Questo articolo è comparso il 6 maggio su “Appunti Alessandrini”, gruppo aderente alla rete c3dem
Ritorna la litania dell’irrilevanza del cattolicesimo democratico? Sembra voler riaprire la questione Valerio Giganti sul nr. 12 di Adista: “Il paradosso è evidente. È stato da poco eletto come Capo dello Stato un esponente di quel cattolicesimo democratico .. fondamentale nella .. elaborazione e stesura della nostra Carta costituzionale; eppure .. la Costituzione sta per essere modificata, anzi stravolta nei suoi principi fondamentali.
Di più: il cattolicesimo democratico e conciliare rivela drammaticamente in questa fase la propria crisi culturale, oltre che una presenza quasi irrilevante nel dibattito pubblico e in quello parlamentare”. “Coloro che per decenni hanno tradotto le istanze sociali del cattolicesimo, che hanno sostenuto la necessità di un mercato temperato dai valori della solidarietà e della giustizia sociale, che hanno “guardato a sinistra” per mediare le proprie istanze con quelli delle organizzazioni che rappresentavano il lavoro salariato, sembrano oggi ridotti alla semi-irrilevanza” schiacciati dal “Partito della Nazione” da un lato e, dall’altro, da una destra su posizioni ormai fortemente marcate in senso populista, antieuropeo e xenofobo.
Lamenta che, nella fase in cui il governo Renzi sta procedendo ad una riforma che “smantella contenuti e valori della Carta promulgata nel 1948”, il dibattito anche all’interno della stampa cattolica langua (eccetto pochissime eccezioni). Inoltre rileva che, se il dibattito stenta a decollare, una ragione è dovuta alla frammentazione di realtà associative che si richiamano al cattolicesimo democratico e conciliare, prive di un reale coordinamento.
Si innesta, a questo punto, il tentativo di mettere in piedi una corrente “catto-renziana” nel PD (poi definitasi “maggioranza PD”) che Franco Monaco (ulivista, ex AC) commenta sostenendo che, chi si candida a riprendere creativamente l’ispirazione cattolico democratica (a questo tenderebbero i catto-renziani) debba saper rappresentare le posizioni delle personalità che quella storia hanno costruito.
Lino Prenna, coordinatore di Agire politicamente, che a quella ispirazione fa riferimento, pur convinto del «potenziale di attualità del cattolicesimo democratico», pensa che questo oggi debba tenere conto degli scenari dell’attuale stagione politica e aggiornarne la declinazione per non restare chiuso in formule del passato. Ma poi rilancia: “Non mi sembra, dalle scarne notizie di cui dispongo, che la componente cosiddetta «catto-renziana» coltivi questa intenzione e sia riconducibile alla tradizione cattolico-democratica. Forse, piuttosto, al modello ottocentesco del cattolicesimo liberale”.
Fatta questa lunga introduzione, le domande a questo punto sono tre. 1 – Con il PD targato Renzi (ma anche con il formarsi di Area Popolare) il cattolicesimo democratico è, o dà l’impressione di essere, ancora latitante? 2 – Le istanze e le proposte del cattolicesimo democratico sono quelle che si stanno realizzando con le riforme? 3 – Serve all’Italia (e all’Europa) di oggi un visione e un disegno politico che si rifaccia al progetto storicamente definito cattolicesimo democratico?
Le risposte non possono che essere incomplete e incompetenti (sarebbe presunzione il contrario). Risposte sintetiche da parte di chi non conosce tutte le sfumature e i personaggi che oggi giocano la partita a livello nazionale; risposte date da una postazione locale, molto defilata, da chi trae le informazioni dai quotidiani e da quanto osserva nella vita cittadina di ogni giorno.
