Cinque obiettivi per un impegno comune

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Dopo il convegno di c3dem su Costituzione ed economia

 

Il Convegno su “Costituzione e economia” sembra aver avuto un buon esito e aver soddisfatto in discreta misura le nostre attese.

Naturalmente ogni giudizio dipende dal punto di osservazione: per chi ha cuore la Costituzione, certamente il Convegno ha fornito molti elementi di conferma e di valorizzazione del pensiero costituzionale: notevoli sono stati a riguardo gli apporti che hanno messo in luce i legami tra Costituzione e i concreti problemi economici e sociali della realtà attuale.

Altrettanto è apparso buono il livello culturale generale, mentre alcune relazioni – penso in particolare a quelle di Guerra, Mazzetti e Franzini – hanno saputo anche unire all’analisi economica una solida visione e proposta politica.

A mio modo di vedere se qualcosa è mancato è un ulteriore sforzo per delineare un quadro di riferimento e un pacchetto di proposte, validi per affrontare la situazione attuale. E’ un’opinione che attiene a una convinzione più generale, e cioè alla opportunità di spostarci da un piano prevalentemente culturale ad un’elaborazione più propriamente di contenuto politico. Così, ad esempio, ritengo che la relazione della Granaglia, molto bella peraltro, abbia dedicato troppo spazio al tema dei redditi dei più ricchi e ben poco a quello dei poveri e delle categorie più disagiate, questione che a me sembra politicamente prioritaria.

Nel prossimo documento conclusivo che ci siamo proposti di esprimere, possiamo andare anche al di là di quanto espresso dal Convegno, ritenendolo utile alla nostra riflessione, ma senza limitarci a un’opera di pura registrazione.

In rapidissima sintesi un documento che voglia essere propositivo in tema di lavoro, dovrebbe/potrebbe contenere i seguenti punti:

  • Riaffermare l’esigenza di investimenti pubblici e privati, ma richiamando che non si può pensare a una ripresa con alti tassi di sviluppo e che l’eventuale crescita (contenuta) non sarà sufficiente a garantire l’occupazione.
  • Pertanto, siccome aumenta la povertà, occorre fare della lotta alla povertà la priorità assoluta per non consentire che esistano persone prive delle condizioni fondamentali di esistenza (e questo in linea coi ripetuti richiami di papa Francesco).
  • Sostenere l’introduzione del salario minimo a sostegno di chi non ha contratti (il Job Act contiene un primo pallido tentativo, che si tratta di rafforzare e proseguire).
  • Proporre con decisione la riduzione dell’orario di lavoro, non per legge e in modo uniforme, ma con una costante e articolata azione in tante situazioni che la consentono.
  • Si può poi pensare di agire in varie forme sui redditi ricchi, molti dei quali come è stato giustamente dimostrato non hanno alcuna giustificazione valida, se non quella del potere.

Non mancano certo altri problemi, ma penso che un’ossatura essenziale e chiara – che risponda nel contempo a esigenze sociali e a esigenze di giustizia – renda meglio l’impostazione che pensiamo di poter proporre (e almeno in una certa misura riteniamo adeguata) per fronteggiare la situazione.

 

Sandro Antoniazzi

 

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