Commenti al Concistoro nella stampa italiana

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Numerosi i commenti sulla stampa al Concistoro del 18 febbraio. Riportiamo stralci di alcuni di questi commenti.

Marco Politi, su Il Fatto Quotidiano, parla di un’immagine di chiesa “talmente occidentale da risultare imbarazzante”, di “un’involuzione generale che sembra caratterizzare l’attuale pontificato” e di una “promessa tradita”: quella di papa Ratzinger di non governare in un modo monarchico. Per Alberto Melloni, che scrive sul Corriere, “chi guarda le cose dall’America centrale, dal Nord Europa, o dall’Africa vede un disastro incomprensibile”, disastro che è “ la dimostrazione che la tiepidezza in cui è stato fatto bollire il Vaticano II ne ha depotenziato la spinta riformatrice”. Per Massimo Franco, ancora sul Corriere, il caos seminato in queste ultime settimane in Vaticano ha “lo scopo di far ritenere che difficilmente uno dei cardinali italiani potrà unificare la Chiesa”. Luigi Accattoli, invece, sempre sul Corriere, spiega perché “Papa Benedetto deve al consiglio di Bertone alcune buone mosse del governo”.

 Marco Politi in “il Fatto Quotidiano” del 19 febbraio 2012

Curiale, italiana, bianca. L’immagine di Chiesa riflessa dai ventidue nuovi cardinali, cui Benedetto XVI ha imposto ieri la berretta rossa nel corso di una cerimonia solenne in San Pietro, è talmente occidentale da risultare imbarazzante. (…) Sette anni dopo il suo avvento al trono papale Benedetto XVI costruisce dunque un collegio cardinalizio decisamente in controtendenza rispetto all’universalismo della Chiesa cattolica. Quando si tratterà di scegliere il successore, gli uomini di Curia e gli italiani costituiranno la forza determinante. Curiali ed ex curiali saranno nel futuro conclave ben quarantaquattro. È il segno di una involuzione generale, che sembra caratterizzare l’attuale pontificato. Il fatto non ha provocato solo stupore e sgomento tra chi teme una fossilizzazione dell’istituzione ecclesiale, ma persino in quel cattolicesimo popolare moderato che ammira la spiritualità di Ratzinger. (…) . I cardinali giunti a Roma da tutto il mondo per una riunione straordinaria sulla “nuova evangelizzazione”, che si è svolta venerdì, sanno che la presenza internazionale della Santa Sede ha drammaticamente perso di peso. Al punto che alcune ambasciate di paesi non cattolici (senza alcuna intenzione polemica) riflettono sull’utilità di conservare una residenza presso il Vaticano. I cardinali sanno che il dialogo ecumenico e interreligioso ristagna e che l’attenzione dei media internazionali per il Papa e il Vaticano è crollata. Si parla di “nuova evangelizzazione”, ma non si affrontano problemi strutturali come la crescita sistematica delle parrocchie prive di preti. Sottotraccia si sta verificando anche un salasso dell’impegno delle donne cattoliche negli ordini religiosi. Tra il 2004 e il 2009 vi è stato un calo di ben quarantamila unità nelle congregazioni religiose femminili. Tutto questo non viene affrontato. Prima della sua elezione Joseph Ratzinger aveva delineato una Chiesa non governata “in modo monarchico”. La promessa è stata tradita.

Alberto Melloni in “Corriere della Sera” del 19 febbraio 2012

(…) In Italia si può anche sottovalutare l’effetto del clima che si è creato dentro la cattolicità. Ma chi guarda le cose dall’America centrale, dal Nord Europa, o dall’Africa vede un disastro incomprensibile. Gli ultraconservatori e gli anticonciliari ne ricavano l’impressione che nemmeno il Papa che ritenevano più favorevole alla tanto attesa restaurazione riesca a metter ordine in questo guazzabuglio; per quelli meno conservatori e per gli anziani cardinali conciliari la dimostrazione che la tiepidezza in cui è stato fatto bollire il Vaticano II ne ha depotenziato la spinta riformatrice. In molti degli uni e degli altri, però, non può che confermarsi l’idea che la scelta del Papa «straniero» — fatta nel Conclave inatteso del 1978 e ribadita in quello ventoso del 2005 — è stata pura provvidenza, che ha sfilato dalle mani degli italiani cose che loro sanno solo rovinare. E perfino i non pochi cardinali italiani per bene non possono non porsi il problema. (…). Oggi incombe un nuovo compito (…) restituire autorevolezza spirituale alla Chiesa italiana, al suo episcopato, ai suoi porporati. O l’Italia esce dalla «libido denigrandi» dei tanti siti valorizzati come fossero succursali del magistero, o torna ad avere figure grandi come quelle che ne hanno segnato la storia ecclesiastica — da Borromeo a Lambertini, da Ferrari a Lercaro, da Dalla Costa a Pellegrino, per tacer dei vivi e dei papi — o è condannata a una marginalità che non può che diventare fragilità della Chiesa universale.