Parto dal fondo. Se la situazione odierna ci presenta una crisi finanziaria ed economica che fatica ad essere superata; se le condizioni di vita di molte famiglie sono peggiorate; se le questioni ambientali sono lontane dalla soluzione; se la corruzione e l’inefficienza burocratica continuano; se una visione di Federazione Europea e di politica di pace nella sicurezza internazionale fatica ad affermarsi (e ad essere patrimonio dei cittadini), ciò significa che le ricette usate finora (militari, finanziarie, ambientali, di politica industriale ed energetica, di cooperazione internazionale) sono state insufficienti se non addirittura sbagliate. Con ciò non nego i risultati anche positivi dei nostri Governi; ma le questioni di fondo, come nuove politiche energetiche e di sviluppo sostenibile rispettose dell’ambiente, politiche di sostegno alle famiglie e al loro ruolo educativo, politiche per una economia civile, interventi per una scuola delle autonomie, valorizzazione delle autonomie locali (compresi trasporti ferroviari che non penalizzino le tratte locali), investimenti nel settore del turismo e della cultura, welfare che tenga conto della solidarietà e consenta sostegno e sicurezza dignitosi, tutti contenuti del bagaglio cattolico democratico, mi sembra siano ancora affrontati con ricette neoliberiste e di capitalismo senza etica, come dopo l’immediata caduta del comunismo. Perciò di ricette “cattolico democratiche” (uso questo termine per comodità) c’è ancora bisogno anche nel XXI secolo.
Due. Le riforme, soprattutto quelle costituzionale ed elettorale, sembrano rispondere ancora una volta ai problemi contingenti più che al futuro. Le riforma elettorale dovrebbe essere pensata in astratto, in modo imparziale, e non secondo il risultato che potrebbe produrre con i partiti di oggi. Non sono un esperto di sistemi istituzionali e parlamentari, ma abolire (di fatto è così) le Province, togliere di mezzo una Camera (facendone una semplice rappresentanza delle Regioni) e tagliare Enti o numero di membri nei vari Consigli o Amministrazioni, mi sembra un’azione degna di Attila più che il frutto di un disegno istituzionale ragionato
Forse l’ho detto altre volte, ma tagliare solo per avere risparmi, avrebbe dovuto portare ad eliminare le Regioni più che le Province. Se si deve rivedere l’impianto istituzionale, lo si deve fare coinvolgendo i livelli interessati. Era l’occasione per accorpare Regioni e per pensare ad enti intermedi a cui potevano far capo anche la Sanità, le agenzie turistiche, le reti di servizi come acqua gas e trasporti. Inoltre, prevedendo un Parlamento eletto con sistema che darà al partito più votato (magari al ballottaggio) la maggioranza assoluta e con eletti che saranno in maggioranza i capilista scelti dai segretari di partito, il Premier diventerà un Capo quasi intoccabile; anziché un sistema parlamentare, diventeremmo un sistema semi Presidenziale, e il Capo dello Stato relegato ad un ruolo minore.
Terzo. A questo punto il cattolicesimo politico è ancora latitante? Difficile rispondere, in quanto i cattolici in politica sono su posizioni diversificate. Chi contrasta il disegno riformatore di Renzi perché lo ritiene accentratore e venato di leaderismo e di modernità liberale ne dà un giudizio negativo, ma è messo ai margini, ed è classificato fra coloro che desiderano vendicarsi per l’emarginazione o per motivi il solo gusto di ostacolarlo; perciò poco rilevante, anche perché confuso con i tanti oppositori di ogni colore.
Chi sostiene il rinnovamento renziano, fra questi anche molti provenienti da esperienze del cattolicesimo politico, più che essere rilevante in quanto esponente di posizioni culturali originali è parte di un processo che per ora sembra vincente e destinato a modificare realtà un tempo intoccabili (pensiamo, se andranno in porto, la giustizia, la Rai, la stessa scuola compreso il sostegno alle paritarie) come è avvenuto con le questioni del lavoro. Se Renzi avrà successo duraturo e riuscirà a modernizzare, anche coloro che nella sua maggioranza si dicono cattolico democratici potranno affermare di avere rilevanza e di aver aggiornato una tradizione anche nella nuova stagione politica.
Si tratta solo di capire se il rinnovamento e la modernizzazione saranno realizzati seguendo le parole d’ordine del momento, il pensiero dei “nuovisti” del XXI secolo (fossero anche appartenenti a idee laboriste o socialdemocratiche), oppure se i cambiamenti si baseranno e rafforzeranno solidarietà, giustizia sociale, fratellanza, società civile, autonomie e corpi intermedi, pluralismo; perché sono questi i termini di paragone per il cattolicesimo democratico. Perché sono questi i rimedi per l’Italia e per l’Europa; senza pluralismo, senza equità sociale, senza un sistema civile articolato (autonomie locali, economia civile, associazionismo) saremo moderni ma alla rincorsa dei nuovi miti che continueranno ad essere il vitello d’oro della schiavitù.
Carlo Baviera