“Nuove forme di democrazia rappresentativa”: è il titolo di un bell’articolo del padre Francesco Occhetta, gesuita della Civiltà Cattolica nonché consulente ecclesiastico dell’Unione dei giornalisti cattolici. Tema, autore e testata sono significativi e confermano che le “forme” della democrazia attraversano una innegabile evoluzione. Certo, al momento majora premunt e tutti siamo seriamente preoccupati per i pericoli di una vera crisi della democrazia; e siamo aggrediti dall’ansia ogni volta che apriamo un quotidiano o accendiamo la televisione. Forse per questo fa piacere, ed è utile, alzare un poco lo sguardo e, come padre Occhetta, considerare problemi generali, in un orizzonte più vasto e “oggettivo”. Il suo saggio su Civiltà cattolica, infatti considera i problemi della democrazia su scala planetaria (dove si vedono sia segni di preoccupazione crescente sia segni di speranza); e specialmente Occhetta considera il problemi della democrazia in rapporto all’informazione. È questo un punto fondamentale e delicato, tutto in divenire. I vari strumenti di comunicazione, i mutamenti nella cultura dell’informazione e soprattutto la diffusione pervasiva della Rete (dei suoi strumenti, linguaggi, protagonisti e della sua “etica”) crea problemi nuovi, ma forse anche nuove speranze. Insomma: un articolo (pubblicato sulla Civiltà Cattolica, quaderno 3903 del 2 febbraio) da leggere e sul quale riflettere.
Ai temi della democrazia dedica il numero di marzo anche ItaliaCaritas, in breve IC, la vivace rivista della Caritas italiana. Ma stavolta è la democrazia in Egitto (un paese “derubato, non povero”), in Somalia (dove la carestia è finita, ma senza pace non c’è futuro) e in Cile (che si sta rimettendo in piedi dopo il terremoto). Tanti gli articoli interessanti e perfino sorprendenti, come quello di Patrizia Caiffa che spiega come oggi siano gli asiatici a immigrare in Europa, ma come “anche gli occidentali in futuro, italiani compresi, andranno in Asia, soprattutto verso Cina ed India, per cercare nuove opportunità lavorative”.
“Speciale Concilio Vaticano II” a cinquant’anni dall’apertura dell’avvenimento religioso più importante degli ultimi secoli. L’istituto internazionale Jacques Maritain dedica all’avvenimento tutto il fascicolo 22/23 della sua rivista Notes et documents, ospitando anche contributi di grande interesse ed attualità. Ed è impressionante leggere, già nella prima pagina, un brano di Benedetto XVI (del 22 dicembre 2005) in cui si chiede: “Perché la recezione del Concilio, in grandi parti della Chiesa, finora si è svolta in modo così difficile? I problemi della recezione sono nati dal fatto che due ermeneutiche contrarie si sono trovate a confronto e hanno litigati tra loro. L’una ha causato confusione, l’altra, silenziosamente ma sempre più visibilmente, ha portato e porta frutti. Da una parte esiste un’interpretazione che vorrei chiamare “ermeneutica della discontinuità e della rottura”; essa non di rado ha potuto avvalersi della simpatia dei mass media e anche di una parte della teologia moderna. Dall’altra parte c’è l’ermeneutica della riforma, del rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto–Chiesa che il Signore ci ha donato. L’ermeneutica della discontinuità rischia di finire in una rottura tra Chiesa preconciliare e Chiesa postconciliare”. Il fascicolo di Notes et documents ospita anche, tra l’altro studi e testimonianze di Georges Cottier, Philippe Chenaux, Marcello Semeraro, José O. Beozzo (su monsignor Camara) e altri.
(abert)