano la privatizzazione di ogni momento…interrogano la nostra inquieta assenza…smascherano la dittatura del presente…Con la loro povertà, con il loro abbandono, testimoniano contro la religione del successo…(possono) farci tornare a camminare a passo duomo”. Sta a noi decidere se farle morire o andare schiave, o farle vivere, interpellandoci con la loro muta risposta di amore.

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