Non si può pensare di fare la festa mondiale della famiglia, l’anno della fede, la giornate della gioventù e accontentarsi di una Chiesa di separati in casa, aggrappati al potere, incuranti della rugosità della Sposa resa bella dallo sguardo dello Sposo. Chiudendo la discussione fra i cardinali il Papa ha detto che il motto dell’anno della fede può essere quello di «vivere la verità nella carità»: una inversione clamorosa rispetto al titolo di una sua enciclica e un ritorno al dettato semplice del Nuovo Testamento. Più che uno slogan, è una rotta.

 

Massimo Franco in “Corriere della Sera” del 19 febbraio 2012

(…) non si fermano le voci sul futuro di Bertone: a conferma che il segretario di Stato è diventato il simbolo e il parafulmine di quanto non funziona nei sacri palazzi. È anche possibile, come insistono a dire i suoi avversari, che sia indotto a fare un passo indietro prima della fine del 2012.

Rimane da capire se le sue eventuali dimissioni basterebbero a fermare la macchina del fango in azione dentro il Vaticano. All’ombra degli intrighi curiali, c’è chi lavora per il prossimo Conclave anche in questi giorni di Concistoro. E forse ha già raggiunto lo scopo di far ritenere che difficilmente uno dei cardinali italiani potrà unificare la Chiesa. Il comportamento di alcuni di loro allunga ingiustamente un’ombra su tutti. La conseguenza potrebbe essere quella di alimentare negli altri episcopati un sentimento «anti italiano», riflesso di quello «antiromano», tanto comprensibile quanto gravido di incognite.

Luigi Accattoli in “Corriere della Sera” del 19 febbraio 2012

(…) Papa Benedetto deve al consiglio di Bertone alcune buone mosse del governo curiale e gli ha confermato la fiducia personale che è all’origine della nomina a segretario di Stato (2006) e risale agli anni della collaborazione nella Congregazione per la dottrina della fede. I «corvi» hanno perso la guerra ma hanno vinto una battaglia, essendo riusciti a dare rilievo pubblico a una delle debolezze di Bertone come «moderator Curiae» (arbitro della Curia): egli non viene dalla scuola diplomatica e ha minore pratica — rispetto ai predecessori — del governo degli uffici della segreteria di Stato. È da essi che sono fuggiti quasi tutti i testi riservati che sono arrivati ai media dal 25 gennaio all’altro ieri.

Quei testi avevano principalmente un contenuto economico e finanziario: la riforma di questo settore delle attività vaticane, che mira a introdurre criteri di correttezza e trasparenza, ha molti nemici — legati per interesse materiale e di carriera ai vecchi metodi — ed è una delle imprese per le quali il Papa teologo confida di più nell’aiuto del segretario di Stato al quale l’ha pienamente delegata. Un’altra delega decisiva riguarda l’applicazione delle nuove norme sui «delitti» di pedofilia compiuti da esponenti del clero e da responsabili — anche laici — di attività ecclesiali. Tra le buone mosse del governo curiale di Bertone c’è la nomina nel 2009 di Ettore Gotti Tedeschi a presidente dell’Ior. Altri due laici di valore sono stati immessi nella macchina vaticana in questo quinquennio bertoniano: Antonio Paolucci che è direttore dei Musei dal 2007 e Gian Maria Vian che dallo stesso anno dirige l’Osservatore romano. Tra le chiamate in Curia di ecclesiastici dovute a Bertone la più significativa è quella del cardinale Gianfranco Ravasi che dal 2007 è presidente del consiglio per la Cultura.

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